LA TERRA VISTA DALLA LUNA (da Le Streghe), PierPaolo Pasolini e altri, 1967

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Si tratta di un film costituito da cinque episodi che hanno per protagonista una donna, una strega appunto, Silvana Mangano. È diretto da cinque diversi registi. Il primo episodio è di Luchino Visconti: La strega bruciata viva; il secondo è Senso civico, di Mauro Bolognini; il terzo è La terra vista dalla Luna, di Pier Paolo Pasolini; il quarto è La siciliana, di Franco Rossi; l’ultimo è Una sera come le altre, di Vittorio De Sica.

La strega bruciata viva: si tratta una grande attrice, contornata da amici, ammiratori, fotografi etc., che è costretta a rinunciare alla gravidanza in atto, cioè alla propria vita, per il lavoro. In Senso civico la strega è una giovane donna che si offre di portare la vittima di un incidente stradale direttamente all’ospedale con la sua automobile (senso civico, appunto). Si scopre poi che il trasporto della vittima non è altro che una giustificazione per arrivare puntuale all’appuntamento con l’amante, in modo da poter violare tutte le regole della circolazione stradale. In La siciliana la strega è una fanciulla che riceve piccole attenzioni da parte di un uomo. Poiché l’uomo, a un certo momento interrompe quello che, agli occhi della donna, sembrava essere un interesse amoroso e quindi compie un atto di compromissione dell’onore, si scatena una faida con numerose morti. Feroce satira degli archetipi valori sui quali è improntata la vita dei siciliani. Per ultimo Una sera come le altre descrive la frustrazione di una donna sposata che vede, anno dopo anno, passare l’interesse del marito per lei da uno stato di focoso innamoramento dei primi tempi a un’abitudine priva di fascino delle giornate attuali. Si immagina allora, piacente come è, di essere corteggiata da una folla di uomini, finché il marito disperato si uccide.

Il racconto che qui mi interessa particolarmente è quello di Pasolini: La terra vista dalla Luna. I protagonisti, assieme alla Mangano, sono i due stessi protagonisti di Uccellacci Uccellini: Totò (che nell’episodio ha il nome di Ciancicato Miao) e Ninetto Davoli (Baciù Miao). Anche qui interpretano la parte di padre e figlio. Il film, a differenza del precedente, è a colori.
I due, padre e figlio, al cimitero, piangono la morte di moglie e madre rispettivamente. Ciancicato, tuttavia, pensa di essere ancora piacente, e di poter trovare una donna da sposare in sostituzione della defunta, in modo da offrite a Baciù una nuova madre. Così comincia la ricerca. La prima donna è una vedova in lutto che sta piangendo il marito, e che all’appressarsi dei due li insegue col bastone. La seconda è una prostituta che all’approccio risponde con il prezzo della prestazione. Altre donne che incontrano sono troppo brutte e i due per lungo tempo rimangono a bocca asciutta, vagando per una degradatissima periferia di grande città. Finalmente, durante una delle peregrinazioni, incontrano una donna bellissima che prega inginocchiata davanti a un’effigie della madonna. Si avvicinano e Ciancicato cerca di sapere se è sposata, se eventualmente intende sposarsi, etc. Ma la donna lo guarda e non risponde, neppure alle insistenti richieste. Finalmente i due scoprono che si tratta di una sordomuta. Allora con segni, nel filmato comicamente grotteschi, Ciancicato riesce a convincere la donna a sposarlo. La donna si chiama Assurdina Caì (Silvana Mangano). Il matrimonio viene celebrato in una chiesetta da un prete, mentre Baciù, con l’armonica a bocca, suona inni di gioia per il matrimonio. I tre vanno a casetta a suon di marcia. Questa è una catapecchia fatta di frasche, pareti di cartone e di legno, nel quartiere più povero e degradato della città. L’interno si presenta con un disordine orribile, con materiale di ogni genere ammassato, sporcizia per ogni dove, eccetera. Ciancicato si vergogna davanti alla novella sposa per lo spettacolo, e con un sorriso compiacente avverte: “Ma non ci sono scarafaggi!”. Assurdina vede tutto, chiude gli occhi dei due passando un dito sulle palpebre, e nel giro di pochissimo tempo fa un ordine accogliente nell’interno della casa. Tutto funziona alla perfezione i tre vivono felici. Col passare del tempo, si libera una casa più decente, in veri mattoni, vicino alla loro catapecchia. La si potrebbe comprare. Un consulto a tre decide per il sì, ma occorrono soldi. La soluzione si trova in una colletta. Occorre mettere in atto una situazione commuovente che spinga la gente alla solidarietà. Assurdina sale sul Colosseo e fa l’atto di volersi suicidare buttandosi. Si lamenta con grandi movimenti del corpo che simulano disperazione, mentre Ciancicato e Baciù spiegano alla folla che sta accorrendo le disgrazie di quella povera donna, e invitano la gente ad aiutarla finanziariamente facendo una colletta. Naturalmente la gente è tirchia e la colletta sale molto lentamente fra la crescente disperazione di Assurdina. Nel frattempo una strana coppia di turisti, lui piccolo e grassottello (Laura Betti) e lei lunga e secca (Luigi Leoni) salgono anche loro sul Colosseo, nell’arco superiore a quello in cui si trova Assurdina. I due turisti godono della vista di Roma antica, mentre lui mangia una banana, lasciando cadere la buccia al di sotto. La buccia si ferma proprio davanti ai piedi di Assurdina, che la pesta e precipita nel vuoto. Così Ciancicato rimane vedovo per la seconda volta e Baciù per la seconda volta orfano di madre. I due tornano a casa dopo aver accompagnato la morta alla sepoltura. Con loro grande paura, quando entrano nella loro catapecchia si vedono venire incontro nuovamente Assurdina. Ma Assurdina non è morta? Sì, effettivamente lo è, ma una didascalia finale ci avverte: Essere morti o essere vivi è la stessa cosa.

L’episodio è condotto con il ben noto gusto di Pasolini. Totò anche qui si esprime soprattutto con la mimica facciale, tanto più che deve colloquiare con una sordomuta. Il carattere grottesco del personaggio è poi arricchito dall’abbigliamento e dall’acconciatura, due ciuffi di capelli di color rame ricci e gonfi ai lati della testa. Anche Ninetto Davoli ha capelli rossi con una pettinatura decisamente ridicola. Silvana Mangano ha invece l’aspetto di una donna molto bella, con un sorriso dolce. Si potrebbe definire l’aspetto di un angelo: e forse angelo lo è. L’ambiente è quello di una periferia degradata, ai limiti della campagna, con strade in terra battuta, capannoni abbandonati, immondizia ovunque, poche case in mattoni. Il colore. Secondo me merita un accenno: si tratta di un colore piatto, quasi disegnato, molto lontano dal colore degli altri episodi, e che dà al racconto più il senso della parabola che quello di una vicenda realistica. Si tratta infatti, come dice il titolo dell’episodio, non della terra dove la gente vive normalmente, ma proprio di una Terra vista dalla Luna. Per finire, la didascalia finale. È ovviamente provocatoria: vivere e morire non sono ovviamente la stessa cosa, ma la frase che essa esprime lascia nello spettatore, se non altro in me, una sensazione sgradevole dove la vita sembra essere nient’altro che il preludio alla morte, e dove la soluzione dei vari problemi che la vita pone non porta da nessuna parte.

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