IL GIORNO DELL’INDIPENDENZA, di Letizia Muratori

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Romanzo breve e insipido che ha come protagonista un drogato impegnato in un programma di disintossicazione, Giovanni, e una giovane americana, Mary, venuta in Italia dalla Florida a cercare la propria famiglia d’origine. La storia viene costruita sulle vicende che scaturiscono dall’incontro fra i due.

 Giovanni, inizia il racconto, è costretto ad abbandonare il lavoro di consulente finanziario in una banca a causa della sua dipendenza dalla cocaina. Il corso di disintossicazione cui si sottopone lo costringe a una vita di isolamento che trascorre in un’azienda di allevamento di maiali di qualità, in particolare di maiali neri. La sua abitazione è una baracca solitaria, e il suo lavoro è quello di sorvegliare le bestie che vengono allevate in uno stato semibrado.

La sua condizione subisce una svolta quando si presenta all’allevamento la ragazza americana, Mary, appunto. Nessuno dei lavoranti conosce l’inglese, e quindi è giocoforza per Franco, il proprietario, rivolgersi a Giovanni che parla correntemente la lingua. Si viene così a sapere che questa ragazza ha radici familiari in Italia, proprio nel paese dove sorge l’azienda, nel basso Lazio, e che, a seguito della morte del nonno, ha voluto, con questo viaggio, fare un tentativo per ricostruire le proprie origini.

Naturalmente la ricerca non dà alcun frutto, ma il rapporto fra Giovanni e Mary continua. All’interno di questo rapporto evolve il processo di liberazione di Giovanni dalla droga, che in certa misura, anche come effetto della vicinanza della fanciulla, si manifesta come una lenta, ma convincente ripresa dello stimolo e dell’attrazione sessuale, che lo stato di dipendenza aveva soffocato.

I due saranno inviati a un raduno nazionale di allevatori di maiali. In quella sede Mary, un po’ per riscattare l’insuccesso della ricerca della propria parentela italiana, un po’ per partecipare alla propagazione della conoscenza dell’allevamento nel quale si sente coinvolta, propone di festeggiare quella che è la giornata nazionale degli Stati Uniti: il 4 di luglio, il giorno dell’Indipendenza. Per quel giorno Mary vuole organizzare una grande festa: gli inviti saranno inviati a tutti gli allevatori del ramo e a tutti gli interessati, e sarà svolta una lotteria che avrà proprio nei maiali il momento culminante.

L’iniziativa avrà successo, e Giovanni si innamorerà di Mary. Nasce una relazione, all’inizio stentata, poi più convinta. Purtroppo, tuttavia, Mary deve tornare in America. Giovanni decide di raggiungerla a sua insaputa. Il romanzo si conclude con un colpo di scena, che si configura un po’ come la soluzione di un giallo.

Il titolo del libro si riferisce alla giornata del 4 luglio come viene festeggiata da Mary nell’ambito dell’allevamento; ma si riferisca anche al fatto che proprio in quell’occasione Giovanni scopre di essere finalmente libero dalla soggezione alla droga; e si riferisce anche alla liberazione di Mary, come risulterà dagli eventi conclusivi del romanzo.

 

Il tema principale del romanzo dovrebbe essere il processo col quale Giovanni si affranca dalla dipendenza dalla droga. Tuttavia, se devo essere sincero, nel corso del racconto Giovanni non mi appare affatto come un drogato impegnato nella lotta di liberazione. Il suo modo di comportarsi mi pare quello di una persona con problemi, certo, di varia natura; ma il problema della droga sembra entrarvi solo perché ogni tanto viene citato, o se ne parla (per esempio, Giovanni a una certo momento lo confessa a Mary, ricavandone una risposta stizzita: «Questo è un tuo problema, Giovanni. Non hai il diritto di rovesciarmelo addosso, così, senza rispetto»), ma non impregna il comportamento dell’uomo, come mi sembra che, in una condizione del genere, ci si dovrebbe aspettare. Cioè, non mi sembra che nel racconto il problema della droga, della sofferenza provocata dai tentativi di affrancarsi, influenzi in modo incalzante il suo comportamento.

 

La scrittura è leggera (come afferma anche la scrittrice). Certamente non vi è retorica, le vicende sono narrate con un tono spesso sorridente. Alcuni personaggi di contorno, come il padre di Giovanni, un po’ rimbambito, ossessionato dalla perdita della clientela americana dopo l’incidente dell’Achille Lauro e l’assassinio di Klinghoffer, e dalla vendita dei Barbour; la madre che è felice che il figlio abbia trovato una ragazza, della quale tuttavia continua a sbagliare il nome; l’amico bancario e soprattutto sua moglie, che fabbrica pantofole, alle quali affida la possibilità di sopravvivere ad una eventuale crisi economica, sono ben descritti e piacevoli. Magari in questi episodi del tutto collaterali si può riconoscere l’autrice di Casa madre.

Per il resto, non vedo nel racconto, il sorgere di un interesse alle vicende dei due protagonisti.

Mi è sembrato un racconto molto comune, senza particolari attrattive che (a parte il problema della liberazione dalla droga, tuttavia poco .o nulla incalzante, come ho detto sopra) mi pari trovi la sua giustificazione in un finale a sorpresa. Tuttavia, se la storia non desta curiosità, come non ne ha destata in me, anche il finale, per quanto curioso e inatteso, non mi ha coinvolto più di tanto. In sostanza il libro non mi è piaciuto, non mi ha indotto a riflessioni particolari, meno che meno sul problema della droga e sugli sforzi per liberarsi dall’assuefazione, che mi pare che dovrebbero essere concepiti in modo più drammatico e più profondamente coinvolgente la persona che ne è vittima, e non risolti solo, o principalmente, in chiave di attrazione sessuale.

Ascolta l’intervista a Letizia Muratori su Fahrenheit a Radio3

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