LE ELEZIONI PER IL PARLAMENTO EUROPEO 2009

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 LE ELEZIONI PER IL PARLAMENTO EUROPEO 2009

Dopo la fotografia di Obama, ecco quella di Berlusconi: Unicuique suum!

Anzitutto i risultati, confrontati con le politiche del 2008 (camera dei deputati)

 

Partito

Elezioni politiche 2008 %

Elezioni parlamento europeo 2009 %

Differenza 2009-2008 %

Popolo della libertà

37,4

35,3

- 2,1

Lega

8,3

10,2

+1,9

Partito Democratico

33,2

26,1

-7,1

Italia dei Valori

4,4

8,0

+3,6

UDC

5,6

6,5

+0,9

Rifondazione

3,1

3,4

+0,3

Libertà e democrazia

 

3,1

+3,1

Radicali

 

2,4

+2,4

Appare chiaro l’insuccesso del PD che dalle politiche del 2008 alle Europee di quest’anno perde una percentuale sconcertante: il 7% dei voti. Occorre ricordare che fra i due eventi elettorali vi sono state nel PD polemiche interne anche aspre, le dimissioni di Veltroni, la segreteria “provvisoria” di Franceschini. Una sonora sconfitta del PD era nelle previsioni di tutti. Si azzardavano previsioni: successo, se la percentuale superava il 30%; disfatta, se la percentuale andava al di sotto del 25%. Le altre percentuali avrebbero lasciato aperti ancora tutti gli interrogativi. La percentuale raggiunta è di poco superiore al 25%. È sufficiente per non parlare di disastro? Si può cercare di fare un’analisi del perché?

Intanto una prima lettura deve partire dalla percentuale dei votanti: 66,46% degli aventi diritto, mentre la percentuale alle politiche del 2008 è stata dell’80,51%. Un’analisi approfondita che prenda in considerazione la distribuzione del voto, delle astensioni, delle schede bianche e delle schede nulle potrebbe riuscire a decifrare le motivazioni dell’astensione, e soprattutto chi sia stato il principale danneggiato. Per quanto mi concerne, la sensazione (ovviamente molto soggettiva) è che molti potenziali elettori del PD abbiano disertato il voto per delusione. Si può dire altrettanto per quanto concerne il Pdl? Probabilmente sì, ma forse in misura minore degli potenziali elettori del PD, anche se oggi i dirigenti di questa formazione politica lamentano che la grande astensione verificatasi in Sicilia sia tutta a loro danno. E questo potrebbe anche essere vero, se pensiamo che Berlusconi o i suoi in Sicilia di solito fanno il pieno! E ancora di più vero se ci ricordiamo delle dinamiche del voto siciliano, nel corso delle recente storia italiana, che rispondono a logiche di derivazione mafiosa. Contrasti fra Berlusconi e la Mafia?

Comunque una parte della grave riduzione della percentuale dei voti del PD potrebbe avere l’astensionismo, se non come causa, almeno come concausa.

A parte l’effetto dell’astensionismo, poi bisogna vedere dove si è distribuito il 7% di voti fuoriusciti dal PD. L’ipotesi più verosimile è che si siano spostati su liste di protesta, o liste che erano alleate nelle politiche (per esempio la lista radicale) e che qui si sono presentate separatamente. Il 2,4% dei voti accumulati da Pannella e la Bonino potrebbero derivare da questa disgiunzione. L’Italia dei Valori potrebbe avere drenato dal PD un altro 3,6%, che è l’incremento avuto da questa lista. E con questo siamo al 6,0%. Infine non è escluso che l’incremento dell’UDC dello 0,9% potrebbe derivare da voti del PD che pensano di avere trovato una loro migliore collocazione al centro, o in un partito dichiaratamente cattolico. Con questo il conto sarebbe chiuso.

Ma è giusta un’analisi di questo tipo? Probabilmente no, o per lo meno sarebbe un’analisi che non tiene conto di fattori politici che pur esistono.

Se guardiamo il voto in Europa vediamo che tutti i partiti di sinistra hanno subito una flessione, in genere piuttosto pesante, in qualche caso una disfatta. Intanto la percentuale dei votanti, valutata attorno al 43% in tutta l’Europa, è la più bassa registrata in elezioni per il parlamento europeo. Questo starebbe a dimostrare che fra la gente domina un euroscetticismo particolarmente evidente. In parte perché l’Europa, così com’è attualmente non ha dimostrato di essere un Entità col potere di affrontare problemi di convivenza, limitandosi a porre regole e veti che alla fine si sono rivelati solo strumenti burocratici. Ma in parte anche, secondo me, perché nell’immaginario collettivo di molta gente, l’Europa si è dimostrata impotente prima a impedire che una crisi proveniente dall’altra sponda dell’Atlantico investisse il nostro continente, e poi ad affrontare la stessa crisi una volta penetrata. Questo per quanto dovrebbe spiegare l’astensionismo record e l’euroscetticismo che lo sorregge.

 Ma c’è da spiegare anche il motivo per cui i votanti hanno pesantemente punito le sinistre, siano esse al governo (laburisti in Inghilterra, Socialisti in Spagna), siano essi all’opposizione (in Francia, in Germania, in Italia). Nel corso di una crisi economica che ha inciso su occupazione, potere d’acquisto dei salari, e frenato possibilità di sviluppo, il sentimento dominante fra la gente sembra essere la paura. E sempre la paura è, secondo me, l’arroccamento di una maggior parte della popolazione su posizioni conservatrici. E fra le posizioni conservatrici, purtroppo vi è da rilevare la presenza di partiti di destra xenofoba, soprattutto in merito al fenomeno dell’immigrazione. In questo l’Italia non è seconda a nessuno. Si tratta di un precipitare in un baratro anticulturale, di rinnegamento dei principi dei diritti universali dell’uomo che si fa strada fra la gente. Si potrebbe fare un affermazione sintetica: a una recessione economica corrisponde una recessione politica e sostanzialmente anche culturale.

La sconfitta del PD in Italia deve essere vista in questo quadro più generale? Probabilmente sì, ma, come del resto in ogni altro paese, vi sono delle peculiarità delle quali occorre tener conto. Per esempio è necessario valutare il comportamento dello schieramento che si potrebbe definire alla sinistra del PD: quello che nelle elezioni politiche del 2008 si era presentato come raggruppamento di sinistra, compresi i verdi, e che aveva ottenuto solo uno sparuto 3,1% e non era riuscito a portare in parlamento né un deputato né un senatore. Forse uno schieramento di sinistra in una situazione di crisi economica così grave avrebbe potuto esprimere una nuova forza. Non è escluso che alcuni (molti?) elettori del PD avrebbero potuto confluire in una sinistra rinnovata e rafforzata, vedendo in essa una più efficace opposizione alla politica berlusconiana, che si è dimostrata incapace di affrontare le conseguenze della crisi nella loro parte più dolorosa: quella della disoccupazione, del precariato, dei bassi salari. E non è detto che questo non sia avvenuto nella realtà, e che una certa percentuale dell’oltre il 6% realizzato dai due gruppi principali della sinistra non siano voti usciti dal PD. Ma la sinistra, confermando la irreversibile tendenza al suicidio politico, a queste elezioni europee si è presentata divisa, evitando in tal modo che entrambe le formazioni raggiungessero il fatidico 4% dei voti. Così la sinistra italiana, dopo essere stata esclusa dal parlamento nazionale, è rimasta esclusa anche dal parlamento europeo. Qualche milione di elettori è rimasto senza una rappresentanza politica: è colpa di una legge iniqua o della insipienza politica dei dirigenti di quei raggruppamenti?

Insomma, è un luogo comune (forse anche la verità) affermare che in Italia la sinistra (sia essa estrema o moderata) non ha la forza di arrivare a essere maggioranza. Quando l’ha fatto, lo ha fatto con grandissime difficoltà, senza riuscire a svolgere un programma coerente e cedendo, anche prematuramente il passo alla destra. Ma, anche se insufficiente a esprimere governi stabili, la sinistra tutto sommato potrebbe essere una forza consistente, tale da condizionare qualsiasi governo.  In realtà, tuttavia, con grande rammarico occorre osservare che finora non si è dimostrata all’altezza di farlo.

Qualche parola sulla segreteria Franceschini. Io credo che abbia lavorato bene, anche se con molte ingenuità e in una situazione di difficoltà eccezionali anche per un segretario eletto dal congresso e nel pieno dei suoi poteri.

Eletto segretario di transizione da un’assemblea nella quale i due terzi avevano disertato, ha cercato di liberare il partito da tutte le pastoie legate alle rivalità personali, di riprendere un’intensa attività di opposizione, dopo i tentativi veltroniani di trovare terreni di intesa con la maggioranza berlusconiana almeno sul terreno delle riforme istituzionali. Franceschini ha cercato di interpretare un ruolo di opposizione attiva, denunciando le insufficienze ma anche malefatte di Berlusconi e del suo governo, chiedendo interventi più incisivi contro la crisi, a sostegno della disoccupazione, e tante altre iniziative. La sensazione è che purtroppo nel partito sia stato lasciato molto solo. Gli avversari lo hanno sbeffeggiato, lo hanno fatto passare per un succube di Di Pietro, gli hanno pronosticato il disastro politico suo e del suo partito. E questa immagine distorta e lontanissima dalla realtà ha fatto breccia nella convinzione di molti elettori. Ebbene, con tutto ciò, credo, il risultato di oltre il 26% è stato un risultato decoroso, che dimostra che tutto sommato fra gli italioani una forza di opposizione ma anche di alternativa ancora esiste e può essere rilanciata.

Questo mi consola per averlo votato, e aver dato la mia preferenza a Debora Serracchiani, l’autrice del famoso discorso all’assemblea nazionale dei circoli di Base del PD del 21 marzo 2009, personaggio nuovo, pulito, entusiasta di poter lavorare per un rinnovamento di un partito per troppo tempo rimasto ostaggio degli interessi dei suoi dirigenti storici. Il suo successo (nel Friuli i suoi voti di preferenza hanno superato quelli di Berlusconi!) è un segno che un spazio davanti al PD si è aperto, se si ha il coraggio di percorrerlo.

Qualche parola sulle vicende del Pdl:  non ha affatto trionfato, anzi. Nonostante le superottimistiche previsioni del Lider Maximo, non solo non ha raggiunto il 40%, ma è retrocesso di oltre il 2% rispetto alle politiche del 2008. Colpa dell’astensionismo siciliano, dice qualcuno. Colpa della Lega che nel Nord, Lombardia e Veneto, gli ha sottratto voti dispiegando l’orrore di una società xenofoba e razzista. Colpa della crisi economica che il Berlusca non avrebbe affrontato con la necessaria decisione. Tutte colpe, certo. Ma non bisogna dimenticare chi è Berlusconi. È l’uomo dell’apparenza, dell’immagine, del trapianto dei capelli, delle scarpe col tacco. Quest’uomo ha dalla sua il vanto di avere ripulito (?) Napoli dalla monnezza; di avere salvato (?) l’Alitalia; di aver tolto l’ICI sulla prima casa (anche se la prima casa è un castello); di essere andato ben 9 volte all’Aquila dopo il terremoto (a fare cosa non è chiaro). E tutto questo abbondantemente propagandato dalle sue e dalle altre (sue anche quelle) televisioni. Ma proprio perché è l’uomo dell’apparenza, su questo campo ha fatto un passo falso: si è lasciato prendere da situazioni tipiche del “gossip”. Prima la candidatura al parlamento europeo di alcune “veline” (subito rientrata, appena si è accorto dell’errore); poi il compleanno di Noemi; poi le proteste della moglie che si sentiva umiliata; poi tutte le chiacchiere sui suoi rapporti con la ragazzina, col padre, coi genitori, mai chiariti e frutto di dichiarazioni e smentite a raffica; poi le rivelazioni sulle feste a villa Certosa, le foto con persone in vesti adamitiche che girano per il parco; poi le chiacchiere sull’uso di voli di stato per trasportare ospiti a villa Certosa. Bene tutto questo è porcheria, “ciarpame” direbbe Veronica Lario, che non dovrebbe entrare nella valutazione di un governo serio. Ma nella valutazione di Berlusconi, nell’immaginario di parte, anche importante, del pubblico che lo vota, tutto questo potrebbe avere avuto una qualche influenza negativa. Non, certo, il mostruoso conflitto di interessi, non le leggi ad personam, non la corruzione di magistrati e testimoni: no tutto questo non scalfisce la carismatica figura. Ma il gossip sì. Il gossip, ahimé, forse ha danneggiato il Caudillo molto più di tutte le sue malefatte messe assieme.

Non è una caso che a distanza ormai di 24 ore dall’esito definitivo delle elezioni europee non abbia ancora rilasciato una dichiarazione.

Il trionfo della Lega. Questo è un trionfo vero, un avanzata irruenta di una formazione che sta mettendo radici sempre più profonde nel territorio. Ma radici di che genere? Radici perché ne risolve i problemi? Ma quando mai? Se pensiamo alle vicende dell’Expo, al caos che si è creato attorno alla società che dovrebbe gestirlo; all’enorme giro di interessi, legati all’edilizia, alla costruzione di grattacieli, alla costruzione delle metropolitane a Milano, tutto questo mi sembra che con la Lega abbia poco a che fare. Il discorso delle lega è semplice e brutale. Noi siamo vittime di un’immigrazione che toglie lavoro ai nostri operai, che distribuisce le case agli extracomunitari non agli italiani, che costruisce moschee sul territorio nazionale, che copre la presenta di rapinatori, stupratori, assassini, e tutta la feccia peggiore dell’umanità. La lega ci difende, riducendo i clandestini allo stato di delinquenti da perseguire, oppure da rimandare in Libia, oppure da tenere in campi di concentramento chiamati Centri di Identificazione ed Espulsione. Insomma la lega promette una Padania felice, pulita, europea fino ad un certo punto. Come si fa non essere convinti?

Ora vedremo la gara che il Berlusca intraprenderà per rispondere alla lega. Quello che si può immaginare è un ulteriore brusco salto in basso del livello culturale del paese. Una gara senza quartiere fra Bondi e Calderoli, fra Borghezio e Gasparri.

Per finire: fra 15 giorni si dovrà votare per il Referendum abrogativo di alcuni articoli della legge elettorale, il cosiddetto “Porcellum”. Certamente il Referendum non consentirà di introdurre il voto di preferenza: il referendum per la costituzione italiana è solo abrogativo, e non propositivo. In sostanza i punti sono due: (1) il premio di maggioranza non va alla coalizione vincente, ma al partito che ha ottenuto più voti. (2) Non è possibile candidarsi in più di una circoscrizione.

Nel primo caso viene garantita una governabilità maggiore, dato che nella coalizione vincente il partito più forte disporrà del numero di voti sufficiente a impedire ostruzionismi all’interno della stessa maggioranza da parte delle piccole formazioni ricattatorie. Nel secondo caso vengono impedite le pluricandidature. Questo non consentirà più che con il ballottaggio e l’opzione il pluricandidato favorisca un candidato a scapito di un altro, sulla base dei propri interessi personali.

Io firmai per questo referendum. Il progetto era quello di farlo nella primavera del 2008. Ma lo scioglimento anticipato delle camere ne impedì lo svolgimento. Le elezioni andarono come si sa, e la vittoria di Berlusconi fu tale da superare tutte le incongruenze che venivano lamentate nella legge. Il governo che ne è nato può (o potrebbe) governare tranquillamente avendo i numeri necessari.

Ora appare chiaro che il Referendum ha perso molta della sua forza propositiva che sembrava avere al momento della raccolta delle firme. La legge elettorale così com’è non impedisce a Berlusconi di governare (se ne è capace e se lo vuole). Tanto vale tenerla. Tanto più che le opposizioni, se vincesse il referendum, non ne trarrebbero alcun vantaggio.

Anzi. Se il referendum vincesse, l’unico a trarne vantaggio sarebbe Berlusconi, che vedrebbe aumentare la forze del Pdl (partito di maggioranza) a scapito della Lega, che non potrebbe godere di alcun premio di maggioranza, pur essendo nella coalizione vincente.

Allora è lecito domandarsi: per un antiberlusconiano come me, è giusto votare SÌ e quindi rafforzare il Piccolo Duce?

Vi sono due risposte.

La prima è una risposta di natura generale: una legge non deve essere approvata o abrogata perché favorisce o danneggia una forza politica o un personaggio. Questo è un modo sporco di intendere la politica. Le leggi devono avere valore universale e devono essere fatte per risolvere i problemi della gente. Se la legge elettorale attuale è sbagliata, è atto moralmente giusto cercare di abrogarla, anche se questa abrogazione favorisce l’avversario politico. E questa considerazione è sufficiente per votare SÌ a entrambi i quesiti.

La seconda è una risposta di natura politica. La lega farà di tutto per far fallire il referendum, in modo che a causa dell’astensione non si raggiunga il quorum. Lo fa non perché la legge vada bene così com’è (il suo firmatario, Calderoli, la ha definita una porcata!), ma per interesse di partito. È giusto quindi contrastarla. Ed è giusto che su questo fronte si possa aprire un contrasto fra le due componenti dell’attuale maggioranza. Questo è un fatto, che se si verificasse, sarebbe politicamente positivo.

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