TEMPERAMENTO, di Stuart Isacoff

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In genere coloro, come me, che non conoscono la musica a livello professionale, ma solo come appassionati ascoltatori, sono naturalmente convinti che la scala musicale sia divisa in dodici semitoni a uguale distanza fra loro, che nel pianoforte sono rappresentati nella successione dei tasti bianchi e neri.
Il libro di Stuart Isacoff mette il lettore davanti a problemi relativi all’intonazione, che non sono così semplici come la successione dei tasti di un pianoforte sembrerebbe indicare. Infatti il titolo del libro è Temperamento, e il sottotitolo, Storia di un enigma musicale.

Dove sta il problema. Esso deriva dallo stretto rapporto che c’è fra la musica, cioè fra le note come vengono generate, e la matematica. Questo rapporto è alla base della gradevolezza o meno del suono: l’orecchio umano gradisce i suoni consonanti, che definisce armonici, e rifiuta come sgradevoli i suoni che non abbiano questa caratteristica.
Si è constatato che suoni armonici nascono dalla vibrazione di corde con lunghezze, a parità di tensione, uguali a 2:1, 3:2 e 4:3, definite come ottave, quinte e quarte; nella scala musicale sono rappresentate da do, sol, e fa.
Queste relazioni fra numeri e suoni erano note già ai tempi di Pitagora, e le relazioni di ottava, quinta e quarta venivano indicate come relazioni naturali, cioè facenti parte dell’ordine naturale della cose. Le altre relazioni, dando origine a suoni discordanti sgradevoli, erano considerate fuori dall’ordine naturale.
Fin qui, nulla di strano, anzi. La stranezza, e quindi l’esistenza del problema, nasceva dal fatto che se si costruivano scale musicali con il sistema di individuare le note attraverso le relazioni di quarta e quinta, le perfette armonie finivano per guastarsi e dar luogo a suoni discordanti non più accettabili. Se nel costruire la scala si ottenevano suoni consonanti negli intervalli di quinta, diventavano dissonanti le ottave, e viceversa. Da un punto di vista matematico la spiegazione del fenomeno era basata sul fatto che mentre le ottave erano costruite su multipli di 2, le quinte erano costruite su multipli di 3. Essendo 2 e 3 numeri primi, essi non possono avere multipli in comune.

Un progresso, non tanto nella soluzione dei rapporti armonici fra le note, quanto nell’apprezzamento di nuove consonanze è stato ottenuto con l’introduzione degli intervalli di terza maggiore (rapporto 5:4) e di terza minore (rapporto 6:5). Pitagora non poteva ammettere intervalli diversi da ottava quarta e quinta, poiché la somma dei primi quattro numeri (quelli appunto su cui si basano i relativi rapporti numerici che danno origine alle note) è 10, che era considerato il numero perfetto. L’introduzione degli intervalli di terza scardinava questa certezza, e introduceva delle consonanze che, non più perfette, astratte, pure come quelle di quinta e di ottava, riuscivano invece a dar voce a sentimenti più umani: gioia, tristezza, ecc. Isacoff, che sviluppa il suo libro cercando di mettere in relazione le teorie musicologiche con gli eventi sia scientifici che artistici contemporanei, osserva la presenza di un rapporto particolare fra lo sviluppo dell’arte dei suoni e lo sviluppo della pittura. In particolare l’attenzione viene posta sulla pittura di Giotto, il quale, a differenza dei suoi predecessori più portati a dipingere espressioni sublimi nei volti dei loro personaggi, si sforzava di ritrarre espressioni che raffigurassero sentimenti umani. Cioè, afferma Isacoff, sia la musica, con gli intervalli di terza, sia la pittura con le intuizioni di Giotto, hanno avvicinato l’arte alla natura di chi la crea e di chi la fruisce: l’uomo.
Tuttavia, nonostante il progresso raggiunto, il problema delle dissonanze non veniva per questo superato.
Rimaneva il problema dell’accordatura degli strumenti a tastiera, in modo che su di essi si potesse suonare senza incappare nelle arcinote dissonanze. Anzi, con l’introduzione dell’intervallo di terza il problema si era ulteriormente aggravato.

Nasce così il problema del temperamento, cioè della possibilità mediante piccole alterazioni, di rendere compatibile la consonanza di quinta con la consonanza di ottava o di terza.
In sostanza il temperamento consisteva in una correzione, sia pur minima, degli intervalli considerati naturali, per favorire la possibilità di evitare stridenti dissonanze in determinati intervalli, quando l’accordatura favoriva le assonanze in altri.
In questo senso Isacoff individua nuovamente un parallelismo dell’arte musicale con la pittura. Fra i pittori del rinascimento italiano (XV e XVI secolo) si osserva che la conservazione delle proporzioni naturali nella rappresentazione di un soggetto, per esempio del corpo umano, in realtà nell’osservatore si trasforma in una sproporzione. Nella valutazione delle proporzioni di soggetti che devono essere dipinti occorre prendere in considerazione il punto di vista dal quale l’osservatore vede il quadro, e correggere opportunamente le proporzioni naturali. Nasce così il principio della prospettiva, che ha portato nella pittura ad una vera e propria rivoluzione. Isacoff, con geniale riflessione, paragona la rivoluzione della prospettiva alla rivoluzione del temperamento: in entrambi i casi si è rinunciato a proporzioni/armonie definibili come naturali nelle cose, introducendo correzioni per creare nell’osservatore/ascoltatore le proporzioni/armonie per lui convincenti e accettabili.

Il temperamento ha dato luogo a discussioni accanitissime che Isacoff riporta, almeno quelle principali. Da una parte ci sono, quelli che considerano il temperamento una violenza alla natura delle cose; e qui vengono richiamati principi religiosi, astronomici, filosofici. Dall’altra ci sono quelli che si schierano con la necessità di soluzioni che siano utili, cioè che consentano di comporre e di suonare la musica, senza essere costretti da limiti. E nella discussione partecipano non solo musicologi, ma anche filosofi scienziati, ecc: Zarlino, Vincenzo Galilei (il padre di Galileo), Newton, Keplero, Cartesio, Rousseau, Diderot e molti altri. Per difendere gli intervalli cosiddetti naturali in molte occasioni non ci si riferiva soltanto ai rapporti numerici, ma anche ai rapporti esistenti in diversi fenomeni naturali, come ad es. il moto dei pianeti. Anche le forme di temperamento proposte si basano su logiche differenti, come ad esempio i vari tipi di temperamento mesotonico, ma sempre con l’obiettivo di risolvere il problema delle dissonanze “inevitabili”.

Comunque il temperamento che alla fine ha prevalso, almeno a partire dal XVIII secolo è il temperamento equabile, quello che oggi è condiviso dalla quasi totalità dei pianoforti, e che consiste nelle divisione dell’Ottava in dodici parti uguali.
Mentre è pressoché certo che la musica dell’Ottocento sia stata composta sulla base del temperamento equabile, non è affatto certo su quale temperamento abbiano composto i musicisti del Settecento. In particolare è in discussione a quale tipo di temperamento si riferisca il Clavicembalo ben Temprato di Bach, che compone un preludio e una fuga su tutte le ventiquattro tonalità della scala musicale.

Una conseguenza dell’introduzione del temperamento equabile è l’uso delle tonalità nelle composizioni, e il loro significato per quanto concerne l’espressione di sentimenti. Si ritiene, per esempio, generalmente accettata la natura positiva, discorsiva della tonalità di do maggiore, quella solenne del re maggiore, quella brillante del mi maggiore, oppure quella dolorosa del re minore, quella funebre del do minore ecc.
Queste attribuzioni espressive in un accordatura secondo i principi del temperamento equabile non dovrebbero avere senso (se non le diversità espressive fra le tonalità maggiori e minori) in quanto la trasposizione della tonalità di un tono, o mezzo tono o più toni in alto o in basso non dovrebbe cambiare le consonanze degli intervalli, che rimangono sempre gli stessi.
Evidentemente l’attribuzione di significati espressivi diversi alle diverse tonalità è una conseguenza delle condizioni di accordatura giusta o di altri tipi di temperamento diversi da quello equabile. In questi casi il cambiamento di tonalità modificava le consonanze nei diversi intervalli considerati, sottolineando più o meno determinate caratteristiche espressive.

Il libro di Isacoff come strumento fatto per avvicinare gli appassionati di musica alla storia della formazione delle note sulle basi matematiche, e sulla storia del temperamento identificato come strumento per superare le difficoltà poste dall’intonazione naturale, è ottimo. Non solo, ma il suo inquadramento della storia di questo enigma musicale nell’ambito della storia della scienza, della storia dell’arte, della storia della filosofia, ovvero della Storia come tale, arricchisce il lettore di strumenti aggiuntivi di comprensione.
Meno convincente è quando si addentra nelle diverse teorie sostenute dai diversi studiosi. In questo caso la ricerca di una maggior precisione finisce per rendere più opaca la chiarezza. Inoltre nella descrizione di alcuni dei personaggi che hanno partecipato alle diatribe sull’intonazione, vi sono affermazioni senza un vero riscontro. Una per tutte: oltre alle note accuse per le quali Giordano Bruno viene condannato al rogo, si lascia credere che egli sia stato condannato come spia al servizio della Francia, senza per questo citare alcune fonte dalla quale una notizia del genere fosse originata.
Isacoff conclude il suo libro, comunque, con l’affermazione che anche il temperamento equabile non è la soluzione definitiva del problema. La suddivisione dell’ottava in dodici parti uguali soffre di alcune difficoltà legate all’esistenza dei numeri irrazionali. Altre forme di temperamento, soprattutto nella musica moderna dove il centro tonale è venuto a cadere, sostituito dalla pari dignità di ogni nota, toni e semitoni, potrebbe aprire nuove strade, come dimostrano esperimenti in corso.

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