IL BERRETTO A SONAGLI di Luigi Pirandello

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La commedia è stata scritta nel 1916 in dialetto siciliano con il titolo ‘A birritta cu ‘i ciancianeddi. Il protagonista è Don Nociu. La prima rappresentazione, in dialetto siciliano, andò in scena al Teatro Nazionale di Roma il 27 giugno 1917. La distribuzione dei ruoli vedeva il protagonista Don Nociu interpretato da Angelo Musco; la signora Beatrice interpretata da Maria Longo. Non vi fu grande affluenza di pubblico. Il successo fu modesto anche nelle successive rappresentazioni in altre città.

Pirandello ne fece una versione in lingua italiana già nel 1918, e la perfezionò nel 1920 e nel 1925. Nella versione italiana, Don Nociu prende il nome di Ciampa. La prima rappresentazione avvenne ancora a Roma, teatro Morgana, il 15 dicembre 1923 con la compagnia di Gastone Monaldi. Il grande successo si ebbe comunque nel 1936 quando la commedia venne interpretata da Eduardo De Filippo in dialetto napoletano, dietro suggerimento dello stesso Pirandello. La prima rappresentazione di questa versione avvenne a Napoli, al Teatro dei Fiorentini il 13 febbraio 1936, con protagonista proprio Eduardo. Oggi è una delle commedie di Pirandello più rappresentate e più amate dal pubblico. Una versione molto bella e famosa è quella del 1984 con la regia di Luigi Squarzina interpretata da Paolo Stoppa. È stata trasmessa anche per Televisione nel 1985.

La commedia ha inizio con l’ira della signora Beatrice Fiorìca che è venuta a sapere, grazie alle informazioni ricevute dalla Saracena, una rigattiera, che il marito la tradisce con la moglie di un suo scrivano, Ciampa; e che lo stesso Ciampa sarebbe al corrente della relazione. Gli incontri fra i due amanti avverrebbero nell’abitazione dello scrivano, due stanze adiacenti al locale del banco. La signora Beatrice non è disposta a sopportare l’onta. Viene a sapere anche che il marito, che è in viaggio e che rientrerà il giorno successivo, intende regalare all’amante una collana a pendagli. Vuole lo scandalo, pubblicamente. Riceverà il marito al suo rientro indossando una collana simile a quella regalata all’amante, e farà denuncia dell’adulterio all’autorità di pubblica sicurezza. Per far questo invia il Ciampa a Palermo, ufficialmente con la scusa di riscattare presso il monte dei pegni dei gioielli impegnati per aiutare il fratello in difficoltà per una perdita al gioco, ma in sostanza per acquistare presso il gioielliere di fiducia della famiglia la collana a pendagli uguale a quella destinata dal marito all’amante. Il Ciampa si rende conto che Beatrice sta meditando qualche cosa che riguarda il rapporto di sua moglie con il cavaliere, e cerca di convincere la signora Beatrice a parlare. Visto che la signora, fra un’allusione e l’altra, si rifiuta di chiarire la situazione, Ciampa le racconta la famosa parabola delle tre corde: la corda civile è quella che sta al centro della testa, ed è quella che si usa nei rapporti cordiali fra le persone; la corda seria è quella che si usa quando, al di là dei rapporti cordiali, si apre un problema che va chiarito fra due persone; la terza corda, quella pazza, è quella che viene usata quando ci si trova alle strette, senza più speranza di poterne uscire con la ragione; è quella bisogna cercare di utilizzare il meno possibile. Ciampa avverte la signora che la sua corda civile è stonata, cioè che le parole di cordialità nascondono pensieri che non sono affatto cordiali, e la invita a usare la corda seria, cioè quella che serve per chiarire l’eventuale problema. Ma la signora non dà ascolto. Spiega a Ciampa quello che deve fare a Palermo e intanto manda a chiamare il delegato di pubblica sicurezza Spanò, perché vuole stendere la denuncia. Spanò è un amico di famiglia, capisce la situazione e cerca di dissuadere la signora spiegandole le conseguenze del suo gesto. Ma non c’è nulla da fare. Il delegato finisce per accettare la denuncia della signora e programma, per il giorno dopo, un agguato al locale del banco in modo da poter cogliere il Cavaliere e la moglie del Ciampa in intimità. L’atto si conclude con un ultimo tentativo del Ciampa: cerca di affidare la moglie alla sorveglianza della signora, la quale tuttavia, scandalizzata e irritata, rifiuta in malo modo. Resta quindi solo di affidare a Beatrice le chiavi.

Il secondo e ultimo atto inizia con una grosso scandalo in casa Fiorìca: siamo al giorno successivo: il cavaliere e la moglie del Ciampa sono stati arrestati. Arrivano agitatissimi il fratello e la mamma della signora Beatrice, e trovano la donna con un sorriso di trionfo. Finalmente! La sua vendetta si sta compiendo. Arriva anche il delegato Spanò, al quale tutti chiedono spiegazioni. Spanò capisce di averla fatta grossa. Da una parte cerca di tranquillizzare i presenti affermando che non si è trovato nulla di scandaloso. Il cavaliere era sì in casa di Ciampa con la moglie di quest’ultimo, ma aveva giustificato la presenza con ragioni banalissime; d’altra parte era vestito, in maniche di camicia. Anche la moglie del Ciampa era vestita in modo dignitoso, forse con la scollatura un po’ troppo ampia, cosa per la quale era stata appunto arrestata. Insomma, afferma con forza Spanò: il verbale è perfettamente negativo. L’arresto del cavaliere è avvenuto purtroppo per responsabilità di un suo collega, che ha voluto essere troppo rigido, scatenando nel cavaliere di una sorta di resistenza che ha reso inevitabile l’arresto. Ma, assicura lo Spanò, il cavaliere sarà certamente liberato entro sera. La signora Beatrice sembra accontentarsi delle spiegazioni, e tutto sembra risolto per il meglio, tranne il problema Ciampa. Egli arriva alla presenza della famiglia Fiorìca con un atteggiamento disperato. Ha una sola domanda da fare alla signora Beatrice, anzi “alla sua coscienza”, precisa: in questa sua opera ella ha agito convinta che egli, Ciampa, fosse al corrente della relazione del cavaliere con sua moglie? Alla risposta positiva della signora, allora le contesta di non aver voluto aprirsi con lui il giorno prima, quando egli la sollecitava. Se avesse parlato, gli avrebbe dato modo di andarsene con la moglie in un’altra città abbandonando il posto, risolvendo in modo pacifico la situazione. Ora non può più farlo. Ora egli di fronte alla popolazione della città è un becco, la gente lo liquiderà con quell’appellativo, la sua pace di uomo è finita. “Mi ha assassinato”, dirà alla signora. E allora egli non avrà altra scelta, per salvare almeno la dignità del pupo marito tradito: uccidere la moglie e il cavaliere. E questo lo farà, e nessuno potrà impedirlo: «Guai a chi è morto nel cuore di in altro». Tutti i presenti cercano di distoglierlo dal sanguinoso proposito. Ciampa ha perfettamente ragione, gli consentiranno. L’azione della signora Beatrice è stata una cosa stupida, fatta da una persona che la gelosia ha fatto impazzire. E tutti insisteranno su questo termine: una pazzia. Ciampa ha così un’illuminazione: tutto si risolverà se la signora Beatrice dimostrerà alla città di essere realmente pazza. Allora il cavaliere non potrà più essere considerato adultero, la moglie del Ciampa non sarà più una puttana e il Ciampa stesso non sarà più un cornuto da offrire ai lazzi dei ragazzini, e tutti potranno andare per strada a testa alta. Ma la signora Beatrice dovrà, per rendere credibile la propria pazzia essere ricoverata per qualche mese in un manicomio. E la commedia finisce con la signora Beatrice che belerà in crescendo facendo il segno delle corna con la mano, entrando così nelle vesti della pazzia, e verrà rinchiusa in una casa di salute.

La commedia è molto bella, attraente, coinvolgente. Le parabole, quella delle corde nella testa e quella dei pupi sono di grande insegnamento. La conclusione che per non essere creduti quando si dice la verità è necessario essere pazzi, è pure una lezione di raffinato scetticismo sulla natura umana.

Personalmente posso disporre di tre rappresentazioni: una del 1970, con la regia di Fenoglio e l’interprete principale Saldo Randone; un’altra del 1981 di Eduardo De Filippo e infine quella del 1984 con la regia di Squarzina e l’interpretazione di paolo Stoppa. Sono tutte e tre memorabili: Salvo Randone impersona un Ciampa più aggressivo e più combattivo; Paolo Stoppa ci mostra un lato umano che oscilla fra la sofferenza e l’orgoglio; Eduardo De Filippo dà al personaggio un carattere di maggior razionalità nello sviluppare i ragionamenti.

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