L’ULTIMA NOTTE BIANCA, di Alessandro Perissinotto

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Alessandro Perissinotto è uno scrittore dalla penna leggera e che sa attrarre l’attenzione del lettore con trame semplici ma ricche di spunti. Si tratta per lo più di romanzi a sfondo giallo, se non gialli propriamente detti: La canzone di Colombano, Treno 8017, Al mio giudice, Una piccola storia ignobile e quest’ultimo, L’ultima notte bianca.
Gli ultimi due libri sono un po’ le avventure investigative di Anna Pavesi, psicologa che per ragioni diverse è costretta ad improvvisarsi investigatrice ed entrare così, almeno in questa due storie, in misteri che la sua intelligenza, la sua semplicità, le sue conoscenze da psicologa, le consentono di risolvere. Il tutto, lontano e al di fuori dai canali investigativi ufficiali o paraufficiali.

Devo dire, comunque, che mentre i quattro primi romanzi mi sono piaciuti e mi hanno divertito, quest’ultimo mi è sembrato molto artificioso e, alla fine, deludente.
L’ambiente è scelto bene: una Torino durante le Olimpiadi invernali, una comunità di volontariato per aiutare i drogati: non per strapparli alla droga (impresa quasi impossibile e che spetta ad altre istituzioni) ma più umilmente, e più concretamente, per cercare di ridurre il loro rischio di morte con piccole iniziative ma decisamente indispensabili: fornire loro siringhe pulite, preservativi, intervenire con farmaci appropriati in caso di overdose, dare qualsiasi forma di assistenza sia concretamente possibile dare, senza pretendere di salvare nessuno. eccetera. E per far questo, vengono attrezzati camper appositi da sistemare durante le notti nei luoghi più esposti e frequentati, e abitati da personale disponibile e coraggioso.
Nel romanzo si immagina che una di questi angeli notturni, Germana, uscita un attimo dal camper per un provvedimento di ordinaria amministrazione, non fa ritorno. È scomparsa. Anna Pavesi viene interessata, e comincia le indagini fra l’incredulità e il disprezzo dei volontari della comunità. La polizia non sa nulla. La scomparsa di Germana sembra non interessare nessuno. Tracce del suo passaggio sono flebili e spesso inattendibili. Durante le ricerche Anna incontra drogati di varia natura che sembrano essere stati amici della donna, o comunque venuti a contatto con lei. I loro racconti tuttavia sono pieni di reticenze e spesso di vere e proprie menzogne. Ma proprio attraverso l’analisi delle menzogne (ecco la professione di psicologa che emerge) alla fine Anna risolverà il mistero.
Quello che nel libro non funziona è l’intrigo. Si tratta di una storia molto aggrovigliata, che coinvolge molte persone che saltano fuori man mano che si procede nella lettura. Non ci sono elementi che, attraverso un quadro ben definito posto all’inizio, sollecitino il lettore a farsi delle ipotesi, naturalmente sbagliate, ma congruenti. Il tutto mi sembra sostanzialmente molto artefatto.
Quello che invece c’è di bello è la protagonista: come nel romanzo precedente ci appare come una donna vera, con i suoi problemi, il suo vivere in mezzo alla gente, la sua vita sentimentale, un po’ fallita e un po’ ripresa alla meglio.
Rimane una domanda da farsi: Perissinotto sta esaurendo la sua fertile e attraente inventiva? Sta diventando un nuovo Faletti? Con la carenza di veri scrittori che c’è in questo periodo, c’è da sperare di no.

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