TANNHAUSER, al teatro degli Arcimboldi

tannhauser.jpg

 Nonostante questa maledetta influenza, non ho voluto mancare alla serata destinata al mio turno di abbonamento. Lo spettacolo mi è piaciuto molto e questo mi ha risarcito delle sofferenze fisiche. Qualche commento.

Anzitutto, come quasi tutte le edizioni CD, LD e VHS che conosco, anche l’edizione scaligera è stata un miscuglio delle infinite modificazioni cui il Tannhauser è stato sottoposto prima e dopo Parigi. Difficile tuttavia individuare i diversi particolari, e le rispettive date cui essi si riferiscono.

Comunque, ascoltando l’opera, sono molto evidenti le differenze di stile che la percorrono un po’ dovunque: il Wagner giovanile, presente soprattutto nelle declamazioni con linee lirico-melodiche (soprattutto in Wolfram, ma anche nello stesso Tannhauser, in Hermann e in Walter), e nell’uso del leitmotiv prevalentemente a scopo di segnalazione di situazioni; e il Wagner maturo con grandi ricchezze armoniche e timbriche come nella musica del Venusberg e in tutte le occasioni in cui essa viene rievocata.

Questa commistione di stili, che più che una fusione mi sembra sia solo una giustapposizione, fa sì che quest’opera accanto a momenti musicali meravigliosi alterni momenti di minor emozione.

La messa in scena si è avvalsa di una regia piuttosto tradizionale (anche se i costumi non sono medioevali ma moderni). Il primo e il terzo atto presentano una foresta di alberi spogli in uno sfondo scuro, misterioso. La grotta di Venere, nel primo atto è una grossa conchiglia rossa coperta da morbidi e lascivi cuscini, che lascia in secondo piano la foresta. Gli effetti coloristici sono dati soprattutto da una illuminazione basata su fasci di luce mobili e cangianti che creano contrasti che danno particolare vivacità alla diverse scene.

Non mi ha entusiasmato la coreografia della fase iniziale. Mi è sembrata piuttosto povera, rispetto a ciò che farebbe immaginare una musica così vorticosa e colorata come quella del Venurberg.

La sala del secondo atto si presenta un po’ come un’aula universitaria ad emiciclo, nella quale si vanno a collocare i diversi personaggi e il coro.

Il movimenti dei cantanti e del coro sono piuttosto contenuti, sobri; le scene, anche le più drammatiche sono realizzate in modo espressivo ma privo di retorica o di esagerazione; i pellegrini passano sullo sfondo oscuro della foresta senza invadere la scena; ben condotta mi è sembrata la scena della tenzone, nella quale le fiammate erotiche di Tannhauser sono accompagnate dalla comparsa di personaggi della grotta di Venere investiti da lame luminose che li portano in primo piano; particolarmente commovente mi è sembrato tutto il terzo atto, dominato dalla preghiera di Elisabetta, dal canto della stella della sera, dal racconto di Tannhauser, dalla ricomparsa di Venere e dal finale corale della redenzione; il tutto condotto con un ritmo gravido di mistero, di attesa, di contrasto e alla fine di solennità.

La direzione orchestrale l’ho trovata molto espressiva, intensa, tale da far scaturire tutta la ricchezza dei colori della musica del Venusberg, o la solennità della penitenza e delle redenzione dei pellegrini, o la veemenza del canto di amore erotico di Tannhauser, o il dolore di Elisabetta. Insomma, mi sembra che Tate abbia saputo offrire un Wagner convincente, nonostante le discontinuità dello stile che si ritrovano in questa opera.

Il cantanti mi sono piaciuti molto; hanno saputo dare corpo ai personaggi e alle loro passioni. Venere (Judith Nemeth) mi è piaciuta particolarmente nell’alternanza di canto suadente ed aggressivo; bella donna, grande portamento, convincente sinuosità nel suo “invito”. Tannhauser (Endrik Wottrich) ha portato a termine una parte che mi sembra di grande difficoltà ed impegno, con voce limpida e recitazione intensa. Wolfram (Peter Mattei) ha offerto un canto morbido, pieno di dolcezza e sentimento (splendida la sua esecuzione del canto della stella della sera). Su ottimi livelli anche il basso Attila Jun nel ruolo di Hermann e di Adrianne Pieczonka nel ruolo di Elisabeth (mi è piaciuta molto la sua preghiera nell’ultimo atto).

In conclusione ho assistito ad un ottimo Tannhauser che per quattro ore mi ha fatto dimenticare i mali fisici dell’influenza.

Scrivi un commento