Esclusi dal teatro: Proiezione “De umbris idearum”

Xerra abbandona il riferimento al teatro della memoria come luogo del racconto, rinnova la struttura della narrazione e costruisce la composizione su frammenti rarefatti, tracce di favole, forme e figure51, parvenze figurali dislocate sulla trasparente superficie pittorica. Xerra rivolge il proprio interesse al ritaglio marginale, l’oggetto del desiderio è, ora, il frammento inteso come dettaglio. La composizione, in molte opere della metà del decennio, da In diagonale a Sostenute da una singola del 1986, è costruita sull’intersezione della diagonale, che funge da spartizione geometrica dello spazio, ma che è anche taglio semiotico, punto d’appoggio per trovare uno spazio.
Per Xerra, nel secondo lustro degli anni Ottanta, regolare la materia pittorica designa l’incontro con l’astrattismo milanese degli anni Trenta: la linea trasversale della diagonale è, innanzitutto, segno del sottile equilibrio di Licini, coma appare evidente nelle incisione del 1983, che rimembrano Fili astratti su fondo bianco (1931-34) e Il bilico (1934). Alla fine del decennio è una costruzione geometrica sapientemente costruita a regolare la superficie, di cui anche il frammento è una componente. L’interesse di Xerra si estende ora ad altri protagonisti dell’astrattismo milanese, avvicinandosi alla geometria astratta degli anni Trenta52. In alcune tele si ravvisa l’attenzione a Reggiani, pensiamo a Composizione n. 7 del 1935, per la perimetrazione delle diagonali Nelle proiezioni del 1989 Xerra lavora sulla storia, anzi sulle scritture dell’astrazione, dai moduli geometrici alla divisione armonica degli spazi; si può infatti sostenere che l’evidenza della composizione, la coerenza costruttiva della gabbia formale in funzione di spaziatura della superficie, esca
in realtà da un complesso lavoro sulla memoria e un esempio è Infine distaccate del 1990. Xerra inoltre racconta con le ombre il mito della nascita in negativo della rappresentazione artistica53, ricostruisce la storia attraverso le ombre proiettate dai frammenti, e sono ombre, talora, tratteggiate da scritture illeggibili, quasi che fosse la mano dell’artista che disegna a proiettare un’ombra sul foglio. Xerra inoltre, realizza un peculiare
trompe l’oeil, e si avvale delle cosiddette ombre congiunte: l’ombra infatti, è proiettata dal frammento che è appoggiato sulla superficie, come nei mosaici romani o nel cartellino del Salvator Mundi di Antonello da Messina54.
Nella serie delle proiezioni del 1991 la superficie pittorica è impostata su una griglia strutturata secondo un preciso ordine e una misura calibrata, al cui interno emergono talora momenti di scrittura futurista e cubista, o, più sovente, citazioni del Morandi del primo decennio del Novecento, quando il pittore bolognese
guarda a Cézanne. Xerra utilizza un’impaginazione rigorosa, ordinata secondo scansioni ortogonali e oblique, una composizione costruita sulla sezione aurea, sui campi di forza emergenti nelle ortogonali di Mondrian o in Arithmetische compositie di van Doesburg. Xerra nei riquadri che scompartiscono la tela restituisce una storia, quella della sintesi che
annulla la rappresentazione. È anche questo un lavoro sulla memoria, e una chiave di lettura la fornisce il titolo di un dipinto del 1991, Proiezione (De Umbris Idearum). Xerra sembra alludere, in questo caso, sia al libro sulla memoria di Giordano Bruno, il libro sulle ombre delle idee che contiene l’arte ermetica della memoria, sia all’opera magica Liber de umbris idearum, menzionata da Cecco D’Ascoli nel commento alla Sphera di Sacrobosco, alla quale lo stesso Bruno si ispira per la sua arte della memoria. “Le immagini astrali sono le ombre delle idee, ombre di realtà più prossime alla realtà delle ombre fisiche del mondo inferiore”55. Xerra, dunque, vuole rileggere tutti i segni, dalle scritture dell’astrazione, ripercorrendo la storia dell’astrazione assoluta, al segreto delle ombre nell’arte mnemonica di Bruno, e lo fa utilizzando come supporto di questa tavola di memoria il telaio interinale. L’interinale, infatti, indica una funzione56, quella di conservazione dell’immagine in una presenza temporanea. Parte, dunque da Xerra, dall’arte di Mondrian, pervasa da aspirazioni esoteriche, che non è arte di visione ma di concezione, e che implica rapporti universali verso l’assoluto57. Inserisce nei disegni del 1990, come già in
alcune tele del 1988, rettangoli o quadrati neri: è il vocabolo di un lessico, quello delle forme geometriche pure, che riconduce all’essenzialità del Quadrato nero su fondo bianco di Malevič. Per Xerra, tuttavia, il telaio interinale è luogo delle scritture: il quadro nero, la griglia delle ortogonali, il profilo realizzato ritagliando frammenti di carte manoscritte, inseriti nei disegni a collage, ché anche il corpo è un linguaggio. Il profilo, in questo caso, è simbolo dell’ombra proiettata dal modello sul muro, e quindi allude alla favola pliniana, ma è anche il profilo come esteriorizzazione dell’anima dell’età dei lumi, o segno del corpo e dell’azione nei geroglifici58. Proiezione, infatti, conserva in Xerra il significato che attiene alla geometria e quello che attiene alla psicologia. “La memoria – scrive Xerra – funziona da filtro tra corpo e misura, fra pieno e vuoto, tra realtà e immaginazione”59.  In questo scritto Xerra si riferisce a Giulio Camillo, alla sua concezione delle misure che hanno il compito di fissare nella mente la verità eterna. Il Rinascimento sviluppa il concetto di misura come possesso del dato reale e dell’essenza ideale che lo informa; la cancellazione di questo istituto convenzionale porta all’utilizzo degli ordini costituiti, disfatti o scombinati, secondo una propria regola. Xerra risale dal presente al passato, elimina le soluzioni perseguendo una incoerenza linguistica che dalla scomposizione porta alla ricomposizione. L’autentica misura del nostro tempo è, per Xerra, la condizione di
provvisorietà: “L’unità del nostro essere, corpo e insieme misura, diventa infine ingovernabile, indecifrabile nella sua sintesi più profonda”60. Questo desiderio di sintesi emerge infatti, nelle proiezioni del 1990-91, dove per corpo dobbiamo intendere la materia pittorica regolata dalla
costruzione dello spazio, inteso quale misura. Xerra cerca attraverso un lavoro di memoria sulla storia, dalla teoria dell’ombra alle proiezioni, di trovare una mediazione che risolva il conflitto tra elaborazione pittorica e spazio della memoria. Mentre lavora sul tema delle proiezioni, Xerra delinea anche la struttura dell’eros: sceglie un segno sottile per trascrivere il celebre dipinto di Courbet, L’origine del mondo,
il quadro emblematico acquistato da Lacan, che rilegge attraverso Duchamp e occulta dietro uno schermo, quello del frammento. Mediante l’essenzialità del segno trascrive la frantumazione della sintassi di Apollinaire, ma non si ricollega la cubismo e al futurismo, bensì agli oggetti d’affezione, dall’assemblage di Man Ray in De quoi écrire un poème (1923) al collage Béguinage di Prampolini (1914), e sostituisce alla polimatericità un calembour materico giocato sul tessuto di colore rosa.