Sul futuro partito democratico

Trasmissione L’Infedele condotta da Gad Lerner.
Si tratta del costituendo partito Democratico. Partecipano Fabio Mussi, Michele Salvati e Antonio Bassolino, oltre ad altri personaggi (Flaminia Saccà, Ivana Bartoletti, Gabriella Ercolini, Stefano Fascina e Fabrizio Rondolino: tutti appartenenti o provenienti dai DS). E’ presente anche l’editorialista e vicedirettore del Corriere della Sera Pierluigi Battista.
Appare netta la contrapposizione fra Mussi da una parte e Bassolino e Salvati dall’altra.

Mussi non vuole il partito Democratico sostanzialmente perché verrebbe annullato ogni riferimento alla cultura socialista di cui è storicamente portatore. Non sarebbe neppure scontato l’inserimento nel gruppo parlamentare del Partito Socialista Europeo. Mussi ritiene un errore l’abbandono di una identità che è stata punto di riferimento culturale e di valori di molta gente.

La posizione di Salvati e di chi vuole il Partito Democratico si basa sulla necessità di costruire un soggetto politico più forte di quelli attualmente sulla scena. Il PDS ha solo il 17% dei voti; la Margherita meno ancora. Le ultime elezioni hanno dimostrato che la fusione dei due partiti alla Camera ha aumentato il successo elettorale che è andato oltre la somma dei due partiti. In un regime bipolare occorre che il confronto elettorale sia fra partiti di grandi dimensioni (almeno attorno al 30%), come avviene negli altri stati europei.
Sono in programma i congressi di confluenza, contemporaneamente fra i DS e nella Margherita. Il processo dovrebbe avere termine nel 2009 in concomitanza con le elezioni del Parlamento europeo.
Da osservare le argomentazioni.
Mussi di fatto si rifà ad una grande tradizione, quella del PCI. È vero che il PCI si basava sul Centralismo democratico (e quindi aveva una democrazia molto zoppicante), ma in quel partito la partecipazione alla vita politica e democratica era molto forte. Le sezioni avevano una reale penetrazione nella società, e in esse vi era partecipazione e dibattito. A parole riconosce che nella società, rispetto ai tempi del vecchio PCI vi sono stati grandi cambiamenti e che occorreva un soggetto nuovo, che tuttavia continuasse ad essere nutrito dalla cultura del socialismo.
A me queste argomentazioni mi sono sembrate molto velleitarie. la partecipazione della gente alla politica oggi avviene per altre vie, soprattutto quelle deteriore dello spettacolo TV.
La degenerazione personalistica della politica, che anche Mussi lamenta, ha un po’ le sue radici in questo fattore. E questo fattore è dovuto anche alla frantumazione degli interessi delle persone. Non esistono più masse con interessi convergenti, come poteva essere la classe operaia, o sotto un’altra visuale, quella contadina.
Dall’altra parte, alla parsimonia di Salvati, è corrisposta la logorrea di Bassolino, intrisa di retorica, con appelli a un grande partito nuovo, che non sarebbe la somma di DS e Margherita, ma un fattore di attrazione per i giovani, le nuove forze, che espanderebbe la partecipazione democratica, eccetera eccetera eccetera.
Gli interventi degli altri Diessini non ha dato contributi rilevanti, se non quello di cercare di convincere che il processo in atto è un processo democratico, aperto, inclusivo e non esclusivo, con la solita trafila di parole che fanno immaginare un grande entusiasmo per processi che ai livelli periferici sembrano entusiasmanti, ma che poi faranno i conti con la realtà dei poteri reali delle classi dirigenti.
Anche qui ci si illude di costruire una forza politica che possa mobilitare le persone alla discussione politica e alle scelte.
La politica, in questa frantumazione degli interessi perde sempre più potere di mobilitazione, mentre i reali poteri che regolano i ritmi evolutivi o involutivi della società risiedono altrove.
Marx direbbe che si costruisce una sovrastruttura senza tener conto della struttura.
Io credo che nella realtà il processo sarà quello della fusione delle due forze politiche, con distribuzione dei posti direttivi alle due classi dirigenti, forse con qualche concessione. Si costruirà una nuova forza che avrà soprattutto il compito di organizzare il consenso e, in tempo elettorale, di organizzare le elezioni. Magari anche le primarie.
In questo senso, al di là di ogni retorica, credo che la fusione dei due partiti sia indispensabile. Quello che temo è che la fusione sia solo apparente. Molti dei temi di valore, come quello della laicità dello stato, dei diritti civili, etc. saranno tali da tenere, anche nella nuova formazione politica, i blocchi contrapposti. E non è detto, come è già successo in altre occasioni di fusione di forze politiche, che si arrivi, in tempi non troppo lunghi a una nuova scissione, magari con qualche rimescolamento di carte.

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