Hanefi e l’ambasciatore afgano

Dal Corriere della sera on-line riporto queste paragrafo sulle dichiarazioni dell’ambasciatore Afghano

PROVE CONTRO HANEFI – Secondo quanto ha affermato l’ambasciatore afghano in Italia alla delegazione di Emergency «il governo afghano aveva il dovere di arrestare Hanefi proprio perchè le prove contro di lui ci sono e sono credibili». Teresa Strada, moglie del fondatore di Emergency, a queste parole ha ribattuto secca che «le prove sono state fabbricate ad arte», mentre l’ambasciatore ha sottolineato che questo nell’Afghanistan di oggi non poteva certo accadere. In conclusione il rappresentante diplomatico afghano ha consigliato alla delegazione di portare la propria protesta contro i talebani e certo non davanti alla rappresentanza diplomatica ufficiale afghana quindi, sostenendo che l’Afghanistan è un paese che sta facendo grandi sforzi per affermare la democrazia ha chiesto l’invio di più truppe italiane in Afghanistan proprio per sostenere questo processo di democratizzazione.

È incredibile. L’ambasciatore parla (a chi? alla delegazione di Emergency? o in altra occasione?) di processo di democratizzazione in atto nel suo paese, chiede all’Italia l’invio di più truppe per sostenere questo processo, e non dice una sola parola per chiarire perché un cittadino, sia pure un cittadino afghano, ma che era un operatore di spicco e di straordinaria importanza in una organizzazione non governativa italiana verso la quale l’ambasciatore si è prodigato in ringraziamenti, perché, dico, questo cittadino sia detenuto senza un capo d’accusa, senza che abbia la minima possibilità di difendersi, di contattare, che so, un suo avvocato o anche persone in grado di, eventualmente, scagionarlo.
L’affermazione “le prove contro di lui ci sono e sono credibili” la può proferire qualunque governo dittatoriale se queste prove non si riferiscono ad una precisa accusa, e se l’accusato non ha alcuna possibilità di contestarle e di appellarsi ad un procedimento equo e trasparente.
Quindi dove sta il processo di democratizzazione al quale l’ambasciatore si appella?
Che differenza c’è fra un governo che imprigiona in modo del tutto arbitrario, e già condanna (“le prove ci sono e sono credibili”) senza processo, e i Talebani che fanno più o meno la stessa cosa (l’uccisione dell’autista di Mastrogiacomo è stata la condanna conseguente all’accusa – naturalmente non provata – di essere una spia.)

E cosa dice il governo italiano di queste aberranti affermazioni? Non sarebbe opportuno un richiamo fermo a rispettare gli obiettivi per i quali i nostri soldati sono in Afganistan, anche a rischio della loro vita? Cioè la famosa “democratizzazione”, che occorre ricordarlo, non è limitata al rito delle elezioni generali, ma comporta la indipendenza dei poteri pubblici, il rispetto dei diritti umani, eccetera eccetera
E poi, non è forse vero che l’Italia ha contribuito con investimenti molto rilevanti alla ricostruzione del sistema giudiziario Afghano? Potere giudiziario che avrebbe ogni dovere di intervenire nella vicenda ristabilendo la legalità e che invece sembra non esistere affatto.

Che vergogna!!!

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