IL BACIO DELL’ASSASSINO (Stanley Kubrick, 1955)

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È il secondo lungometraggio di Kubrick. Il primo è stato Paura e desiderio, del 1953, praticamente introvabile. Si tratta di un thriller, naturalmente a lieto fine.

La trama: un pugile in declino, Davey Gordon (Jamie Smith), è alla stazione che attende il treno. Passeggiando avanti e indietro, ritorna con pensiero agli eventi dei giorni precedenti che lo hanno fatto incorrere guai molto seri. Il tutto è cominciato poche ore prima di un incontro di pugilato decisivo per la sua carriera: l’ultimo tentativo per poter arrivare al titolo. Siamo a New York, Davey abita da single in una piccola stanza in un condominio. Dalla sua finestra si vede un altro appartamento dove vive una giovane e bella ragazza, Gloria Price (Irene Kane). Fra i due non c’è nessun rapporto se non una semplice conoscenza “di vista”. Davey si prepara ad uscire per andare a sostenere l’incontro. Contemporaneamente esce anche la ragazza. Mentre Davey raggiunge lo stadio, Gloria si reca sul luogo di lavoro, un dancing, accompagnata con una lussuosa macchina dal proprietario del locale, Vinnie Raphael (Frank Silvera). I due sembrano in confidenza, e Raphael le propone di guardare assieme l’incontro di pugilato trasmesso per televisione.

Davey perde l’incontro e così tutte le sue possibilità di rinascita vanno deluse. Da Seattle suoi zii, proprietari di un allevamento di bestiame, gli telefonano invitandolo ad abbandonare, almeno temporaneamente il pugilato e a raggiungerli alla fattoria. Mentre è al telefono, vede dalla finestra Gloria, rientrata in casa, che viene aggredita da Raphael, penetrato con l’inganno nell’appartamento. La ragazza urla, si difende e Davey corre in suo aiuto. Raphael se la svigna. Da questo momento cominciano i guai. Raphael è un personaggio della malavita, prepotente e scortato da due energumeni. È opportuno che Gloria se ne vada dalla città, dove corre seri pericoli. Davey, che nel frattempo è attratto fino ad innamorarsene, la veglia e, ricordando l’invito dei suoi zii, la invita a partire per Seattle con lui. La ragazza accetta. Al mattino successivo i due dovranno fare i bagagli, ritirare i crediti che hanno in corso, e poi trovarsi per raggiungere la stazione. Ma le cose non vanno come previsto. Raphael è venuto a sapere della nuova amicizia di Gloria. L’aspetta nel locale mentre ella va a riscuotere l’ultima settimana di paga, e la fa rapire. Quindi, scambiando un uomo fermo davanti alla porta del dancing per il nuovo amico di Gloria (mentre è solo il suo procuratore), lo fa assassinare dai suoi due guardaspalle. Davey, ricuperato il credito, torna a casa per prendere Gloria: non solo non la trova, ma scopre di essere ricercato come presunto assassino del suo procuratore. A questo punto le cose gli appaiono chiare. Rintraccia Raphael e, pistola alla mano, gli impone di portarlo da Gloria, tenuta prigioniera in una soffitta e sorvegliata dai suoi due guardiaspalle. Davey ingaggia una lotta con loro, ma soccombe, mentre Gloria, terrorizzata, prega Raphael di risparmiarla e gli promette di darsi a lui. Davey sente le promesse di Gloria, ne soffre terribilmente e così, gettandosi dalla finestra, scappa. Viene inseguito da Raphael. I due finiscono in magazzino di manichini dove ingaggiano una furiosa lotta senza esclusione di colpi, finché Davey riesce ad uccidere Raphael. La polizia libera Gloria, arresta i due malviventi, scagiona Davey in quanto ha ucciso per legittima di fesa. Così egli può partire per Seattle. Si ritorna alle prime inquadrature. Rievocati i fattacci di cui è stato protagonista, si rassegna alla perdita di Gloria che certamente lo ha accusato di essere fuggito lasciandola in balia dei malavitosi. Mentre viene richiamato dal segnale del treno in partenza, proprio in quel momento Gloria arriva di corsa e si ha la riunificazione dei due innamorati.

Anche se non si tratta di un capolavoro, del rango di quelli che Kubrick girerà negli anni successivi, si possono già osservare alcuni elementi di particolare intelligenza, se non genialità. Anzitutto la trama: molto semplice e già ricca di suspence. Poi alcune inquadrature, secondo me notevoli. Anzitutto l’uccisione del procuratore di Davey: i due malavitosi lo costringono in un vicoletto senza via d’uscita, e gli si avvicinano lentamente, mentre la vittima cerca disperatamente, con preghiere e con tentativi di fuga, di sottrarsi alle cattive intenzioni dei due assassini. La luce radente, le ombre, la lentezza danno alla scena una potenza notevolissima. L’altra inquadratura che mi è sembrata molto incisiva è la fuga di Davey su per i tetti dell’edificio, inseguito da Raphael e dal suo scagnozzo, e il suo ingresso nel magazzeno di manichini, ammassati a centinaia. Qui si svolge la lotta fra i due protagonisti, terminata con la morte dell’assassino. Anche l’ambiente della stazione, con i rumori di fondo: i treni, le campane che richiamano i passeggeri, il vociare della gente che corre lungo i marciapiedi, gli spazzini che puliscono i pavimenti: tutto dà uno spettacolo di incisivo realismo attorno al passeggio e alla rievocazione di Davey. Concludendo, un film godibilissimo che prelude i grandi capolavori di Kubrick.

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