IL QUINTO FIGLIO, di Doris Lessing

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Harriet e David si conoscono per caso ad una festa. Sentono reciprocamente una forte attrazione che si concluderà col loro matrimonio. Lo scopo della loro vita è la felicità. Vogliono numerosi figli, acquistano una grande casa, ospitano nelle diverse occasioni festive i loro numerosi parenti. E i figli non tarderanno ad arrivare. Luke, Helen, Jane, Paul nascono a brevi intervalli l’uno dall’altro. Le nascite accrescono la felicità dei due sposi e della numerosa famiglia che vive attorno a loro e partecipa alle loro gioie. Ma Harriet, dopo le quattro gravidanze, e impegnata a crescere quattro marmocchi, ciascuno con i proprio carattere, comincia ad avvertire la stanchezza.

I rapporti fra i due sposi mostrano qualche incrinatura; c’è bisogno di aiuto e a questo provvede con grande spirito di sacrificio Dorothy, la madre di Harriet. Tutti comunque sono d’accordo che, almeno per il momento, è opportuno evitare nuove gravidanze alla giovane madre, affinché si possa riprendere e tornare ad essere la donna attiva e allegra dei primi tempi.Ma le cosa evolvono diversamente. Poco dopo la nascita di Paul, Harriet è di nuovo incinta. Questo nuovo figlio si chiamerà Ben, ma questa volta la gravidanza sembra avere un andamento anomalo: il feto si agita precocemente e in modo molto violento. La nascita è prematura; il bambino cresce rapidamente, ed esprime una forza muscolare insolita per la sua età. Accanto al crescere della forza muscolare, che è causa di preoccupazioni per i disastri che può provocare, il bambino sembra non avere alcuna tendenza a sentire affetto o a riconoscere quello che gli viene offerto. Anche fisicamente si osservano delle anomalie: occhi freddi, penetranti, corporatura tozza, capigliatura strana, fronte sfuggente. Il bambino si sviluppa, impara ben presto a camminare, più tardivamente a parlare, ma attraverso il linguaggio esprime solo ciò che vuole. È attratto dalla televisione, ma solo da scene di violenza. A scuola si sforza di imparare, ma i suoi limiti appaiono ben presto evidenti. Non ha alcuna attrazione nei confronti dei genitori, che fanno di tutto per mostrargli amore, e contro i quali si ribella spesso anche in modo violento. Un tentativo di allontanarlo da casa, al fine di poter ricuperare quella vita normale che sembra ormai quasi dimenticata, affidandolo a una istituzione che alloggia bambini gravemente deformi non ha successo. Il ragazzo, ormai cresciuto tende a fare amicizia con giovani che lo trattano sì con durezza, ma che sanno farsi rispettare, e sembra più trovare in loro una famiglia, un ambiente di vita, che non nella casa dei suoi genitori.Il libro si conclude lasciando intendere che il ragazzo, che spesso si assenta da casa e passa giornate e nottate con i suoi amici, finirà per allontanarsi del tutto. Forse sarà coinvolto in rapine e assassini, e forse concluderà la sua vita in qualche prigione.Il senso del libro è quello di seguire il martirio di una famiglia che si trova a dover gestire una situazione di questa difficoltà. Che cosa è questo bambino: un alieno che proviene da qualche altro pianeta, un essere preistorico ritornato alla vita? Quale impatto può avere su genitori che nella compattezza familiare hanno costruito la loro felicità, e che ora si trovano sconvolti da un essere che rifiuta la famiglia, che ignora il senso dell’affetto, che non sa manifestare altro che una volontà che non tollera contraddizioni a scanso di violente manifestazioni di ribellione? Può una madre smettere di amarlo, sapendo che è comunque un suo figlio? Può un padre accettare questo amore materno quando è evidente che non solo non viene ricambiato, ma addirittura respinto? Possono i figli accettare che la madre finisca di dedicarsi solo a questo figlio deforme, di fatto trascurandoli e negando loro quell’affetto che, fino alla nascita di Ben, ricevevano in grande quantità? È possibile, da parte di una madre che, comunque, è accesa dall’amore materno, accettarne l’allontanamento dalla famiglia, e il ricovero in una istituzione dove il ragazzo verrà sottoposto a torture come la camicia di forza, a somministrazione illimitata di sedativi e infine a un trattamento che lo porterebbe a morte in pochi mesi se non settimane?Tutte queste domande emergono da un racconto rude, spesso allucinato, privo di commiserazione, scritto in modo diretto, senza giri di parole, senza infingimenti. La stessa Dris Lessing ci informa: «Questo libro l’ho scritto due volte. La prima versione era meno cruda, poi mi sono detta: “cara mia, stai barando. Se succedesse davvero sarebbe molto peggio di così”. E allora l’ho riscritto portandolo alle conseguenze estreme.»Ed è proprio ciò che il libro fa. 

Leggi la Prolusione al Premio Nobel di Doris Lessing (2007)

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