Dichiarazioni di Al Maliki

Le affermazioni del premier iraqeno Al Maliki in merito all’impiccagione di Saddam Hussein e le critiche che diversi paesi, fra i quali il governo italiano, hanno rivolto all’esecuzione della condanna a morte.

Ecco alcune di questa affermazioni riprese dal Corriere della sera on line:

«È una questione di natura interna che riguarda soltanto gli iracheni».
«L’esecuzione del despota non è stata una decisione politica come affermano i nemici del popolo iracheno. Questa decisione è stata presa dopo un giusto processo che peraltro il dittatore non meritava»
«Vorrei ugualmente dire a proposito delle organizzazioni internazionali e di difesa dei diritti dell’uomo. Mi domando dov’erano quando sono stati commessi i crimini di Anfal, di Halabja, con armi chimiche, con esecuzioni di massa, fosse comuni… Questi crimini sono costati la vita a migliaia di iracheni e di cittadini dei paesi vicini. Perché non abbiamo sentito allora la voce di queste organizzazioni?»
«Potremmo vederci costretti a rivedere le nostre relazioni con tutti gli stati che non hanno rispettato la volontà del popolo iracheno» , «di alcuni governi» «sono stupefatto da tali reazioni che piangono la sorte di un despota».
«flagrante interferenza negli affari domestici dell’Iraq»

C’è da rimanere allibiti.
Anzitutto nessuno ha difeso Saddam Hussein, e le sue responsabilità in merito alle sanguinose repressioni sono state riconosciute da tutti. Tutti, singole persone, organizzazione umanitarie, governi etc. hanno convenuto la necessità di una condanna del despota.
Quello che si è criticato è il ricorso alla pena di morte, giudicata una barbarie che la storia recente dell’umanità ha messo sotto accusa.

Al Maliki inoltre, con queste dichiarazioni, sembra dimenticare alcune cose importanti:
1) Il processo a Saddam Hussein è avvenuto in presenza di un esercito straniero che è stato essenziale per il suo abbattimento; eventuali dubbi sulla sua “imparzialità” non sono così assurdi.
2) L’interferenza negli affari interni iraqeni da parte di altri Stati c’è stata ben prima che venissero manifestate le critiche all’esecuzione di Saddam. Diciamo che questa interferenza è iniziata con l’invasione dell’Iraq da parte dell’esercito americano assistito da eserciti di altri Stati, compresa l’Italia. È quindi ridicolo richiamarsi a quello che dovrebbe essere un diritto di ogni popolo, quando il governo attuale è nato proprio in seguito a una violazione reale di questo diritto.
3) Se la minaccia di Al Maliki di rivedere le relazioni diplomatiche con i paesi che, attraverso organi ufficiali della Stato hanno criticato l’esecuzione di Saddam Hussein, si riferisce in modo particolare all’Italia, occorre ricordare al signor Al Maliki che l’Italia, per consentire la sua elezione, era presente militarmente sul suolo iraqeno ed ha sacrificato la vita di 19 dei suoi uomini nell’attentato di Nassiriya.
4) Queste dichiarazioni di Al Maliki dimostrano sempre di più e sempre meglio quale sia stato l’errore di partecipare a una guerra che, ben lungi dal portare la democrazia in un popolo martoriato, non ha fatto altro che dimostrarsi sostegno di una parte politica che anelava (magari anche giustamente) a vendicarsi delle malefatte e dei crimini di Saddam Hussein e dalla fazione che ne sosteneva il potere. Cioè dire, l’intervento militare si è rivelato come un intervento attivo, nel contesto di una guerra civile, a favore di una delle parti.

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