ADRIANA LECOUVREUR alla Scala

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Premetto che avevo già visto quest’opera, proprio nella stessa messa in scena, agli Arcimboldi nel 2000. Allora il direttore fu Rizzi Brignoli. Oggi il direttore è Stefano Ranzani. Regista, scenografo, e costumista, ovviamente sono gli stessi nelle due occasioni, rispettivamente Lamberto Puggelli, Paolo Bregni e Luisa Spinatelli.Il cast comprende in entrambe le rappresentazioni Daniela Dessì come Adriana e Carlo Guelfi come Michonnet. Cambiati rispetto al 2000 sono gli interpreti del conte Maurizio (nel 2000 Sergej Larin, ora Fabio Armiliato) e della principessa Bouillon (nel 2000 Olga Borodina, ora Luciana D’Intino). Vedi le foto di scena della rappresentazione del 2000. L’avevo inoltre ascoltata nella diretta RAI da Napoli nel 2003.

Devo ammettere che non sono particolarmente affezionato a questa opera, che non mi ha emozionato nell’edizione del 2000, e tanto meno lo ha fatto in questa occasione.

Ma devo anche ammettere che, vista con animo razionale e critico questa opera è bellissima sia dal punto di vista drammaturgico che dal punto di vista musicale.

Il contenuto è di quelli che in genere considero affascinanti: il teatro nel teatro. La protagonista è una grande attrice della Comédie française e nel corso dell’opera si fa cenno alla rappresentazione del Bajazet di Racine e alla recitazione del monologo del Fedra, sempre di Racine. La costruzione drammaturgica è asciutta, svolta con grande unità di spazio e tempo; l’arcata, costruita con grande maestria nei primi due atti, ha il suo culmine alla fine del terzo con la recitazione del monologo del Fedra da parte di Adriana, e il tragico epilogo nel quarto.

La musica rispecchia, secondo me in modo esemplare, l’unitarietà drammaturgica, con un uso molto sapiente dei temi che si distribuiscono nel corso della vicenda. Si pensi, tanto per citare alcuni momenti salienti, ad arie come “Io sono l’umile ancella” o “La dolcissima effige”, o ancora il duetto Adriana-Principessa alla fine del secondo atto che, da un approccio quasi amichevole fra le due, porta all’odio feroce distruttivo con il quale si concluderà l’opera, o la musica del balletto o l’aria del quarto atto “poveri fiori”.

La rappresentazione.

La scena è praticamente la stessa nei quattro atti. Uno spazio delimitato da colonne ed archi anteriormente, mentre sul fondo si definisce uno spazio aggiuntivo formato da specchi e proiezioni. Gli ambienti che la scena deve ricostruire nei diversi atti sono per lo più caratterizzati da alcuni arredi mobili e soprattutto dai costumi dei cantanti. Anche lo spazio aggiuntivo creato nella parte posteriore della scena contribuisce. Così, ad esempio nel primo atto, questo spazio, attraverso la proiezione di una parete di palchi, configura l’immagine del teatro dove avviene la recitazione del Bajazet; nel secondo atto configura il giardino della villa dove avviene l’incontro fra il Duca e la principessa e poi lo scontro fra la Principessa e Adriana; nel quarto atto la camera da letto di Adriana, eccetera.

I costumi sono molto belli, tutti in perfetto stile settecentesco, più eleganti ed elaborati quelli dei personaggi nobili (il conte, il principe etc,) più semplici quelli dei borghesi.

La regia si è dimostrata perfettamente coerente con la drammaturgia. Alcune annotazioni possono rendere l’idea. L’ingresso in scena di Adriana avviene una volta sola per atto, poco dopo l’inizio. Ogni volta il suo ingresso viene sottolineato dalla presenza di un sipario che si apre: chiaro riferimento al ruolo di grande attrice di Adriana. Nel terzo atto, quando si costruisce ed esplode lo scontro fra le due rivali, Adriana e la principessa, le due donne fanno movimenti simmetrici, scandendo anche visivamente, il rituale delle accuse reciproche.

La direzione orchestrale mi è sembrata adeguata, ma, forse proprio per la mia non particolare simpatia per l’opera, non mi ha particolarmente emozionato. I cantanti, a mio avviso hanno interpretato la loro parte in modo quasi accettabile: Fabio Armiliato ha un timbro vocale bello, ma la sua immedesimazione nel personaggio non è convincente, i suoi movimenti sono rozzi, scontati, a volte addirittura impacciati; il canto è monocorde, senza una particolare ricchezza e varietà di inflessioni. La Dessì mi ha convinto meno di quando l’ho sentita nel 2000. La sua immedesimazione nel personaggio è stata molto buona, ma il timbro vocale mi è sembrato più aspro, meno brillante di quanto ricordassi. Molto buona la D’Intino: ottima grinta quale deve essere nel personaggio della principessa, e voce di bel timbro brunito. Sulla interpretazione di Carlo Guelfi è invece meglio non fare commenti.

In conclusione: rappresentazione di livello decente, ma per quanto io possa ricordare, non sicuramente tale da giustificare una ripresa a distanza di 7 anni. Comunque gli applausi sono stati calorosi, soprattutto all’indirizzo delle due donne.

Vedi foto di scena

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