IL DESERTO ROSSO (Michelangelo Antonioni, 1964)

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Nono lungometraggio di Antonioni e suo primo film a colori. Prima collaborazione con Carlo Di Palma come direttore della fotografia. Il film ha vinto il Leone d’oro alla mostra internazionale del cinema di Venezia, nel 1964.

Siamo in una Ravenna preda angosciata di una industria in espansione che sembra non lasciare spazio ai sentimenti. Torri, silos, fumi e vapori avvolgenti e oscuranti, un rumore continuo, una industria petrolifera, operai che vi lavorano, operai in sciopero. È l’Italia del miracolo economico che avanza, occupa spazi, soffoca persone. E fra queste persone c’e Giuliana (Monica Vitti), la moglie di uno degli ingegneri con ruolo dirigente dell’industria petrolifera, Ugo, interpretato da Aldo Chionetti. La vediamo subito come una donna assalita da turbe profonde della propria identità, alla ricerca di una motivazione di vita che non sembra scaturire neppure dal figlio che accompagna tenendolo per mano in quell’arida, depressa e inquinatissima spianata che circonda le mura della raffineria e che sembra essere l’immagine palpabile del suo stato d’animo. È in corso uno sciopero. Gli operai sono raggruppati fuori dai cancelli, inquadrati dal sindacalista che con un altoparlante li incita alla lotta. Solo uno di loro non accetta di lottare e torna in fabbrica, accompagnato dai poliziotti, fra gli insulti dei suoi colleghi. All’interno della raffineria, Ugo discute con un amico industriale, anch’egli ingegnere, Corrado Zeller, interpretato da Richard Harris, che ha deciso di emigrare in Patagonia con tutta la sua fabbrica, macchinari, operai e quant’altro. Ugo è un personaggio dedito al suo lavoro, molto impegnato, che affronta i problemi con calma e decisione e anche con una certa freddezza che tuttavia non gli impedisce di essere affettuoso con la moglie e discretamente comunicativo con gli amici. Corrado ha un carattere molto differente: ama certamente il suo lavoro, ma è alla ricerca di una soddisfazione di vita alla quale il lavoro deve essere subordinato. Il suo voler emigrare fa parte di questa ricerca. Mentre i due personaggi discutono girando per la fabbrica, in mezzo al vapore, all’incessante rumore, trovano Giuliana venuta loro incontro. Il suo modo di fare indeciso, lo scarso controllo delle sue emozioni, incuriosiscono Corrado, al quale Ugo spiega che la moglie è stata coinvolta in un incidente stradale dal quale si è salvata per miracolo, ma dal quale è rimasta profondamente traumatizzata per lo shock, cosa che l’ha costretta a un lungo ricovero in clinica.

Corrado cerca di capirne la psicologia e soprattutto la motivazione di questa sua lontananza dall’ambiente che la circonda. Si scopre che l’incidente stradale è stato in realtà un tentativo di suicidio, ed egli avverte il continuo grido di aiuto che la donna silenziosamente manda in giro e che egli è portato ad accogliere. I due trascorrono alcuni pomeriggi assieme, mentre il marito è quasi sempre assente per impegni di lavoro. Giuliana vorrebbe aprire un negozio in un quartiere di Ravenna. Ha acquistato un locale, cerca di sistemarlo, dipingendone le pareti. Si consiglia con Corrado, ma senza grande impegno. Non sa neppure che cosa intendere vendervi: forse delle ceramiche. Faenza, la capitale delle ceramiche non è poi molto lontana… Nel trascorrere dei giorni, monotoni, senza prospettive, gli unici diversivi sono incontri con famiglie di amici, in capanne presso il mare dove si dovrebbe pescare, ma dove invece ci riunisce per fare un barbecue, prendere un po’ di freddo, chiacchierare su banalità, farsi una specie di corte reciproca; tutte cose che, tuttavia, non riescono a coinvolgere Giuliana. In uno di questi incontri, il passaggio di una nave nei pressi della capanna suscita in Giuliana un moto di ribellione. Sa che Corrado ha in progetto di partire, ed egli, con la sua assidua presenza e la sua continua offerta di aiuto, è ormai penetrato nel mondo interiore della donna. Ella esce di corsa, sale sulla macchina del marito e si precipita verso il mare, fermandosi un attimo prima del precipizio. Nuovo tentativo di suicidio? Grande preoccupazione generale, che la donna, pur con un’indicibile angoscia, cerca di tranquillizzare.

Il suo stato d’animo, tuttavia, non ne vuol sapere di migliorare. Nuova partenza del marito, che sembra essere più assorbito dai motivi di lavoro che dallo sconvolgimento psichico della donna. Di conseguenza, aumento della sensazione di solitudine, a fronte della ormai inevitabile partenza di Corrado. Ora anche il bambino comincia a soffrire la lontananza del padre, e ha reazioni di rigetto che lo inducono a fingere una paralisi alle gambe e non andare all’asilo. Questo gli terrà più vicino la mamma, che lo coccola e gli racconta una storia, come quando era più piccolo. Antonioni qui fa uno stacco geniale: la storia, raccontata a voce per il bambino, viene raccontata per immagini allo spettatore. Improvvisamente dalle immagini di questa Ravenna degradata, soffocata da un’industria asfissiante, si passa alle immagini della spiaggia rosa di Budelli, una piccola deliziosa isola sulla coste settentrionali della Sardegna, dove il cielo è di un blu intenso, il mare trasparente, le rocce rosse, la sabbia bianca, le barche all’orizzonte vele bianche, e il silenzio lascia sentire lo sciabordare delle onde, e una bambina corre sulla spiaggia, nuota nel mare, vede avvicinarsi la barca a vela che poi tornerà al largo, e rimarrà felice in solitudine sull’isola. Giuliana si accorgerà che la paralisi del bambino è inventata. Un altro colpo duro al suo stato d’animo. La manifestazione d’amore rappresentata dalla favola cade nel nulla. Giuliana scapperà a cercare l’ultimo conforto da Corrado. Lo raggiunge in albergo, gli si aggrapperà, e Corrado, ormai psicologicamente in partenza, non potrà fare altro che rispondere con un rapporto sessuale senza dolcezza, senza tenerezza. Giuliana allora capisce: la sua ricerca, anche presso Corrado, non ha avuto successo. Il suo aiuto, che le sembrava di aver trovato nella discrezione, nella dolcezza e nell’affetto del comportamento dell’uomo nei giorni precedenti, si è rivelata un’illusione. “Tu non mi sei stato di aiuto” gli dice congedandosi, sempre più angosciata, anche perché ora, alla primitiva angoscia si aggiunge quella di avere tradito il marito. Il film termina con lei che riprende a percorrere il terreno brullo e inquinato all’esterno della fabbrica, tenendo per mano il bambino per accompagnarlo all’asilo.

Film in cui stato d’animo di Giuliana e sconvolgimento ambientale sembrano identificarsi e scontrarsi con la necessità della felicità, dell’affetto che la donna cerca nella realtà; realtà che invece le si para innanzi sempre ostile, sia pure per i più diversi motivi. L’unico momento in cui lo stato d’animo si appacifica, si riesce a trovare solo nella favola che racconta al bambino, e che filmisticamente ci viene rappresentata nello splendido sereno paesaggio della spiaggia rosa. Monica Vitti interpreta magistralmente l’angoscia esistenziale di Giuliana, mentre Carlo Chionetti nelle parti di Ugo offre il quadro di una persona lontana, il cui affetto per la moglie sembra qualche cosa di estraneo ai suoi interessi più profondi. Richard Harris è un Corrado attento che tuttavia non riesce a valicare il confine fra la comprensione della donna e la sua ricerca di identità.

 

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