In margine al visibile parlare

L’opera di Xerra è contrassegnata da momenti di ricerca che nel lavoro della memoria includono anche il riverbero di fasi precedenti. Dopo le proiezioni torna a riflettere sul rapporto tra rappresentazione pittorica, parola e cornice. Nel 1993 Xerra termina gli affreschi per le pareti e le volte di Villa Piediprato, presso Ascoli Piceno. È un’occasione per considerare i particolari decorativi di tanta architettura picena, pensiamo ai particolari di via del Trivio, e studiare a fondo gli ornamenti e griglie che suddividono in scomparti giustapposti i polittici di Crivelli. Il motivo della decorazione è, invero, un’attenta riflessione sul tema dei margini, dei dettagli, dalle decorazioni sia plastiche sia pittoriche ai motivi ornamentali, dai fregi alle modanature, alle tarsie policrome. I motivi decorativi che Xerra inserisce nei dipinti e disegni di questo periodo, costituiscono uno specifico oggetto di indagine: quello sulla funzione della cornice in pittura, in quanto soglia, indice, possibilità della rappresentazione, fulcro percettivo. Xerra include la cornice61, il margine, all’interno della composizione pittorica per decostruire il ruolo che la cornice svolge all’interno dei meccanismi di produzione e ricezione delle immagini. La “cornice” è inclusa anche nella
impaginazione di Visibile parlare del 1993 dove non compaiono
cartigli o rotulus, e la parola è segno. La cornice, allusa nella linea di triangoli, che guarda anche a Composizione su fondo rosso del 1935 e Archipittura del 1933 di Licini non delimita lo spazio del quadro, è uno degli elementi della composizione, affiora, anche, il ricordo della logica silenziosa di Melotti, pensiamo a Scultura n. 23 del 1935, tuttavia i triangoli non formano un aggregato di moduli, sono un cifre che segna lo spazio in una
provvisorietà che disillude il modulo verità della pittura spaziale di Melotti. Xerra enfatizza la cornice non come fregio dell’opera ma in quanto elemento della composizione, cioè a dire del linguaggio della rappresentazione: e, dunque, il parergon diventa parte dell’ergon. Il dipinto Visibile parlare62 sembra una risposta alle modalità attraverso le quali la materia verbale viene iscritta nella composizione figurativa: la storia della pittura è, ancora una volta, ripercorsa, dalle lettere inserite nei dipinti da Sironi e Soffici alle lettere “rovesciate” di Malevič e della Gončarova del 1913. Lo stesso
Xerra aveva inserito nelle opere del 1986 il cartellino o cartiglio, utilizzando il carattere calligrafico della pittura antica, come elemento, quasi frammento, e aveva costruito l’opera Vergine e Santo. sulla situazione comunicativa, sul colloquio tra i personaggi della rappresentazione, palesando l’assenza del suo fondamento, l’incarnazione del verbo, l’invisibile fatto visibile. Se il verbo fatto carne è l’evento in cui la parola e l’immagine si sono consustanziale, cosa deborda dal perduto orlo del visibile parlare? Il vento, parola chiave che ricorre nella poetica eliotiana63, è il vuoto del verbo. In Morso dal suono Tagliaferri64 accentua la sonorità e introduce il saggio ricordando Eliot e Pound. Nei disegni realizzati tra il 1993 e il 1995 compare con insistenza la scritta “vento” e ritornano le parole “mentre” e “ora”, come nella poesia di Eliot: “all’ora viola, l’ora della sera che volge”, ma ricorre anche “or” nelle parole dorso, ritorno, porta. “Mentre” e “vento” contengono EN, e se molti titoli delle opere di questi anni rimandano alla poesia di Eliot, ad esempio, “mossi dall’aria”, “la stanza racchiusa”, “nelle nostre stanze vuote”, la presenza di lettere frammentate restituisce un linguaggio indeterminato e intermittente. La Terra desolata è la terra invernale che deve essere esorcizzata ritualmente, è basta sull’idea che la terra era fertile e ora non le è più, rimangono le tracce di ciò che fu. Tracce che sul telaio interinale si giustappongono o stratificano in un prevalere di collage
polimaterici, lacerti di juta, frammenti di sacchi per
l’imballaggio del caffè, assemblaggi di allusioni, simboli, materia, memoria e desiderio. Se l’impaginazione dei materiali eterogenei rinvia al costruttivismo e a Schwitters, la sovrapposizione ne è costituita dai materiali della memoria che in Tua Maria e Hera (1994-1995) si dislocano sulla superficie e si integrano con frammenti di elementi decorativi in una spazialità che allude al ritmo delle pareti a volte affrescate. Xerra ritorna alla poetica del Vive su vecchie tele consunte e fessurate di metà anni Settanta e riabilita la tela grezza con un’attenta trascrizione della tradizione del recupero della materia, dai sacchi di Burri alle stoffe e carte di Tàpies.
A metà degli anni Novanta porta la posizione liminare e la funzione di cesura della cornice in una dimensione
psicologica. In luogo di separare ciò che si situa oltre i bordi della cornice al di là della superficie della rappresentazione, l’ambiguità dell’articolazione è ricondotta all’opposizione tra identificazione e separazione. I dipinti e disegni de La meta del cuore sono segno della forza di connessione che intreccia senza conciliarli gli opposti, che non abolisce la differenza ma la rende visibile. La metà del cuore non designa la separazione, metta anzi in figura il simbolo inteso nella originaria accezione dell’etimo, come zona di confine e spazio intermedio. L’artista piacentino ravvisa anche che dietro la banalità delle cartoline con i cuori c’è un nodo semantico e una catena di fatti storici, e che l’iconografia del sacro cuore dalla rappresentazione del Cristo col cuore sovrapposto al petto giunge alla immagine del cuore separato65. Xerra nella Metà del cuore del 1993 vela una parte del frammento con carta giapponese, la carta per restauro sovente in questi anni utilizzata per coprire il frammento e nelle opere successive compie uno spostamento significativo: se nel titolo ricorre ancora la parola cuore che simboleggia l’amore, egli supera la base metonimica della figurazione che esprime il rapporto cuore persona. Nel linguaggio comune si usa la locuzione “la metà del cuore”, ma è la separazione,
la distanza che noi cogliamo in queste immagini, la cui efficacia origina dal fatto che, al di fuori dei rapporti metonimici e metaforici, Xerra mostra l’intermedio tra pieno e vuoto, non il rifugio o l’apertura . In Pagine bianche (dedicato a Paul Vangelisti) del 1997 la metà del cuore trova una nuova spaziatura nel testo che si snoda lungo le sette tavole su carta marezzata. A Xerra interessano il dettaglio, le imprimiture che riorganizza nelle pagine del racconto, lasciando affiorare le tracce del tempo.