Fascismo strisciante?

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Come interpretare gli eventi che in questi giorni debordano da TV, stampa, internet e da tutti i mezzi di comunicazione?
Il sondaggio recentemente riferito da Mannheimer parla chiaro. I consensi per Berlusconi e il suo governo stanno aumentando. Viene riportata, come paradigmatica dell’opinione corrente, la frase di un intervistato: «se Berlusconi fa una politica che mi aggrada per i temi economici e quelli della sicurezza, faccia pure tutto quello che vuole per difendersi dai giudici. La cosa non mi riguarda.»

Ecco il terreno fertile sul quale sta mettendo le radici una nuova forma di fascismo. Qualcuno direbbe che questo è un “fascismo democratico” perché voluto dalla maggioranza. Sì, ma sempre fascismo è. E il fascismo, come primo atto deve adempiere a due compiti. Il primo è quello di neutralizzare la magistratura, il potere indipendente che è alla base della democrazia e che impedisce gli abusi dell’esecutivo; il secondo è quello di assicurarsi l’alleanza del potere dei mezzi di informazione, oggi non più indipendenti ma in mano a feudatari dell’economia che hanno interessi precisi, ai quali piegano in modo più o meno plateale i loro strumenti.

In questi giorni assistiamo a questo doppio assalto.

1) Da una parte l’assalto alla magistratura si concentra su tre provvedimenti decisivi perché l’amministrazione della giustizia risponda, anziché per quanto possibile proprio al criterio di giustizia inscritto nella costituzione, agli interesse primi del regime e di colui che ne è l’ispiratore.

Il blocco dei processi per reati minori commessi prima del 2002. È inutile ricordare come sia sconvolgente un provvedimento che di fatto lascerebbe impuniti responsabili di reati gravissimi. L’elenco di questi reati è noto. Il problema è che gli organi di informazione danno pari dignità alla critiche che denunciano questo vero e proprio abuso, e alle motivazioni (ovviamente quelle che si possono dire) che hanno dettato il provvedimento, secondo le quali, data la lentezza delle giustizia, sospendendo i processi minori si potrebbe accelerare quelli per reati maggiori raggiungendo finalmente l’erogazione delle pene.
Io non so se chi porta motivazioni di questo genere non si senta arrossire fin dal profondo. Primo, perché questa legge viene inserita nel pacchetto sicurezza (laddove renderebbe impuniti proprio gli autori della maggiore delle insicurezze percepite, quella della microcriminalità); secondo, perché questo provvedimento è chiaramente ispirato al fatto che il presidente del Consiglio (ma potemmo definirlo meglio “il capo”) è sotto processo e il provvedimento eviterebbe che si pervenisse a una condanna.

La sospensione dei processi per le quattro più alte cariche dello stato. Anche in questo caso l’obiettivo, vista la contemporaneità con la legge precedente, non può essere che garantire l’improcessabilità del capo.
I difensori di questo provvedimento, ossia i vari deputati del Pdl e vicini, affermano che un premier sottoprocesso, magari innocente, finirebbe per non avere più la lucidità necessaria per svolgere la sua alta funzione. E portano come esempi, altri stati europei fra cui la Francia. In realtà si scopre che gli stati che hanno un provvedimento del genere sono solo Grecia e Portogallo,e che in Francia la legge è prevista solo per il Presidente della Repubblica. In tutti gli altri stati democratici questa impunità non c’è. Anzi, in USA Clinton, il Presidente, è stato sottoposto a processo per impeachement per banalissimi problemi sessuali, e non per reati gravi come corruzione di testimoni e di magistrati come è nel caso di Berlusconi (questi sì, incompatibili con la onestà necessaria che si presume debba avere chi governa lo Stato).

Il provvedimento sulle intercettazioni giudiziarie. Anche qui lo scandalo enorme di violazione della “privacy” cui darebbero luogo è tutto incentrato sulle intercettazioni delle telefonate del Cavaliere. Il decreto è urgentissimo, perché si sa che ci sono intercettazioni compromettenti non ancora pubblicate che potrebbero nuocere alla immagine del capo.
Intercettazione e privacy sono due termini certamente conflittuali. Non entro nel problema, che comunque c’è e andrebbe risolto. Quello che mi preme sottolineare che il problema della privacy che oggi viene agitato riguarda pochissime persone, tutte di per sé esposte alla ribalta mediatica per la loro funzione pubblica o para-pubblica. Non riguarda certamente le persone della vita comune, quella di tutti i giorni. Dove sta l’urgenza? La risposta è chiara.

Si può quindi dire senza tema di smentita che questi tre provvedimenti, al di là di una loro eventuale utilità e necessità, che qualcuno potrebbe ritenere esistente, vengono comunque proposte da un governo il cui Presidente ne trarrebbe un vantaggio personale. Questo di per sé è un grave vulnus alla giustizia e alla correttezza amministrativa e di governo, che richiederebbe che le proposte di legge da parte dell’Esecutivo dovrebbero essere neutrali, cioè disinteressate.

2) Il potere dei mezzi di informazione. Non solo il “capo” è proprietario di tre reti TV, della quali una illegale, è proprietario (anche se indiretto) di diversi giornali, e ha comunicazioni dirette con la RAI.
Ma il vero problema sono i giornalisti, anche quelli della carta stampata. Oggi sembra essere più importante l’enfatizzazione del “tono“ delle polemiche che non l’approfondimento del loro contenuto.
Grandi plausi a Veltroni quando ha accennato alla possibilità di un dialogo non conflittuale con la maggioranza (dimenticando che nei due anni del Governo Prodi la costante di Berlusconi è stata la famosa “spallata”). I plausi sono bruscamente diminuiti quando Veltroni e il PD hanno (finalmente!!) alzato la testa contro le leggi sulla giustizia. Veltroni viene citato molto meno, e alla ribalta sale Di Pietro, del quale si discute il linguaggio usato, ma si ignorano i contenuti che quel linguaggio vuole esprimere.
Vi sono esempi a iosa. Mi viene in mente ad esempio quello della puntata di Santoro, in cui Travaglio criticava la persona di Schifani come non degna di sedere sulla poltrona della seconda carioca della stato, visti i suoi precedenti rapporti con persone dimostratesi poi appartenenti a Cosa Nostra. Nessuno ha approfondito il problema, ma tutti si sono gettati a criticare gli insulti con i quali Travaglio avrebbe gratificato il presidente del senato, che, comunque, è ancora lì, indipendentemente dai rapporti che ha avuto nel passato, sui quali nessuna chiarezza è stata fatta, almeno pubblicamente.
Ma episodi di questo genere che ne sono tanti altri, come ad esempio l’etichettatura di “banda dei quattro” a Santoro, Travaglio, Grillo e Di Pietro, colpevoli di demonizzare le malefatte del capo e dei suoi accoliti. Una volta demonizzati essi stessi, si può quindi evitare di approfondire le loro accuse, le loro osservazioni, di farne parte la popolazione italiana.
La stampa ha raggiunto in questi giorni proprio l’apogeo del suo servilismo. Il “no cav day” è stata un’importante manifestazione contro lo strisciante fascismo del quale siamo testimoni. Ma quello che è emerso, e che viene sottolineato e ribattuto nelle interviste sono le intemperanze verbali di alcuni degli oratori. Perché le leggi sulla giustizia, se venissero ampiamente discusse potrebbero nuocere al cavaliere (almeno si può sperare!), ma le intemperanze verbali fanno passare per vittima lui e per estremisti, radicali, persone disprezzabili e quindi inattendibili quelli che l’accusano.
Insomma, secondo i mezzi di informazione, anche quelli cosiddetti indipendenti, gli oppositori del regime più che oppositori vengono dipinti come sabotatori.

E non è questa la strada che conduce al fascismo?

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