Apparizioni e Percorsi rituali

La riflessione sul tema delle apparizioni getta una preziosa luce sull’incontro tra il lavoro di Xerra e la poesia di Pound “In a Station of the Metro”:

The apparition of these faces in the crowd;

petals on a wet, black bough

È pensando a questa poesia che il pittore piacentino, impegnato in questi anni in una intensa riflessione sul rapporto tra immagine e scrittura, realizza nel 1973 alcune tele
dedicate a Pound. Vi è qualcosa di sottilmente intenso che esula dalla coincidenza con il tema espresso dal poeta: la ricerca di un “pigmento primario” composto di parole o colore.
In questa poesia, in cui “si cerca di notare il preciso movimento in cui un oggetto esteriore e oggettivo si trasforma o saetta in una cosa interiore e soggettiva”, Pound si avvicina come in nessun’altra alla forma breve dell’haikai giapponese. Xerra interpreta il motivo della forma primaria, espresso da Pound in Vortex – ogni concetto, ogni emozione si presenta alla consapevolezza viva sotto qualche forma primaria, le immagini nella poesia, il colore nella pittura –, discostandosi dal verticismo di Lewis e Wadsworth, fusione di cubismo, futurismo e orfismo, e, consapevole degli esiti della poetica di Pound, si avvicina al poeta affascinato dall’ideogramma cinese come mezzo di poesia. La sua pittura, infatti, è luogo di congiunzione tra parola e immagine, “l’immagine è la parola al di là del linguaggio formulato”, in ideale continuità con gli artisti che hanno declinato la compresenza dei diversi linguaggi, da Twombly a Novelli. Nei dipinti dedicati a Pound, come nella serie delle apparizioni, Xerra è particolarmente vicino al lavoro di Twombly e alle scritture di Novelli, di cui vede all’inizio degli anni settanta nella galleria Santandrea33 un’importante serie di quadri. Se in Pound, che consigliava di non usare parole superflue, né aggettivi, di liberarsi dai ritmi temporali e spaziali, domina il motivo della metamorfosi34, quali artisti più indicati di Twombly e Novelli, le cui opere sono il risultato di una continua metamorfosi di parola e pittura, per riflettere su una pittura che procede da un segno fatto di grovigli e segmenti. E di questa pittura intesa come universo di linguaggi il colore bianco, nelle varianti di tono e spessore, è la materia ideale. In Twombly il gesto della scrittura e cancellatura trova nel bianco giallognolo quasi sporco dell’olio il suo supporto ideale, come un muro bianco leggermente sporco è il fondo della scrittura di Novelli. Xerra semplifica ulteriormente la pagina di Novelli, chiarificando l’addensato groviglio di segni, e la scrittura germinante di Twombly. Pittori ai quali, nell’ambito della poesia visiva, si ricollegano anche Carrega, che punta sui valori del segno e della scrittura, e Martino Oberto, che ricopre la sua scrittura con una patina i acrilico bianco, ma sono l’opera e il lavoro critico di Emilio Villa che pesano in modo particolare nel rinnovato interesse che Xerra dimostra per la ricerca di Novelli.
Alla serie delle Apparizioni si collega la Registrazione dell’apparizione della Madonna delle Rose, l’happening territoriale35 che il 26 ottobre 1973 Xerra realizza in collaborazione con Restany. È una cancellazione, una presenza, quella del sacro, che deriva dal suo non manifestarsi, nulla esiste che non sia evocato. L’happening di San Damiano è un’operazione concettuale di radice duchampiana, un intervento scenico e recitativo, scritto e gestuale, che rivela rapporti con il teatro di Varietà di Marinetti, pur tuttavia non è contraddistinto da un azioniamo dinamico. L’artista e critici sono astanti, nell’attesa di un’apparizione: la registrazione è attuata con gravità, un atteggiamento certamente recitato che simula la partecipazione all’evento miracoloso, tuttavia l’esperienza ha attimi imprevisti. Ci ha preso un senso di solidarietà rituale, ricorda Xerra, senza dubbio a nostra insaputa. Se le performance della seconda metà degli anni Sessanta e dei primi anni Settanta sono contrassegnate dal comportamento degli artisti o del pubblico, l’esperienza di San Damiano offre una sintesi della diade opera e comportamento,
tema della Biennale del 1972. Xerra supera, infatti, questa contrapposizione e attua un dialogo con sviluppi sorprendenti. La grande tela bianca sulla quale scrive “Niente”, firmando la registrazione del mancato evento, certificato anche dal critico francese e dagli altri convenuti, giacché schermo sul quale si imprime con forza il sigillo del labile rapporto tra visibile e invisibile, riconduce alle ricerche di Villa e si ricollega ai dipinti dedicati a Pound, ma è anche il quadro in cui si inscena il labile rapporto tra produzione artistiche e critica. Con l’ironia e la forza del gesto che appartiene a Canzoni, l’artista e il critico appongono la propria “firma” sull’opera e, latamente, contestano il valore dell’opera d’arte e la sua autentificazione come oggetto di scambio nel mercato dell’arte. La tela bianca, inoltre, serba memoria della storia, nelle sue trame si ricostruisce il passato prossimo della fine del quadro, della sempre rinnovata morte dell’opera d’arte, dal Quadrato bianco su bianco di Malevič ai tagli di Fontana agli Achrome di Manzoni. Il miracolo forma il tesoro iconografico della storia dell’arte occidentale, l’evento demistificato incarna la presenza della propria assenza. San Damiano, infine, se è caratterizzato dall’intermedialità, la documentazione fotografica e videografica che registra lo svolgimento dell’happening costituisce, ivero, materiale per futuri interventi, e, quindi, un ulteriore deragliamento dell’antitesi opera/comportamento. Negli interventi sulle fotografie di Prospero Cravedi, colorate all’anilina da Xerra, la verifica è trascritta con attenzione alla tradizione iconografica della rappresentazione del miracolo in pittura e nelle stampe devozionali.
Quelle di Xerra, come recentemente segnalava Quintavalle, “sono opere che proseguono nel tempo e che nel tempo si aggregano ad altre opere”36; anche l’happening di San Damiano si inscrive in un luogo temporale, intenzionalmente non definito. A Bologna, alla mostra Metafisica del quotidiano, Xerra presenta la bancarella della Madonna del Pero, con gli oggetti della devozione, simbolo di un rapporto col divino che mantiene valenze irrisolvibili. La mostra si fonda sul criterio dell’ambiguità, la ricerca di Solmi che ammette gli insegnamenti del lavoro di Foucault e Deleuze, si orienta verso l’accoglimento dell’esercizio dispersivo e dissociato delle differenze e dei margini, eludendo il gioco consolante dei riconoscimenti. A fine anni Settanta la crisi delle ideologie si accompagna al tramonto della dialettica e della semiotica come strumenti di comprensione dei fenomeni artistici. La società dei simulacri, evidenziata in fase teorica dal sociologo Baudrillard, al quale Solmi, più che non dica, si ricollega, fa emergere il rimosso e porta a galla i relitti di
una memoria mal stratificata. L’arte non è più trasgressione, né può dettare le tavole dell’ideologia, può soltanto dare immagine al dissenso, e la dimensione estetica trova legittimazione all’interno del cerchio della rappresentazione, nell’ambiguità rituale. Questo è il titolo della s
ezione curata da Solmi, dove Xerra espone la Verifica del miracolo, e tale concetto contrassegna da questo momento l’intera Opera dei Celebranti37. Nella mostra bolo
gnese gli interventi di Dellerba, Xerra, Montesano, Beuys testimoniano una ricerca segnata “dal culto del sacro minore e dei reditivi motivi iconografici”: il Sacro cuore di Beuys (1977), il San Nicola di Dellerba (1977), la Regina Angelorum (1976) di Gian Marco Montesano, rientrano in una ricerca affine pur con diversi esisti. Molti degli artisti che espongono alla Galleria d’Arte
Moderna, e tra questi lo stesso Xerra, faranno parte dell’Opera dei celebranti, i cui interventi sono contrassegnati da un’idea dell’arte, questa almeno l’intenzione del critico, come rito da celebrare attraverso iscrizioni, simboli grafici. Un rito che dobbiamo intendere nell’accezione di atto simbolico, consumato attraverso le immagin
i. Come si pone Xerra rispetto a questi assunti, e quali aspetti dell’esperienza gli sono affini? Di certo una idea della memoria letta come distribuzione nomade delle tracce di una storia che non è conforme a una concezione teologica, incontra l’uso del lacerto antico come frammento di un percorso della memoria. Xerra non crede che l’artista in veste di esorcista e sacerdote renda operativa attraverso il suo gesto l’indi
cazione fatalmente magica di un oggetto, come afferma suggestivamente Solmi. Nel Percorso rituale nei sassi di Matera, il gesto di Xerra che imprime sulle antiche pietre il Vive, è un altro modo di ripercorrere il territorio della memoria. Così l’Opera dei Celebranti per Xerra è occasione per ripensare a strutture memoriali, momenti archetipi, e il suo essere testimone di un rituale non è altro che la riabilitazione di una memoria rimossa, quella della cultura magica arcaica, mediante la verifica dei rituali, dei comportamenti individuali e di massa. Una conferma è il Dolmen, il Monumento ai Caduti della resistenza, archetipo di un sistema strutturale e monumento megalitico preistorico, simbolo della segnalazione come atto di memoria collettiva.