QUATTRO ERRORI DI DIO, di Ennio Cavalli

 

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Quando non si ha nulla da dire, si fatica a scrivere 140 pagine, ma francamente si fa ancora più fatica a leggerle. Il libro gioca sul titolo alla ricerca di un ponte che unisca Dio agli uomini. Un Dio che commette errori forse è più accessibile di un Dio perfetto. Questo ponte è fragile, di difficile percorrenza. Gli uomini non capiscono la natura di Dio e ne deformano la presenza, identificandolo con i propri vizi. Ma anche Dio non capisce a fondo gli uomini, e per questo commette i quattro errori. Un circolo vizioso?

 

Il primo errore viene scoperto in un misterioso manoscritto trovato a Qumran, assieme ai quelli conosciuti come i rotoli del Mar Morto. Lo ha scoperto un ex-diplomatico inglese aiutato da un giovane pastore arabo, Mohammed. In questo manoscritto viene riscritta la storia del Diluvio Universale. In realtà si scopre che Dio non aveva alcuna intenzione di distruggere il genere umano, ancorché peccatore, ma voleva solo punirlo in modo che si ravvedesse. Quindi, non inviò l’incessante pioggia ad inondare il mondo, ma neve in quantità, per anni e anni, venne mandata sulla Terra, in modo che l’umanità nel freddo sempre più intenso cominciò a sostituire all’aggressività, all’empietà, il desiderio e la ricerca di calore, e quindi di affetto. La grande nevicata si rivelò efficace, e l’umanità si ravvide e cominciò ad amare la pace e a odiare la guerra. Ma ecco qui il primo grave errore di Dio. La neve sciogliendosi, provocò la grande inondazione poi conosciuta come Diluvio Universale, al quale solo Noè, per la sua previdenza riuscì a scampare.

Questo racconto fatto da Barry Malcolm ai suoi colleghi del Traveller’s Club, verrà poi ripetuto da Mohammed, non più giovane pastore, ma maturo tassista in Gerusalemme, a due turisti americani, Roselius Malcolm e la sua allieva-amante Martha. La storia tuttavia non si fermerà a questo primo errore; ne rivelerà un secondo che riguarda il nome stesso di Dio, nome sacro, impronunciabile, fatto di quattro lettere, il tetragramma JHWH. Il nome non è solo l’espressione con la quale viene indicato Dio, ma è Dio stesso, e il pronunciarle significa entrare in contatto con lui. Questo, si può capire, non può essere fatto impunemente dall’uomo; troppo forti sono le forze che anche il solo nominarlo può scatenare. Dio allora limita il permesso di invocarlo a settemila volte. I Libri Sacri l’hanno già nominato seimilaottocento volte. All’uomo resta la possibilità di farlo solo duecento volte. E lo potranno fare solo duecento saggi, che vengono convocati al cospetto di Dio; ognuno di loro farà l’invocazione una sola volta nella vita. Poi più nessuno avrebbe potuto invocarlo. Centonovantanove accettano, ma, contrariamente alle previsioni, il duecentesimo, Khaled si rifiuta. L’immensità del Nome nella sua povera lingua gli fa troppa paura. Preferisce nominare Satana. E questo è stato il secondo errore di Dio: eleggere nella schiera dei duecento saggi un antagonista. Il suo nome, e quindi la sua possibilità di comunicare, viene così totalmente interdetto agli uomini.

Il terzo errore ci viene raccontato da Roselius Malcom che ne parla con la sua amante Martha: si tratta dell’immagine di Dio. Martha sta scrivendo una tesi sull’aniconismo nell’Islam contemporaneo. In un libro trova una correzione di mano del maestro-amante: al posto della frase “The mistery of God’s image” c’è la correzione “The mistake of God’s image”: l’errore di Dio nell’attribuirsi un’immagine, ed esattamente l’immagine dell’uomo. Nella Genesi si legge che Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza. Questo attribuisce un’immagine ad un Ente che per definizione deve essere privo di immagine in quanto Essere Perfetto; e soprattutto la sua immagine non deve essere a somiglianza dell’uomo, essere totalmente imperfetto.

Ancora una volta Dio dimostra di non conoscere la natura umana. Per questo ha promesso il Messia. E il Messia è la promessa che gli uomini di ogni religione attendono che sia esaudita: ebrei, cristiani, maomettani. Ma la vera difficoltà sta nel riconoscimento del Messia, che gli uomini, in quanto contraddicente la loro natura, tendono di fatto a rifiutare.

Il libro procede sulla falsariga della storia d’amore fra Marha e Roselius, che, dopo il viaggio a Gerusalemme, ha termine. Entrambi tornano alla loro terra d’origine, e si scrivono lettere che non spediranno mai, e nelle lettere parlano dei loro nuovi amori, delle loro future ricerche, ma parlano anche dei problemi che la conoscenza degli errori di Dio pone loro proprio in merito alla comunicazione con Lui.

Il quarto errore riguarda l’estinzione dei dinosauri. Martha e il suo nuovo amante Oscar, da una parte e Roselius con la sua nuova amante dall’altra, si ritrovano casualmente al Cairo pur senza incontrarsi direttamente.  Al Cairo c’è anche l’ex diplomatico inglese Barry Malcolm. 

La visita alle antichità egiziane di Martha e Oscar viene conclusa con l’ingresso in una strana grotta, nella quale, su giganteschi schermi, vengono proiettate immagini di un Caravanserraglio dove i due Malcolm come due attori discutono ancora del rapporto degli uomini con Dio e della venuta attesa del Messia. Poi l’immagine cambia e si vede l’interno del Museo di Storia Naturale di New York, con l’immagine di enormi scheletri di dinosauri e Kassim che spiega il perché della loro estinzione: di fatto si tratta del quarto errore di Dio. I dinosauri non erano altro che angeli cattivi che Dio aveva inviato sulla terra per castigare l’uomo. Ma l’uomo è stato ancora più malvagio ed è riuscito a sterminarli completamente.

Al termine della visita, Roselius Malcolm e la sua amante tornano in patria, ma l’aereo su cui salgono esplode. Martha e Omar rimangono nell’albergo dove fanno all’amore.

 

Il libro è noiosissimo. Spesso nel corso della lettura mi scoprivo a pensare ad altro, e dovevo ritornare sul periodo, o addirittura sulla pagine per capire il senso. Non sempre ci riuscivo. La scrittura vuole essere poetica, ironica, leggera, ma di fatto seppellisce una trama esilissima in considerazioni apparentemente e volutamente contraddittorie, e di fatto inconcludenti. Nelle note di copertina si afferma che l’autore affronta il tema della ricerca di Dio, e che l’idea di un Salvatore trasforma l’intera vicenda in storia d’amore e la passione visionaria in coscienza del mondo.

Certamente il tema della ricerca di Dio lo si può anche capire, anche se gli errori descritti mi sembrano molto puerili e poco avvincenti, o tali da non fare entrare il lettore, neppure ironicamente, nel mistero della creazione. La storia d’amore, invece, manca del tutto. Le vicende amorose, non hanno materia. Le due lettere non spedite, quella di Martha e quella di Roselius non trascinano nel cuore di una passione, ma sono stanche e sbiadite descrizioni di rapporti passati e futuri. Per il resto non si vede una trama, un intrigo, uno sviluppo di fatti. Anche l’ultimo evento, quello dell’esplosione dell’aereo, che dovrebbe far pensare al terrorismo e quindi ad una misinterpretazione delle fede attraverso il vetro deformante del fondamentalismo, non mi sembra un evento necessario a concludere lo svolgimento di una vicenda che, ripeto, è esile e inconsistente.

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