SNEGUROČKA, ascolto radiofonico da Amsterdam

Qualche sera fa mi è capitato di ascoltare (e registrare) su Radiotre Sneguročka, opera di Rimskij-Korsakov. Di questo compositore non conoscevo nulla, e la spinta che mi convinto ad ascoltare questa sua opera è stato soprattutto il fatto che era diretta da Gergiev con tutto il cast e l’orchestra e il coro del Teatro Mariinskij. Ho ancora nelle orecchie la splendida Chovanščina della Scala, e quindi mi aspettavo qualche cosa di buono. Si trattava di una differita della esecuzione (in forma di concerto?) al Concertgebow di Amsterdam del 25 settembre 1999.

L’opera è veramente molto bella. Devo dire che ascoltarla è stato un grandissimo piacere.

La storia è una favola mutuata dalla mitologia della Russia pagana. La Fanciulla di neve, figlia dello strano matrimonio fra Nonno Gelo e Madre Primavera va a vivere fra gli umani. Tuttavia corre un grave pericolo: se il Sole la colpisce il suo cuore si scioglierà e ella morirà.

Nel mondo degli uomini la primavera tarda ad arrivare. Tutto è ancora gelato. La causa è la presenza della fanciulla, figlia dello strano connubio. Lo zar del villaggio, che è anche un vate, risolve l’enigma: la Fanciulla di neve dovrà innamorarsi affinché l’inverno possa lasciare posto alla Primavera. E la fanciulla alla fine si innamorerà, ma l’arrivo del sole, che porta la bella stagione, la farà morire. È l’antichissimo mito, comune un po’ a tutti i popoli antichi, sia pure nelle differenti forme, per cui l’alternarsi delle stagioni non è altro che un continuo alternarsi della vita e della morte.

L’opera è ricca di temi di canzoni popolari russe, orchestrare in modo iridescente da Rimskij-Korsakov. Arie, cori e duetti e concertati si susseguono immersi in una tavolozza orchestrale estremamente ricca, variata in continuazione. Tutti gli strumenti dell’orchestra fanno sentire la loro voce, combinandosi in un continuo gioco di colori: ma questo gioco non è tanto fine a se stesso, quanto per dipingere  la natura, che è la vera protagonista dell’opera. Realmente si respira l’aria dei boschi, si ascolta il canto degli uccelli (vi sono brani caratteristicamente onomatopeici), si sente l’arrivo della primavera. È una musica molto descrittiva, e direi che questo è il suo punto di forza, e anche la sua bellezza. Inutilmente, credo, si cercherebbe la ricchezza del contrappunto, o la complessità costruttiva. Rimskij-Korsakov usa i leitmotiv, ma solo come strumenti di descrizione: di un personaggio o di un evento. Non ne fa certo il trattamento che ne fa Wagner. Eppure io non sono riuscito a sottrarmi al fascino di questa musica. Rimskij-Korsakov è stato, si sa, il maestro di Stravinsky, e si comprende come questo compositore abbia appreso l’arte di usare l’orchestra per farne uno strumento di grande virtuosismo. Anche Respighi, è venuto a contatto con Rimskij-Korsakov, e direi che in molte sue composizioni, soprattutto nel trattamento orchestrale, si avverte l’influenza del maestro russo.

I brani belli nell’opera sono tantissimi. Si potrebbero citare i canti del pastore Lel’, i cori, veramente molto belli, le due arie della fanciulla di neve, piene di malinconia, ma alla fine direi che è difficile fare una scelta. Molte delle melodie sono prese da canti popolari che lo stesso Rimskij-Korsakov, o altri compositori russi contemporanei, hanno raccolto. Potrei citare ancora la musica del bacio che Lel’ nega alla fanciulla di neve per darlo invece alla sua rivale; oppure la scena nella quale la fanciulla prega disperatamente la madre di concederle il dono dell’amore, o la scena in cui lo spirito della foresta confonde Mizgir’ che innamorato dalla fanciulla di neve cerca di dichiararle il suo amore. E fra i cori, quello famoso degli uccelli nel prologo, o quello finale di saluto all’arrivo della primavera, oppure ancora la festa di paese nella quale si dovrebbero celebrare le nozze fra Kupava e Mizgir’, che poi culmina nella danza dei buffoni. Tutti episodi ricchissimi di musica, che tengono l’attenzione incollata.

L’esecuzione è stata splendida. Inutile fare gli elogi di Gergiev, soprattutto quando dirige la musica russa, e dell’orchestra e del coro del Mariinsky. Direi strepitosi tutti. I colori orchestrali ne vengono fuori nitidi, senza la minima sbavatura, con un senso di facilità estrema che non può essere altro che frutto di un duro lavoro di preparazione.

Alla stessa altezza possiamo mettere gli interpreti. Il contralto che interpreta il ruolo del pastore Lel’ (Ljubov Sokolova), con una voce caldissima e altamente espressiva; i due soprani che interpretano la Fanciulla di neve e Kupava, rispettivamente Olga Trifonova e Tatjana Pavloskaja: due voci molto differenti, perfettamente adatte ai loro ruoli. La Trifonova voce leggera, sognante; la Pavloskaja timbro più drammatico ed espressivo. Ma molto brava anche la mezzosoprano che interpreta la Fata Primavera, Nadezhda Serdjuk, il tenore Danil’ Shtoda (lo zar Berendej), il baritono Alexander Gergalov (Mizgir’), il basso Vladimir Vaneev (Nonno Gelo). E su tutto, la lingua russa, che diventa essa stessa colore. Devo dire che mi piace da morire…

Per concludere uno spettacolo veramente molto bello, che sarebbe stato magnifico potere ascoltare dal vivo. So che sarà ripetuto a Vienna questo mese. Chissà se Gergiev, in questa sua sistematica rilettura della musica operistica russa, non approdi prima o poi con questa opera anche alla Scala. Sarebbe un’occasione da non mancare.

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