VITE NUOVE, di Ingo Schulze

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Libro non facile. Si tratta di un romanzo epistolare in cui il protagonista, Enrico Türmer racconta le vicende della sua vita a tre persone: la sorella Vera, l’amico d’infanzia Johann Ziehlke e Nicoletta Hansen una donna un po’ misteriosa che nelle vicende non compare mai.
Le vicende sono di estremo interesse. Schulze, attraverso le lettere di Türmer, ci pone davanti al modo di vivere e di sentire dei tedeschi nella Ddr sotto l’oppressivo regime comunista e alla loro reazione quando nel novembre del 1989 il muro è caduto.

La struttura del libro è piuttosto complessa: le lettere a Vera e a Jo si riferiscono a fatti dell’attualità del 1990, cioè dopo la caduta del muro: la fondazione di un giornale settimanale legato al Neues Forum; le prime elezioni politiche libere dopo il collasso del regime comunista; l’introduzione del marco “occidentale” al posto di quello “orientale”; l’ingresso dirompente in una struttura statale di superprotezione di un capitalismo sempre più aggressivo, etc. Le lettere a Nicoletta invece raccontano la vita di Enrico a partire dalla sua giovinezza: i suoi studi, i suoi incontri amorosi, il richiamo nell’esercito, i tentativi di indottrinamento da parte dell’ufficialità, l’ambizione a diventare scrittore, il suo coinvolgimento, non poco equivoco, nel Neues Forum e nelle manifestazioni di piazza, la repressione, etc.
Lettere di attualità e lettere di storia formano una specie di gioco degli specchi che all’inizio rendono la lettura piuttosto faticosa, ma che hanno il pregio di mantenere viva l’attenzione del lettore su un’evoluzione che, attraverso vicende private, quelle di Enrico appunto, ci fa comprendere la realtà della vita nella Ddr, che la pubblicistica occidentale ci ha fatto conoscere in modo superficiale e spesso con intenti solo propagandistici in stile “guerra fredda”.

Negli anni Settanta e Ottanta, la vita quotidiana nella Ddr aveva raggiunto uno stadio organizzativo abbastanza avanzato. Tuttavia l’Ovest rappresentava un mito. L’Ovest era la patria dei diritti umani. All’Ovest si godeva di una libertà impensabile all’Est, e soprattutto i valori della vita quotidiana rispondevano meglio alle esigenze dell’uomo. Le merci che provenivano dall’occidente erano pregiate, qualche cosa di prezioso, qualitativamente molto superiori agli stessi oggetti che si trovavano nei negozi dell’Est. Addirittura si diceva che le merci dell’Ovest erano toppo care per essere acquistate, e le si potevano avere solo se qualcuno le regalava. La possibilità di abitare all’Ovest era un’aspirazione diffusa, perché, fra l’altro, poteva offrire una maggior libertà di movimento e soprattutto la possibilità di viaggiare; come meta dei viaggi veniva indicata soprattutto l’Italia e la possibilità di raggiungere il mare Mediterraneo, cosa preclusa agli abitanti della Ddr.
La propaganda ufficiale sottolineava l’imperialismo come valore fondante della Germania dell’Ovest, e giustificava il servizio militare come strumento di difesa dalle velleità aggressive della Germania federale. L’oppressione era avvertita dalla gente come incremento della burocrazia, a volte formulazione di ricatti nei confronti di chi frequentava gli studi; stipendi e salari piuttosto bassi consentivano un tenore di vita molto modesto; ma dall’altra parte vi erano sistemi di sicurezza di buon livello, come il presalario agli studenti universitari, la garanzia del posto di lavoro, il diritto alla casa per chi lavorava, etc. Il desiderio di emigrare illegalmente all’Ovest non era molto diffuso, nel senso che, comunque, una forma di vita organizzata esisteva anche nella Ddr e molti non avevano alcuna volontà di abbandonarla.

La caduta del muro, nel novembre dell’89 (la data tradizionale è il 9 novembre, tuttavia nelle lettere di Enrico non viene mai citata) è stata preceduta da grosse manifestazioni di massa, la prima delle quali è avvenuta a Lipsia, ma che successivamente, organizzate dal Neues Forum, un’associazione civica per la conquista dei diritti civili, si sono estese anche nella altre città. La pressione popolare è stata tale da stroncare ogni forma repressiva messa in atto dal regime. Enrico partecipa (e nelle lettere descrive gli eventi) al movimento e viene calorosamente applaudito in un suo discorso in una chiesa, dove con calore risveglia gli animi contro l’oppressione e le atrocità del comunismo, nazionale e internazionale. Ma la sua partecipazione rivela un sottofondo di ambiguità.
Da una parte Enrico era alla ricerca di una notorietà nell’ambito della sua società, e ciò poteva realizzarsi nella “carriera” di scrittore. Scrivere, per lui era un modo di denunciare le contraddizioni del mondo in cui viveva, per esempio, le assurdità del servizio militare, la violazione dei diritti civili, etc. La parola era uno strumento di partecipazione che i contrasti fra le due Germanie rendevano reale.
La caduta del muro, permette una comunicazione non più aleatoria fra le due Germanie. All’inizio questo si manifesta in uno stato d’animo di euforia, e prima o poi tutti si tolgono la soddisfazione finalmente di un viaggio libero all’Ovest. Ma la caduta del muro, tuttavia, finiva per togliere una grossa fetta di significato alla carriera di scrittore. Enrico scrive testualmente a Nicoletta: “Che cosa potevo fare io, uno scrittore, senza Muro?”
Enrico quindi rinuncia a una carriera che sembra non avere più alcun sbocco, e cerca di usare nuovamente la parola per contribuire a costruire nell’Est quella società così ammirata nell’Ovest. Decide assieme ad altri, di fondare un giornale, un settimanale di orientamento politico, che ricuperasse le elaborazioni del Neues Forum e le proponesse alla società. Ma questa via sembra di difficile percorrenza. Il Neues Forum nasce sulle contraddizioni fra le due Germanie, e porta alla loro esplosione. Ma oltre non va, né può andare. La Germania dell’Ovest proporrà senza intermediari la propria struttura di società, esportando i partiti che la governano. Le prime elezioni libere nella Germania dell’est vedranno la sconfitta del Neues Forum, e il trionfo della CDU. Il marco occidentale diventerà la moneta della Germania dell’est con il contemporaneo collasso della sua economia, la cessazione del regime di protezione sociale, l’introduzione del principio di competizione e di concorrenza. Molta gente finirà di trovarsi disoccupata, o addirittura sul lastrico.
“Noi, l’Est – fa dire Enrico al marito della sorella – saremmo stati i garanti del volto umano del capitalismo dell’Ovest. Ha aggiunto che tutto è finito, che me ne sarei reso conto e avrei ripensato alle sue parole quando lo stato e i cittadini non avrebbero contato più niente a differenza dell’economia e del consumatore, dovendo pagare la scuola materna e l’Università, anzi forse perfino a propria morte”.

Enrico si trova davanti a un grosso dilemma. Il giornale non garantisce un reddito sufficiente. Le vendite sono modeste, e gran parte degli introiti sono dovuti più alle inserzioni che agli articoli di orientamento politico.
Occorre una svolta importante. E questa svolta viene suggerita da un personaggio stranissimo, una specie di Mefistofele, Clemens von Barrista, che, interpretando correttamente le ragioni del capitalismo che dalla Germania dell’Ovest sta tracimando nella Germania dell’Est, indica la strada senza incertezze che deve essere seguita.
Ora le parole perdono via via il loro significato magico di creatrici della realtà, e vengono sostituite da altri valori: Barrista sena mezzi termini per indicare la strada giusta a Enrico, davanti ai suoi dubbi su come dovrebbe essere un giornale che sta morendo di asfissia, gli pone la domanda essenziale: Vuoi diventare ricco o no?
La svolta consisterà nel trasformare il giornale da organo di informazione e formazione in strumento pubblicitario, e quindi nella sua conversione da giornalista e imprenditore.
L’unificazione della Germania è alle porte. L’Est ormai è scomparso, la guerra fredda, che in grande misura è stata alimentata dal conflitto fra le due Germanie, è agli sgoccioli. La conseguenza diretta e tragica si riverserà sulla scomparsa delle società del volto umano che l’Ovest aveva offerto. Nulla più, ormai è d’ostacolo, al dilagare del capitalismo non come simbolo di libertà, ma come strumento di sopraffazione.

Ascolta l’intervista a Ingo Schulze su Radio3 Fahrenheit.

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Ingo Schulz è uno dei giovani scrittori più considerati. È nato a Dresda nel 1962, quindi in pieno regime comunista.
Egli stesso ha confessato di aver dovuto attendere oltre dieci anni prima di poter affrontare un argomento così delicato come quello della divisione e poi della riunificazione delle due Germanie.
La sua delusione, più che la scomparsa dell’Est, è stata la constatazione della scomparsa dell’Ovest, cioè del mito che aveva tenuta desta la speranza degli abitanti dell’Est.

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