IL DIARIO DI JANE SOMERS, di Doris Lessing

doris-lessing.jpg

Doris Lessing nella prefazione ci informa di aver scritto questo romanzo nel 1983 con lo pseudonimo di Jane Somers. Confessa di aver voluto cimentarsi con un’ “opera prima” e verificarne l’accettabilità presso editori e critici. Ma Jane Somers non poteva essere che Doris Lessing, e il trucco è venuto ben preso alla luce. E Jane, la protagonista, colei che scrive il diario e che vive le straordinarie esperienze descrittevi, è ancora Doris Lessing, alla ricerca del rapporto fra la vita di relazione condizionata dalle convenienze sociali, e la scoperta del mondo reale che esiste nelle persone, quando le barriere difensive dell’autonomia cedono davanti all’avanzare dell’età, e la fragilità conseguente mette a rischio, o addirittura in balia degli estranei, l’identità personale.

Il diario è scritto da una classica “donna in carriera”, appunto Jane Somers, una donna prossima ai cinquanta, molto efficiente, elegante. Jane, o Janna come preferisce essere chiamata, ha il mito della perfezione nel comportamento e nell’aspetto fisico. Ama se stessa, il sesso e il proprio lavoro. Il suo, è il mondo patinato di un’importante rivista di moda, dove il lavoro è all’insegna della luminosità e dell’efficienza, e dove la vita che vi conduce, assieme all’amica Joyce, è piena, realizzata, felice. Insomma una vita borghese di successo.

L’incontro casuale con Maudie Flowers, una vecchietta, brutta, macilenta, evidentemente bisognosa d’aiuto, ma terribilmente orgogliosa da non chiederlo, apre una breccia nella sua vita. All’inizio prevale una forma di curiosità che l’attrae nel mondo triste e opprimente della donna: un alloggio misero, sporco; una vita ridotta al minimo possibile; una vecchia poltrona, un letto mai rifatto; una stufa a carbone alimentata a fatica nei gelidi inverni; faticose escursioni quotidiane per raggranellare un po’ di cibo; stoviglie sporche, unte, puzzolenti.

L’iniziale curiosità lascia ben presto il posto a una forma di amicizia che poi evolve in affetto. Janna comincerà a frequentare sempre più spesso Maudie, e rimarrà affascinata da un carattere scontroso, antipatico, ingrato, ma che in realtà è la manifestazione della difesa della propria individualità che la fragilità combinata della vecchiaia e della povertà mettono continuamente a rischio. Per questo si manifesta immediatamente la sua durissima avversione a ogni forma di trasferimento: l’alloggio, per quanto fatiscente, è stata una sua conquista e non intende abbandonarlo. Ogni tentativo di trasferirla in un ricovero o in un ospedale viene visto come un tentativo di estrometterla. Ma anche le proposte di assegnarle gli aiuti comunali per gli anziani, come l’Aiuto Domestico, o del mondo del volontariato, come le Buone Vicine, vengono respinti come tentativi di farla passare per non autosufficiente. Gli stessi servizi che Janna, nelle sue visite le fa, cercando di pulire l’ambiente lercio, o aiutandola nei bisogni corporali, o facendo la “spes”, insomma cercando di rendere meno difficile questa esistenza precaria, non solo non suscitano gratitudine, ma spesso scatenano reazioni di ira e repulsione. Solo quando si rende conto che la presenza di Janna non è quella fredda, “professionale” dell’Aiuto Domestico o delle Buone Vicine, ma è manifestazione di amicizia, Maudie accoglie col sorriso gli aiuti, e accetta di conversare con lei, di raccontare la sua storia, e così di ricambiare un affetto che da troppo tempo le manca.

Ma se da una parte il libro ci addentra in un mondo che nella vita attiva, produttiva, viene ignorato (chi giovane attivo si accorge di quelle vecchiette e quei vecchietti che a passo lento, con mani tremanti, spesso con occhi quasi spenti, percorrono le stesse strade che noi percorriamo in fretta chiamati dalle nostre attività?), dall’altra ci aiuta a capire l’altra faccia della medaglia: come il mondo produttivo che, per un motico o per l’altro viene a contatto col mondo degli anziani.
Janna è un po’ la via d’ingresso che ci aiuta a capire. L’assistenza a Maudie stimolata dall’affetto che prova per lei (si rifiuta di essere chiamata Buona Vicina, espressione che indica un aiuto di tipo professionale, sia pure volontario) la impegna sempre di più; all’inizio il lavoro non ne soffre e Janna mantiene la sua caratterista perfezione di comportamento e di aspetto. Ma col tempo le cose cambiano; certi rapporti, come quelli con Joyce, si deteriorano; altri nascono, con Phyllis o con la nipote Jill; la carriera procede, Janna diventa direttrice al posto di Joyce, propone cambiamenti, frequenta convegni, sfilate etc. Ma anche Maudie comincia a subire i danni dell’età. La sua salute si deteriora rapidamente, si ammala di un cancro allo stomaco. Janna si dà da fare, aumenta il proprio impegno, frequenta sempre meno il luogo di lavoro, rinuncia alla direzione, si fa trasferire ad un lavoro part-time, mentre il carattere di Maudie sembra peggiorare mano a mano che ella si rende conto che la sua tanto difesa autosufficienza sta crollando.
Iniziano così i contatti con i medici, con le infermiere, si arriverà al ricovero in ospedale. E in queste pagine il libro mostra il conflitto, latente per tutto il libro fra l’orgoglio dei Maudie e il comportamento dei professionisti dell’aiuto (medici, infermieri, inservienti, volontari, etc.). Questi si comportano in modo affettuoso, gentile, premuroso, ma in ogni loro intervento calpestano, sia pure per abitudine professionale, inconsapevolmente, l’orgoglio di Maudie, che si sente sempre più trattata come un oggetto da riparare che come una donna in difficoltà. Gli infermieri la chiamano “nonnnina” oppure “cara” la vezzeggiano come se fosse una bambina, ignorando che lei non è una bambina, ma una donna, con una sua personalità, una sua identità, che ha bisogno di aiuto perché il fisico, non la mente, la sta tradendo, e che questo bisogno di aiuto la umilia. E così gli infermieri che per lavarla la spogliano dando per scontato che lei accetti tutto ciò che è necessario, ma non tenendo conto del suo pudore che la fa soffrire; e i medici che la visitano, la palpano in ogni parte, senza accennare minimamente a chiedere scusa; fino al comportamento del grande medico, che la spoglia davanti a una turba di assistenti e di studenti, per mostrarla come fosse un oggetto, senza chiedere almeno il permesso; e parla ad alta voce della sua malattia senza tener conto di quale sia il rapporto di Maudie con essa; e ancora gli analgesici che attutiscono sì, il dolore, ma ottundono la personalità, tutto questo si manifesta come una violenza brutale dalla quale Maudie si sente investire e addirittura affogare, quando le resistenze esteriori via via cedono, mentre rimangono attive quelle interiori, il terreno sul quale si innesta il senso di umiliazione e la sofferenza.

Il libro è scritto in un linguaggio corrente, senza enfasi, con l’intento di descrivere eventi quotidiani che coinvolgono persone che cercano di capirsi, a volte riuscendovi, a volte no, senza tuttavia entrare nel drammatico a tutti i costi. Janna è una donna ricca di umanità, che ha interessi professionali, ma anche di altra natura. Ama lavorare, ama dedicarsi al proprio corpo, e ha un profondo senso di umanità e dell’amicizia. Nei suoi rapporti con Maudie compie continuamente sforzi per capire le difese della vecchia, e le rispetta: Maudie non è una bambina che fa i capricci, ma una donna che difende la propria identità a rischio; e Janna la tratta come una donna, litigando se è necessario, ma mai senza evitare di rispettarne la volontà, anche quando è evidente che Maudie sta imboccando una strada sbagliata. Il linguaggio nel rapporto fra le due donne è sostanziale, strettamente aderente ai fatti e agli stati d’animo che essi generano: si può affermare che le due persone sono vere e entrano nella mente del lettore per diventare loro amiche.
Ma anche i personaggi di contorno si muovono con grande naturalezza: Joyce, che va in contro ad una crisi che incrina l’amicizia con Janna, e che manifesta la grande paure della solitudine; Phyllis, giovane e ambiziosa, femminista attivista; Jill la nipotina che inizia la carriera alla rivista e che ricorda a Janna i suoi primi passi; Georgie, la sorella che ha assistito la madre invalida fino alla morte, e che provoca in Janna un senso di colpa, che è anche un po’ la causa del suo avvicinamento a Maudie; e poi la folla di medici, infermieri, assistenti domiciliari, i personaggi dei racconti, di Maudie, il marito sbagliato, il lavoro di modista con le sue soddisfazioni, i rapporti a volte tesi a volte idilliaci con i datori di lavoro, etc. Insomma un mondo ricco, variopinto che ha il compito, molto ben realizzato, di offrire al lettore un ambiente reale nel quale conoscere, capire e apprezzare gli eventi affascinanti che coinvolgono due donne protagoniste, e soprattutto il senso del mondo dell’anziano che perde la propria autonomia ma non la propria identità, e dell’umanità necessaria per rispettarlo.

Leggi la Prolusione al Premio Nobel di Doris Lessing (2007)

Scrivi un commento