LA MODISTA, di Andrea Vitali

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Nel sottotitolo fa “Un romanzo con guardia e ladri” e ci introduce in un’atmosfera (ma non troppo seria) da romanzo giallo. E gli ingredienti ci sono: una guardia (notturna, Firmato Bicicli) che all’inizio del romanzo per festeggiare il suo compleanno si lascia trascinare, un bicchierino dopo l’altro, ad uno stato di ubriachezza comatosa per cui deve essere portato a casa di peso e che per questa sbronza non si accorge di un furto con scasso nell’edificio del municipio (ma non risulterà rubato nulla); un maresciallo dei carabinieri (Accadi), che preoccupato da altre cose (una fognatura delle caserma che non funziona bene e ammorba la sua abitazione di odore di merda) delega all’appuntato (Marinara) di svolgere le indagini; un sindaco che cerca di capire, senza riuscirci perché ha la passione per la caccia e ha premura di correre a prendere a fucilate un passaggio di tordi; insomma da questo inizio a tinte gialle, l’autore ci accompagna all’interno di una paese sul lago di Como, Bellano, e ci fa conoscere una galleria di personaggi, tutti con i loro problemi, tutti con i loro piccoli misteri, tutti con la loro umanità. E il romanzo insegue le loro storie, che sono le nostre storie quotidiane, che si intrecciano disegnando il ritratto di una comunità di paese, forse ancora un po’ naive (siamo negli anni Cinquanta), ma pur sempre con le sue astuzie, con le sue protervie, con le sue miserie, ma tuttosommato, con varia ma vera umanità.

Così conosciamo Anna Montani, sposata ad un soldato partito per la campagna di Russia e del quale non si sa più nulla, e che si dà da fare per cercare di conquistare lo stato di vedova, per potersi nuovamente sposare e rifarsi una vita come “signora”; e la conosciamo nei suoi tentativi, consapevole della sua bellezza sensuale capace di far girare la testa agli uomini. E così, in attesa della sospirata libertà, si lega a un borsaro nero, Romeo Gargassa al quale riesce a strappare un piccolo negozio di stoffe e merce affine; poi, andato a male questo tentativo, non fa che guardarsi attorno per vedere uomini che la concupiscono: dal maresciallo Accadi, siciliano dal sangue bollente, a Eugenio Pochezza, giovane tenuto al guinzaglio da una madre ricca e molto autoritaria, la signora Eutrice, tuttavia di salute cagionevole, alla guardia notturna Bicicli. E con tutti fa tentativi destinati al fallimento, magari cercando di usare qualche furbizia, che tuttavia non funziona.
E così conosciamo il detto Eugenio Pochezza, giovane viziato, cronista a tempo perso per il quotidiano locale, tenuto sotto controllo dalla madre della quale cerca di liberarsi durante la notte per i suoi incontri amorosi con la Montani somministrandole sonnifero. Una notte la madre, per un peggioramento delle sue condizioni tira le cuoia ed Eugenio viene sommerso da un rimorso pensando che il sonnifero, somministrato in dosi sempre maggiori, possa essere stato la causa del decesso. Così, anziché godere della libertà ottenuta e dei molti soldi dell’eredità, e sposarsi la modista, interrompe il rapporto amoroso e fugge in luogo solitario per cercare di rifarsi una vita.
E conosceremo meglio anche il Maresciallo Accadi, che, attratto in modo tumultuoso dal sex appeal della modista, trascura i suoi doveri di comandante della caserme per dedicarsi al problema della vedovanza della bella, sperando così di ottenerne i favori. Ma anche qui le cose non funzionano. In extremis il maresciallo si accorge di una trappola che la donna gli tende per farsi sposare, e la schiva, non senza tuttavia trovarsi a rischio di essere trasferito in Sardegna, il terrore di ogni carabiniere, da un capitano arrabbiato per lo scarso rendimento della sua stazione. Infatti i ladri responsabili dello scasso in municipio non sono stati individuati, e ancor meno vengono individuati i ladri di un altro furto, in casa di un ricco imprenditore del luogo.
Ma questo non è del tutto vero. I ladri sono stati individuati dalle indagini accurate, ma sottovalutate dal maresciallo, dell’appuntato Marinara. Sono tre balordi, fra i quali il Picchio, ma l’appuntato, conoscendone la povertà e pensando tuttosommato ad una possibilità di ricupero non li denuncia.
E conosceremo l’appuntato Marinara, il personaggio più positivo del libro, al quale vanno le simpatie dello scrittore: comprensivo e umano nei confronti dei giovani traviati, ma anche consapevole della ottusità del maresciallo, suo superiore, e attento, ovviamente senza parere, a coprirne le stupidaggini e a cercare di aiutarlo nelle diverse difficoltà che la sua stupidità gli procura.
Le vicende si complicheranno sempre di più, con l’intervento di altri personaggi, come Ersilia, la figlia della cuoca che accudiva il Pochezza, di grande bellezza ma del tutto insignificante come donna; la farmacista che nasconde un segreto che la rende scorbutica e timorosa; la sorella della farmacista, personaggio apparentemente sullo sfondo, ma protagonista del colpo di scena finale; e Intraken, individuo di fiducia della farmacista, ma dal passato (e forse anche dal presente) losco; il segretario comunale, persona pavida e pronta ad inchinarsi al potente; il messo comunale, null’altro che un’ombra che corre avanti e indietro a chiamare la gente per ordine del sindaco; e poi gli amici del bar, dove si gioca a carte, si fanno pettegolezzi, si sfotte la gente.

Il romanzo scorre via piacevole e leggero, la lettura diverte, Vitali è uno scrittore che sa raccontare, evita le eccessive descrizioni ambientali che appesantiscono le vicende, adotta un linguaggio diretto con qualche concessione, quando la vicenda lo richiede, al linguaggio parlato; sottolinea con un’ironia leggera, che un po’ ricorda addirittura il Manzoni, le debolezze di alcuni personaggi: penso, tanto per fare un esempio, alla vicina di casa di Bicicli che, per risolvere la sbornia dell’uomo, sentenzia che ci vuole la Calcitonina, e manda il messo comunale alla farmacia per comprarla, con già in mano siringa e ago pregustando il piacere di fare un’iniezione.

L’unica cosa che mi è sembrata un po’ affrettata e poco convincente è stato il finale. Vitali non si risparmia un ghiotto colpo di scena, ma per costruire il colpo di scena deve ingarbugliare la vicenda in modo un po’ eccessivo (siamo alla fine, gli ingredienti dovrebbero già esserci tutti) per poi sciogliere l’inghippo in modo forse un po’ zoppicante.
Ma, si sa, le conclusioni sono sempre le parti più difficili.

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