I poeti ci aiutano non solo a conoscere meglio noi stessi, ma anche il nostro Paese, spesse volte da loro celebrato attraverso luoghi ormai entrati nitidamente nel nostro patrimonio di pensiero.

Come non ricordare infatti la Ravenna di Dante che troviamo nel canto di Francesca, quinto dell’Inferno? “Siede la terra dove nata fui / su la marina dove ‘l Po discende / per aver pace co’ seguaci sui”.

E come non ricordare il Recanati di Leopardi, la Trieste di Saba, l’Abruzzo di D’Annunzio, la Genova (con il levante) di Montale e la Parma di Bertolucci?

Alcuni di questi luoghi li conosciamo addirittura nella loro “architettura”, magari senza averli mai visitati: è così per Bolgheri, dove i cipressi “alti e schietti / Van da san Guido in duplice filar”, e per Tindari, che “mite ti so / fra larghi colli pensile sull’acque / dell’isole dolci del dio”. Dai lontani ricordi scolastici è possibile dunque portar con noi un singolare baedeker, un po’ tra il fedele regesto geografico e il documento poetico ricco di impressioni e di sentimenti.

Proprio, a ben vedere, come queste Cartoline illustrate di Attilio Bertolucci, poeta tra i maggiori del nostro Novecento e prosatore in grado, come pochi, di concentrare nel “pezzo breve” tutto il suo alto magistero.

Vengono in mente, come significativo esempio tra i tanti, alcune sue brevi prose (intitolate “Viaggio tra gli antiquari” e raccolte in Ho rubato due versi a Baudelaire) ove visite presso negozi di antiquari diventano l’occasione di ricordi e di meditazioni in cui una sorta di “crepuscolarismo rivisitato” si insinua secondo una significativa cifra espressiva. E così il viaggio a Torino ha questo splendido incipit: “Come doveva essere bella Torino, all’alba del secolo. Lo sapevamo tutti per aver letto Gozzano, non il Gozzano antiquario, in anticipo sul gusto della trouvaille, ma un po’ stucchevole, dell’Amica di nonna Speranza: il Gozzano poeta della vita moderna, per noi diventata antica, riverberata da nevi favolose che il nero delle rotaie segna di parallele e di reticoli, all’infinito”.

D’altro canto, in Bertolucci la vicinanza tra poesia e prosa è sempre stata molto stretta: famosa è la sua frase “Non so se il verso lavi la prosa, o la prosa il verso. Ma questo lavarsi reciproco, come fra amanti mi va benissimo”.

Le Cartoline qui presentate, ricche, da un lato, di storia dei luoghi visitati e, dall’altro, di “impressioni” di cui è intrisa la loro quotidianità, rivelano una freschissima scrittura, in cui la polarità in questione rimane, come per incanto, cristallizzata in un equilibrio di rara perfezione, che lega, nella brevità, tanto l’informazione storico-geografica, quanto l’assunto poetico.

La Cartoline vantano poi le illustrazioni di William Xerra, rappresentativo esponente della cosiddetta “poesia visiva”, che sempre si è mosso tra il segno poetico e quello pittorico. Non solo per questo sua passato (e presente) artistico, ma pure per una sensibile consonanza, Xerra ha prodotto un dialogo serrato con Bertolucci, così che alla scrittura del poeta si accosta armoniosamente in questa Cartoline la sensibilità grafica del pittore.

Ne esce, alla fine, un prezioso baedeker, con il quale il lettore, volendolo può intraprendere – nella realtà o solo come possibile (e giocosa) finzione – un suo personale petit tour, magari sulle orme di quel grand tour che qualche secolo fa rese così celebre in Europa il nostro Paese.


Prof. Ivo Iori, Ideatore e curatore della collana “Opere inedite di cultura”

Parma, dicembre 2006

I poeti ci aiutano