POVERA GENTE (Бедные люди) di Fëdor Michajlovič Dostoevskij, 1846

Image_dost_01

È il primo romanzo di Dostoevskij. Fu molto apprezzato dai maggiori critici e scrittori letterari russi dell’epoca, fra cui Nekrasov e Belinskij, ma suscitò anche molte polemiche. Siamo negli anni Quaranta del XIX secolo, periodo in cui la letteratura russa era dominata da due grandi scrittori: Puškin e Gogol. Naturalmente il sorgere di un nuovo scrittore, sia pure controverso, non poteva non sollevare un confronto con i due.

Il romanzo è in forma epistolare. Due personaggi, i protagonisti Varvara Aleksjejevna e Makar Djevuskin abitano due camere le cui finestre, che si affacciano su un cortile, sono situate dirimpetto. Varvara è una fanciulla di una ventina d’anni, poverissima, con alle spalle una storia di grandi sofferenze. Makar è un piccolo impiegato di una quarantina d’anni.
Fin dalle prime lettere emerge il carattere dei due protagonisti. Makar si rivela persona molto dolce, innamorato della fanciulla, alla quale si rivolge con grande tenerezza usando il termine di passerottino. Varvara non contraccambia l’amore se non con una sorta di affetto quale si può avere nei confronti di un amico che si prodiga per te, che ti aiuta, che ti offre la sua amicizia e, sia pure pudicamente, ti fa capire che ti ama.
Il romanzo si sviluppa attraverso lo scambio epistolare. Veniamo a conoscere il passato dei due protagonisti, i loro interessi, le loro attività passate e presenti, i loro rapporti con il mondo esterno e con le persone che in un modo o nell’altro popolano o hanno popolato i loro mondi.
La storia di Varvara Aleksjejevna è quella di una fanciulla che, cresciuta in uno stato di agiatezza (il padre era amministratore delle terre di un nobile), a causa di vicende familiari negative, va incontro a una situazione di degrado e di povertà crescenti, spintavi anche da una parente malvagia, Anna Fjodorovna, che si vorrebbe approfittare di lei sfruttandola. Alla fine Varvara riesce a svincolarsi e a vivere da sola, mantenendosi con piccoli lavori che sembrano appena sufficienti a permetterle un tenore di vita ai limiti del possibile. In questo l’amicizia e la dedizione di Makar si dimostrano indispensabili.
Makar è un piccolo impiegato, che compie il suo lavoro di copista in modo dignitoso, con uno stipendio ridotto al minimo. Parte del suo stipendio lo destina ad aiutare Varvara, a fargli piccoli doni che la ragazza vorrebbe rifiutare, conoscendo gli sforzi dell’amico. Il rimanente dello stipendio non è neppure sufficiente per dotarsi di un vestito decente e buone calzature, con le quali andare al lavoro. Tutto questo lo mette in balia degli scherzi e delle derisioni dei colleghi.
Sia Varvara che Makar appartengono a quel genere di persone che potremmo definire “povera gente”. La povertà è certamente uno stato oppressivo, rende difficile contrarre rapporti di amicizia, sottopone le persone a possibili tentativi di sfruttamento, ma non impedisce ai due protagonisti della storia di esprimere il loro desiderio di cultura, di comprensione del prossimo, di apprezzamento della natura.
Negli scambi epistolari si parla di libri che i due si scambiano, dei giudizi che danno alle loro letture; si parla delle persone con le quali hanno a che fare, delle necessità impellenti che riguardano la sopravvivenza quotidiana. Si raccontano fatti accaduti nel passato e cose che accadono nel presente. Prendono vita in questo modo vari personaggi che contribuiscono a creare il mondo presente nel romanzo.
Le lettere di Makar, ci rivelano è una persona di grandissima bontà, amante della natura, e nel contempo estremamente desideroso di cultura. Ne è riprova la sua amicizia con uno scrittore, in realtà modesto, che vive nella stessa casa, Ratazjaev, del quale adora i romanzi. Consiglia Varvara di leggerli, e nelle lettere le trascrive alcuni brani. È evidente, dai brevi passaggi riprodotti che si tratta di autentiche banalità (forma indiretta con la quale Dostoevkij esprime feroci critiche a certi romanzieri contemporanei). Il suo interesse principale è per Puškin e per i libri che Varvara gli fa avere, in particolare I racconti di Bjelkin e il mastro di posta. Anche Gogol del quale ha letto Il cappotto, lo attira molto, ma non è esente da critiche. Di fatto il personaggio Makar richiama sotto certi aspetti proprio il protagonista della novella di Gogol, Akakij Akakjevič, dal quale tuttavia lo differenzia il carattere. Akakij è un carattere chiuso, attento soprattutto alla propria persona e alle sue necessità. Al contrario Makar, come si è visto e come appare continuamente nelle sue lettere è una persona attenta alle miserie di chi lo circonda, pronta a darsi da fare per aiutare, anche con proprio danno, i grandi bisognosi. Un esempio sotto certi aspetti commuovente è il suo rapporto con la famiglia Gorskov, famiglia in gravissime condizioni di miseria che vive nella sua stessa casa, per la quale Makar arriva a privarsi delle sue ultime copeke, pur di riuscire ad alleviare sia pure minimamente le loro disperate condizioni. La famiglia comparirà più volte nelle lettere di Makar, nelle quali si parla anche della tragica morte del figlio maggiore, dove tutta la tragedia è descritta non nelle grida, ma nel profondamente doloroso silenzio. Sappiamo alla fine che il vecchio Gorskov riuscirà ad uscire dal ghetto della miseria vincendo la causa contro un suo debitore, il quale dovrà restituire all’uomo soldi e onore, ma che, forse a causa dell’emozione, perderà la vita.
Il rapporto di Makar con Varvara ha una valenza anche economica: ci sono pochi soldi e i due si dividono il poco che c’è. Ma ci sono occasioni in cui il denaro non è assolutamente sufficiente. Varvara si lamenta che Makar si privi del necessario, ma anch’essa non sa che cosa fare per sopravvivere.
Ad un certo momento Makar è costretto a ricorrere a prestiti, che tuttavia non riesce ad ottenere a causa della sue miserevoli condizioni. Non ci sono garanzie che possano convincere gli usurai a prestare la cifra necessaria. Tutto sembra precipitare, quando la fortuna, all’ultimo momento, aiuta il nostro eroe. A causa di un errore di trascrittura viene chiamato dal capo ufficio, Sua Eccellenza. Si presenta agitatissimo, con i vestiti ormai consunti, quasi a brandelli. Sua Eccellenza, ricevute assicurazione sul lodevole impegno dell’impiegato, anziché punirlo è mosso a pietà e gli regala 100 rubli, cifra che, finalmente risolverà tutti i suoi problemi, almeno quelli del momento.
Anche negli scritti di Varvara si manifestano episodi di vita. Attraverso un diario, che la fanciulla fa avere a Makar, veniamo a conoscenza delle sue vicende passate. Da una stagione felice nel corso dell’infanzia, la fanciulla viene a trovarsi quasi improvvisamente, per le disavventure e poi per la morte del padre, in una situazione tragica. Assieme alla madre viene ospitata da una sedicente lontana parente, Anna Fjodorovna, che vorrebbe approfittare dell’avvenenza della fanciulla per trarne profitto. In questo triste e angosciante periodo Varvara conosce un giovane studente, Pokrovskij, anch’esso poverissimo, che vive facendo l’istruttore nella casa della Fjodorovna. Fra il giovane e Varvara sorge ben presto una reciproca amicizia che ha breve durata per la precoce morte del giovane. Una figura particolarmente interessante è quella del vecchio padre del giovane, la cui vita di stenti non gli impedisce di esprimere con ogni possibile mezzo a sua disposizione, l’amore per il figlio. Ne è soprattutto la riprova del regalo che Varvara e il padre fanno al giovane Pokrovskij in occasione del suo ultimo compleanno: tutta la collezione degli scritti di Puškin, da lui tanto desiderata, e che esaurisce le modestissimi disponibilità finanziarie dei due. Alla fine, mentre il vecchio segue il feretro del figlio per il cimitero, nelle sua tasche, fra le sue braccia, sono raccolti i volumi della sua biblioteca, come ultimo ricordo del suo amato figlio.
Varvara è poi costretta a fuggire dalle rapaci attenzioni della Fjodorovna, che la vorrebbe offrire come oggetto sessuale a un suo ricco conoscente, un certo Bykov. Ed è proprio a seguito della sua fuga e del suo rifugio nella casa di Tamara, che Varvara ha modo di conoscere Makar, e di fare con lui una tenera amicizia. Ma la vita esercita pressione sulla fanciulla, la quale cerca una via d’uscita che le consenta una indipendenza e una libertà da possibili intrighi a suo danno. Si dedica così alla ricerca di impiego come istitutrice presso famiglie e quindi alla possibile necessità di trasferimento in altre abitazioni. La cosa getta nella disperazione Makar, che insiste perché il sodalizio fra loro due prosegua con aiuti reciproci che fino ad allora hanno consentito, anche se non sempre, una vita dignitosa.
Alla fine, tuttavia, le speranze di Makar trovano un ostacolo insormontabile. Bykov, il ricco signore che, nei piani di Anna Fjodorovna, avrebbe dovuto sfruttare la bellezza di Varvara per il proprio piacere, alla fine capisce l’intrigo di cui la fanciulla sarebbe stata vittima, si ribella alle mire della donna, e chiede alla fanciulla di diventare sua sposa. A questo punto Varvara, fa un po’ di conti, e capisce che quella è una credibile e non irrinunciabile soluzione a tutti i suoi problemi. Comunica la cosa a Makar, il quale, dopo una prima, disperata resistenza, capisce che non può più opporsi. Varvara sposerà Bykov e partirà con lui, con la certezza che, alla morte di questo, diventerà la sua erede universale. A Makar non resterà che fare una mesta visita alla camera dove Varvara aveva trascorso il felice periodo della sua amicizia, e raccogliere tre oggetti legati al ricordo di lei: un libro di Puškin, Il mastro di posta, una lettera indirizzata a lui, iniziata ma non completata, e il telaio con il quale la fanciulla cercava di guadagnare le poche copeke che le consentissero di sopravvivere.
I libro è molto bello. I personaggi ne escono con grande vitalità, sia i protagonisti, sia i personaggi di contorno. La vicenda è leggera, fa perno su un rapporto asimmetrico (l’amore di lui per la fanciulla, e l’affetto della fanciulla per lui), e termina con un lieto fine che proprio lieto non è. La povera gente, a volte può risolvere i propri problemi, ma sempre a qualche prezzo che finisce per escludere una vera felicità.

Scrivi un commento