LE UOVA DEL DRAGO, di Pietrangelo Buttafuoco

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Che una storia non agiografica della invasione (liberazione?) della Sicilia nel ’43 debba essere raccontata, mi sembra molto necessario. Buttafuoco, nel suo romanzo Le uova del drago si è accinto all’impresa. E per chi come me è, che è cresciuto nella retorica dell’antifascismo, ha considerato gli Anglo-americani come liberatori, ha benedetto i loro bombardamenti, anche quelli “a tappeto” non solo sulle città tedesche ma anche sulle città italiane, e oggi fa parte della schiera degli italiani (di gran lunga la più numerosa) che sentono “gratitudine” all’America che ci ha liberato dal nazifascismo, scoprire gli aspetti ambigui, se non addirittura tragici che hanno accompagnato il processo di liberazione, almeno in prossimità dello sbarco in Sicilia, è un po’ un riemergere da una sudditanza ideologica di cui oggi si sente sempre di più il bisogno.

A una prima lettura, il libro di Buttafuoco mi ha irritato. Nonostante l’avvertimento dell’autore che le vicende storiche vengono intrecciate con la finzione, che la scena calcata dai personaggi è quella di un palcoscenico dei tradizionali pupi siciliani, che gli stessi nomi richiamano gli eroi dell’epica medioevale (Carlo Magno, Rinaldo, Orlando, Angelica, etc,), che il linguaggio è spesso quello delle imprese attribuite a questi personaggi, nonostante questo, indubbiamente, un linguaggio che altri definiscono barocco, barocco-siciliano per essere precisi, io lo definirei intriso della retorica del ventennio, con l’enfasi su concetti come onore, patria, riscatto, etc. che si sono rivelati falsi non tanto per il loro significato assoluto, quanto per il significato che il regime fascista ha voluto attribuire. Tutto ciò finisce per capovolgere una sudditanza ideologica dalla quale ci vuole riscattare, ma a prezzo di una più sordida e volgare, l’ammirazione per il nazismo, l’alleato, e per il disprezzo verso coloro che hanno osato ribellarsi e che vengono chiamati traditori (soprattutto gli ammiragli che hanno consegnato la flotta agli anglo-americani: traditori anche Marcherpa, Campioni?)

Il libro, da questo punto di vista è irritante. L’eroismo tedesco (estendibile anche a quello italiano?) è impersonato da un personaggio che si dice realmente vissuto, Eughenia Lenbach, agente segreto, scelta direttamente da Hitler, le cui gesta (nella sostanza del tutto modeste) Buttafuoco tende ad enfatizzare, addirittura attribuendo a lei e ad alcuni alleati mussulmani (inviatile in aiuto dal Muftì di Gerusalemme), la capacità di creare grandi problemi all’esercito americano, e a promuovere sollevazioni popolari (ma quando, ma dove?) contro gli invasori. Contro gli invasori? Gli Anglo-Americani? Ma in Sicilia tutti sono sempre stati considerati invasori, tutti quelli provenienti dall’esterno, come insegna la storia (angioini, aragonesi, etc,) forse con la sola eccezione di Garibaldi. Certamente movimenti di sollevazione popolare sono stati molto più estesi e consistenti contro l’unificazione d’Italia e l’invasione dei Piemontesi. E la stessa intransigenza di Mori contro la mafia, come è stata vissuta dai siciliani?

Comunque, fatte queste critiche, credo che il merito principale del libro sia quello di riaprire una pagina molto oscura e poco raccontata della recente storia d’Italia. L’invasione della Sicilia, lo sbarco, l’avanzata, le battaglie, le forze in campo, le crudeltà degli eserciti anglo-americani, l’alleanza con la mafia, il prezzo pagato a questa alleanza e le sue conseguenze nel futuro, il ruolo della chiesa e il suo schieramento, la nascita dell’indipendentismo e i suoi collegamenti con gli invasori-liberatori.

Tutto ciò viene accennato nel libro, ma la posizione ideologica dalla quale parte lo scrittore, non dissipa le nebbie; anzi le infittisce, sia pure nebbie di diverso colore, che ci invitano a volerle dissipate. Queste e le altre.

 

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