COCKTAIL PARTY, di Thomas Stearns Eliot, 1949

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Londra. In casa Chambelayne si sta dando il cocktail party settimanale, un rito da sempre voluto da Lavinia, moglie di Edoardo. Ma questa volta Lavinia non c’è. Gli ospiti si chiedono, e soprattutto chiedono a Edoardo, il motivo dell’assenza. In realtà, si verrà poi a sapere, Lavinia ha semplicemente lasciato Edoardo con un biglietto di poche righe. Gli ospiti, a uno a uno se ne vanno. Ne resta uno solo che non fa parte degli invitati.

La presenza dell’ospite misterioso spinge Edoardo a parlare. È proprio a lui confessa che la moglie l’ha abbandonato. L’ospite capisce che l’abbandono da parte della moglie, nella realtà, sembra essere frutto della volontà di Edoardo, e così l’interpreta. Ma Edoardo si ritrae. Se prima desiderava che la moglie se ne andasse, ora vorrebbe il suo ritorno. La moglie ritornerà, gli comunica l’ospite con fare misterioso. Tornerà il giorno successivo, e Edoardo dovrà aspettarla in casa. L’ospite, tuttavia, gli chiede di non accennare alla sua presenza e della sua predizione.
Uscito l’ospite, avvengono due fatti che sconvolgono i rapporti di Edoardo con le realtà. Il primo è la scoperta che Pietro, uno dei frequentatori dei cocktail, è innamorato di Celia, anch’asse del gruppo di amici dei Chambelayne. Pietro è disperato, perché non è riuscito a convincere la ragazza e chiede a Edoardo di aiutarlo. Pietro lavora come attore e vorrebbe fare il regista; questa passione lo ha avvicinato a Celia, anch’essa interessata a questo tipo di attività.
Il secondo è l’arrivo di Celia. Ella è l’amante di Edoardo, e di lui intensamente innamorata. Fra i due sembra che si sia instaurato un rapporto per una futura convivenza. Il fatto che Lavinia abbia lasciato Edoardo è proprio l’evento atteso. Ma Edoardo, proprio in seguito alla discussione avuta con l’ospite sconosciuto, non sembra più interessato. Il ritorno della moglie è, a questo punto inevitabile, e Celia si rende conto che il rapporto con Edoardo è finito. Quello che sembrava essere un amore, si rivela non esserlo. Non lo è più ora, e probabilmente non lo è mai stato. Celia si rende conto di avere commesso un errore, di avere costruito una speranza di vita su un sentimento che si è rivelato inesistente. Inesistente in Edoardo, che, evidentemente, ha cercato nella donna solo una fuga da un matrimonio che non lo interessava più; inesistente in lei, che avendo creduto nell’amore di Edoardo, si era lasciata investire da un sentimento rivelatosi effimero.
Il ritorno di Lavinia, come predetto, avviene il giorno successivo. Fra i due coniugi si apre una discussione nella quale emergono i veri sentimenti che li uniscono e nello stesso tempo li dividono. Edoardo si dimostra essere una persona che non ha nulla a cuore se non l’apprezzamento di se stesso. Questo comporta uno scarso interesse nei riguardi della moglie e dei suoi problemi. Lavinia si dimostra essere una donna che non può accettare di non essere al centro dell’attenzione del marito, e agisce in modo da costringerlo a seguire obiettivi e a costruirsi un’esistenza che a lui non interessa affatto, ma che non può non seguire. Quello che ne risulta è un senso di solitudine che finisce per investire entrambi i coniugi. Forse la soluzione potrebbe essere affrontata in un colloquio con uno psichiatra.
Lo psichiatra, si scoprirà poi, è proprio l’ospite misterioso con il quale si era confidato Edoardo: Sir Hernry Harcourt Reilly.
Nel secondo atto vediamo Edoardo entrare nel suo studio. Il problema che emerge riguarda la sua autostima, che le recenti vicende che ha dovuto affrontare e le considerazioni che ne sono seguite hanno fatto precipitare. Come ricuperarla? Sir Henry decide di metterlo a confronto con la moglie, che viene così introdotta nello studio, dove c’è il marito. Il rapporto fra i due viene chiarito dalla consapevolezza che entrambi i coniugi avevano un amante, e che per entrambi la relazione si è dovuta interrompere. Edoardo, come si è visto aveva come amante Celia, e la rottura ha messo in evidenza la sua sostanziale incapacità di amare, che è sostanzialmente ciò che ha da sempre incrinato anche il rapporto con la moglie. Lavinia aveva come amante Pietro, che l’ha abbandonata per andare in America e seguire la propria carriera cinematografica. In questo caso il problema emerso nella donna è quello di essere convinta dell’impossibilità di essere amata. E questo si è dimostrato valido nei confronti di Pietro, come anche nei confronti del marito.
L’unica via da seguire si è dimostrata quella di tornare assieme consapevoli, di imparare a portare sulla coscienza i pesi di ciò che il loro comportamento ha creato negli altri: fare buon viso a cattiva sorte.
E una di quelli che ha dovuto subirne il peso, è proprio Celia. Celia diventa cliente di Sir Henry. Il rapporto prima e l’abbandono poi di Edoardo ha rimesso in discussione le sue convinzioni e la sua stessa vita e sente il bisogno di esternare.
Due problemi: il primo è un senso di solitudine, non tanto legato all’abbandono da parte di Edoardo, quanto alla consapevolezza che la relazione non ci sia mai stata. L’altro è il senso del peccato. Lo avverte come un vuoto, come se avesse bisogno di un’espiazione. Di fatto questa è la solitudine.
Come conseguenza, le si aprono due strade, la informa lo psichiatra: una è il ricupero della cosiddetta “normalità”, pur senza affidarsi all’intensità dei sentimenti, che rimarranno solo sullo sfondo; l’altro è far proprio il senso del peccato ed uscirne come essere solitario ma in grado di capire se stessa e i propri sentimenti come centro di rapporti umani. Celia sceglierà la seconda e partirà per un viaggio lungo e difficile.
Intanto Edoardo e Lavinia hanno trovato l’accordo. Un modo per tornare a una vita priva di sentimenti. Il legame sarà rappresentato non tanto dall’aver saputo del tradimento reciproco, ma dall’aver saputo che che l’altro ne ha compreso la causa.
Nell’ultimo atto sono passati due anni. La vita riprende la propria normalità. E nella normalità ci sono i cocktail.
In attesa che arrivino gli invitati i coniugi Chambelayne si scambiano affettuosità mentre arrivano gli amici di sempre: Julia, Sandro, e, a sorpresa, Pietro che sta lavorando a un film. Non c’è, invece, Celia. Peter chiede di lei e si viene a sapere che è morta. Pietro racconta i particolari. Per ragioni di lavoro, ha fatto un viaggio in un’isola selvaggia dell’oceano Pacifico. L’isola, colonia inglese, è abitata da selvaggi; in piccola parte convertiti al cristianesimo, nella maggioranza di religione idolatra. Fra idolatri e cristiani c’è sempre tensione, spesso si verificano ammazzamenti. A causa di una pestilenza che provoca numerose morti, Celia, che dopo l’incontro con lo psichiatra, si è arruolata in una associazione di infermiere che operano come volontarie nel terzo mondo, è trasferita proprio in quell’isola, e si dedica, assieme altre due suore, alla cura degli indigeni convertiti al cristianesimo, affetti dalla malattia epidemica. In uno dei tanti scontri fra idolatri e cristiani, anche il villaggio dove opera Celia, viene attaccato. Celia viene catturata, e gli idolatri la torturano e la crocifiggono vicino a un termitaio assicurandole una morte atroce.
Il racconto lascia tutti inorriditi, mentre l’arrivo dello psichiatra spiega le motivazioni della scelta di Celia. In realtà, essa non avendo trovato quello che conta, cioè l’amore, nei rapporti umani di coppia, l’ha cercato in una forma di altruismo che non poteva, alla fine che portarla alla morte che ha trovato.
La ricerca di Eliot nei meandri dell’animo umano, del rapporto fra sentimenti e scelta di vita non sempre è convincente e chiara. Gli eventi narrati mettono in risalto come la solitudine sia comunque un principio al quale non ci si può sottrarre, e che le possibilità di vincerla si accompagna al senso di responsabilità per le scelte del prossimo, sia esso una persona che ci vive vicino, sia esso una persona che ha condizionato la nostra vita o i nostri sentimenti nel passato. Alla fine la scelta si pone fra una vita il cui l’amore è solo l’espressione di una convivenza, e quella in cui l’amore è una forma di donazione del proprio essere a un fine superiore, senza che a questo fine sia possibile attribuire una forma umana, ma solo un desiderio di spiritualità che condizione un distacco dalla vita stessa.

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