DANNY L’ELETTO, di Chaim Potok

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Il libro è ambientato a Brooklin, in un quartiere ebraico, più o meno nei giorni che hanno preceduto lo sbarco degli alleati in Normandia durante la seconda guerra mondiale. L’elemento dominante è l’amicizia fra due giovani coetanei, entrambi ebrei, entrambi sportivi appassionati e giocatori di baseball, entrambi dotati di intelligenza superiore alla media, entrambi figli di eruditi. L’uno, Danny Saunders figlio di una rabbino tzaddikim, cioè capo riconosciuto e adorato di una comunità di Chassidim; l’altro Malter Reuven figlio di un ebreo laico, idealista, colto, scrittore di argomenti religiosi e poi attivista in appoggio al movimento sionista.

Il libro è scritto in prima persona da Malter, ma il vero protagonista della vicenda è Danny, e dietro di lui il rabbino Saunders e la comunità degli Chassidim.

I due ragazzi hanno vissuto i loro primi quindici anni nello stesso quartiere senza parlarsi, anzi, senza neppure conoscersi.

Gli Chassidim sono una comunità chiusa, i cui componenti indossano un vestito rituale, solamente nero e bianco.  Hanno scarsissimi rapporti con gli altri ebrei, che essi accusano di insufficiente religiosità, di eccessiva integrazione nella società goy, di superficialità nello studio dei testi sacri, in primo luogo il Talmud, e di dedicare tempo prezioso allo studio di materie estranee all’ebraismo. Gli Chassidim parlano l’yiddish, disprezzano la lingua inglese, e considerano blasfemo usare l’ebraico, la lingua sacra, in occasioni diverse dalla liturgia religiosa. In sintesi, gli Chassidim accusano gli altri ebrei di essere degli apicoros, termine spregiativo che li addita come eretici.

Nessuna meraviglia quindi che i due ragazzi, nei loro primi quindici anni di vita non si siano mai parlati.

L’incontro fra i due avviene a seguito di una sequenza drammatica. Durante una partita di baseball fra la squadra di Danny e quella di Malter, i due vengono a contrasto di gioco, e una palla battuta intenzionalmente a grandissima velocità da Danny ferisce l’occhio del rivale, che deve essere ricoverato in ospedale e sottoposto ad intervento chirurgico.

Danny è sconvolto da questo episodio, e si sente colpevole. I due ragazzi si incontrano nell’ospedale, e dopo le prime esitazioni, nasce un’amicizia profonda, insolita fra le comunità ebraiche, che giudicano con perplessità questa unione.

Danny è un ragazzo coltissimo, conosce alla perfezione il Talmud, ed è in grado di affrontare sull’argomento discussioni con rabbini ben più anziani di lui, uscendone spesso vincitore; è l’orgoglio del padre e della comunità dei Chassidim che lo trattano con grandissimo rispetto e considerazione. Ha un destino prestabilito: seguendo le antiche tradizioni, dovrà essere ordinato rabbino, e alla morte del padre dovrà assumere la carica ereditaria di tzaddikim. Il suo compito è quello di studiare a fondo il Talmud, di essere guida e aiuto per la comunità, risolvere quotidianamente i problemi dei componenti. Gli è vietato perdere tempo e concentrazione per leggere i libri estranei alla religione.

Questo impegno predefinito e inevitabile, tuttavia, gli sta molto stretto, ed egli si confida con l’amico. Le tormentose discussioni sull’argomento e su tutto ciò che ne deriva, sono il filo conduttore del racconto. Danny ha scoperto la lettura, e segretamente, all’insaputa del padre, figura autoritaria e custode della genuinità religiosa e della destinazione del figlio, frequenta una biblioteca, nella quale divora libri di ogni genere. Nella scelta spesso si fa consigliare da un altro frequentatore che si scoprirà essere il padre di Malter. La sua memoria fotografica gli consente di leggere in breve tempo una grande quantità di libri e di tenerli anche a memoria.

Le confessioni di Danny creano fra i due amici un clima di complicità, ma anche di discussione accanita; nello stesso tempo si manifesta in entrambi la necessità di conoscere meglio i rispettivi ambienti di vita, e, soprattutto per quanto riguarda Malter, di entrare e cercare di capire la logica che guida gli Chassidim in questo loro rigoroso isolamento.

Malter frequenta la casa dell’amico, ne conosce il padre, assiste alle dispute sul Talmud fra padre e figlio, finisce col parteciparvi e di conquistarsi, cosa eccezionale, la stima dello tzaddikim, che approva la sua amicizia col figlio. Anche il padre di Malter approva l’amicizia, addirittura la stimola e la protegge, nella convinzione che i due ragazzi, appartenenti a due diverse comunità, con diverse concezioni della religiosità e della vita in genere, possano realizzare una specie di osmosi intellettuale che apra ulteriormente le loro menti e li arricchisca di cultura.

Questa parte del libro ci avvicina alla vita, alle abitudini, alla cultura, agli interessi,  ai riti e alla storia degli Chassidim. Apprendiamo così come gli Chassidim siano nati in Polonia, chi sia il loro fondatore, Ba’al Besh Tov circa alla metà del XVIII secolo, e come le prime comunità si siano formate in seguito a sanguinosi pogrom, il più violento e sanguinoso dei quali avvenne proprio in quel periodo, in Polonia, da parte di cosacchi e contadini che accusavano gli ebrei di essere i servi della nobiltà e di essere responsabili dello sfruttamento della povera gente. Successivamente le comunità chassidiche si sono rapidamente estese a tutto l’oriente europeo, e si sono mantenute in modo rigido anche durante le emigrazioni in altri paesi, comprese quelle verso gli Stati Uniti. Sono governate da un rabbino, detto tzaddikim, che sulla comunità esercita un potere carismatico, che a volte degenera in una vera e propria satrapia. La carica è ereditaria, e la comunità si mantiene unita attorno alla discendenza famigliare.

La chiave del libro è il conflitto interiore di Danny, schiacciato fra i suoi doveri di futuro tzaddikim e la sua vocazione ad una cultura aperta, orientata soprattutto alla comprensione dell’animo e della psiche umana.

Questa sua lotta interiore si appalesa gradatamente, nelle conversazioni con l’amico e negli incontri a tre con il padre rabbino. Dalla tristezza che affiora nei suoi comportamenti, e dalla scarso entusiasmo per i suoi successi di talmudista, emergono a tratti le sue confessioni, prima sulla sua ansia di leggere, poi sulla rassegnazione per un destino che pare ineluttabile, alla fine sulla sua ribellione e sulla sua decisione di dedicarsi alla studio della psicologia, dopo avere scoperto l’opera di Freud.

Questo tormento, oltre che nelle conversazioni con l’amico, trova il suo centro emotivo nei rapporti col padre, al quale Danny cerca inutilmente di tener nascosta la verità. Il padre è una persona di grande intelligenza, esperienza, e conoscenza degli uomini. Capisce, al di là delle parole, lo sconvolgimento interiore del figlio; ne capisce le cause e soprattutto capisce, con grande dolore, che la sua battaglia per affidargli la guida della comunità chassidica sarà persa. Instaura allora col figlio un rapporto che sulle prime pare incomprensibile: il silenzio. Padre e figlio non si parlano, se non durante le discussioni e le lezioni di Talmud. Quella del silenzio è una forma educativa estrema, che il rabbino Saunders sceglie al fine di lasciare che le decisioni del figlio maturino per gemmazione interiore, guidate dall’esempio del padre, dalla consapevolezza che nella guida di una comunità religiosa si cela il senso più profondo della vita, che la vastità della cultura a scapito della profondità della fede non risolve i problemi del proprio animo. Alla fine, confesserà Danny, il silenzio, sapendolo ascoltare, è più eloquente della parola. Al silenzio del padre, corrisponde ovviamente il silenzio del figlio che, pur sentendone la necessità, non riuscirà mai a confessare al padre i suoi conflitti interiori: per paura di un padre autoritario, per paura di trovarsi di fronte le accuse e il disprezzo della comunità, per paura di far soffrire la fanciulla che gli era stata predestinata come moglie. Nei dialoghi con l’amico, tutti questi stati d’animo affiorano gradualmente fino a manifestarsi in tutta la loro forza distruttiva.

Gli anni passano. La guerra contro il nazismo è vinta, gli americani hanno liberato l’Europa e mostrato al mondo gli orrori dell’Olocausto. I due giovani sono all’università. Malter studia per diventare rabbino. Danny approfondisce gli studi di psicologia. Negli Stati Uniti monta la marea del Sionismo. Se gli Ebrei sono stati perseguitati nei vari paesi d’Europa, se hanno dovuto soffrire l’oltraggio estremo dell’Olocausto, essi devono porsi il problema di avere una loro terra. E questa non può essere che la Terra Promessa, la Palestina. Si organizza l’emigrazione da ogni parte del mondo; molti sono sopravvissuti all’olocausto; altri sono giovani entusiasti e armati di patriottismo. Tutti si danno da fare per aiutare questa emigrazione. Giungono notizie di azioni militari di gruppi di Ebrei contro gli inglesi che si oppongono all’immigrazione. Il padre di Malter, uomo fragile, malato, si unisce ai patrioti. Scrive articoli sulla necessità di fondare lo Stato di Israele, partecipa a conferenze, comizi, viene applaudito, si consuma fisicamente.

L’unica a dichiararsi contraria al sionismo è la comunità chassidica. La condanna al progetto di uno stato israeliano laico è totale. Gli ebrei sono il popolo di Dio, e solo al servizio di Dio devono dedicarsi. La fondazione di uno stato laico li confonderebbe con tutti gli altri popoli, annebbiando questa loro prerogativa che nei secoli ne ha giustificato l’esistenza e la sopravvivenza come popolo.

I due amici sono costretti a separarsi. Il divieto imposto dal rabbino Saunders, nella sua qualità di tzaddikim è un divieto formale: la scomunica per Malter e suo padre a causa dei suoi articoli filoisraeliani. A scuola le comunità chassidica taglia tutti i ponti con gli altri ebrei, la rottura è completa.

 Si manifesta così la sofferenza del distacco, non voluto, ma rispettato rigorosamente da Danny, il cui tormento interiore traspare in modo evidente da un comportamento sempre più riservato e triste, e anche da un decadimento corporeo.

La decisione dell’ONU della spartizione della Palesatina fra Arabi ed Ebrei il 29 novembre 1947 e la successiva nascita della Stato di Israele scatenano l’aggressione degli stati arabi confinanti. Ne nasce una guerra sanguinosa. Questa nuova situazione attenua fino ad annullare l’antisionismo degli chassidim e di conseguenza riavvicina i due amici.

Si perviene così alla soluzione della vicenda. Danny rinuncerà a diventare tzaddikim della propria comunità, anzi ne uscirà dismettendone l’abito e i simboli rituali, per intraprendere la carriera della psicologo. Malter diventerà rabbino e si dedicherà agli studi della matematica. Il rabbino Saunders accetterà, con il dolore che si prova per gli eventi ineluttabili, la decisione del figlio, e porrà termine alla educazione del silenzio. La comunità chassidica avrà come tzaddikim il fratello minore di Danny.

L’interesse del libro, secondo me, sta nella abilità di narratore di Potok, che descrive l’evoluzione della amicizia dei due ebrei attraverso diversi episodi che sollecitano l’attenzione e l’interesse di chi legge: la partita di baseball all’inizio, il difficile primo incontro dei due futuri amici, l’ansia e le titubanze dell’incontro di Malter col rabbino Saunders e con la comunità chassidica, lo svilupparsi delle indecisioni di Danny, il suo segreto dedicarsi alla lettura, il conflitto interiore fra la sua vocazione e quello che ritiene il suo dovere, il ruolo di Malter e del padre in questo conflitto.

Naturalmente il libro è ricco anche di descrizioni: più che ambientali si tratta di descrizione dei caratteri della comunità chassidica, della sua storia, dei suoi riti, del suo fervore religioso. Tutte queste descrizioni, che potrebbero sembrare materia arida, quasi “trattatistica”, sono invece immerse nel fluire del racconto nel quale assumono un ruolo portante e chiarificatore, e vengono porte con grande leggerezza e descritte in modo da suscitare interesse.

 Anche gli eventi storici, che in un primo tempo fanno capolino in veste di notizie radiofoniche o dei giornali, come lo sbarco in Normandia e l’avanzata delle truppe americane, i contrattacchi tedeschi, etc., verso la fine assumono un ruolo determinante nel racconto. L’affermarsi del sionismo, la nascita dello stato d’Israele e la guerra con gli stati arabi aprono uno scontro politico-religioso all’interno della comunità ebraica, che da una parte la rende partecipe alle vicende internazionali che hanno coinvolto il popolo ebreo alla fine della seconda guerra mondiale, dall’altra interagisce con l’evolversi delle vicende umane dei personaggi del libro.

Il libro mi si è così offerto non solo come avvincente descrizione di un’amicizia fra due esseri diversi, e delle riflessioni che essa offre al lettore, ma anche un’occasione per conoscere all’interno un fenomeno religioso caratteristico come lo chassidismo, vivendone dall’interno e in modo vivo la storia, le motivazioni della sua nascita, il suo sviluppo, i suoi rapporti con le altre comunità, i suoi valori, la sua cultura.

 

1 Commento a “DANNY L’ELETTO, di Chaim Potok”

  1. Wawan scrive:

    Puortroppo in Italia non c’e8 un partito che abbia a cuore i bloerbmi delle persone, la vera sinistra e scomparsa, e ci ritroviamo con questi perfetti buffoni, pensano tutti alle loro poltrone, a fovoritismi di qualsiasi genere e servono sempre il Dio potere economico. Credo ci voglia un’insorgenza dal basso.

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