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Montechiarugolo

Marina di Pietrasanta

Questa è una passeggiata che consiglio ai pochi, fra i tanti che affollano da giugno a settembre le spiagge stendentisi da Viareggio a Forte dei Marmi e dintorni, ai pochissimi forse, cui suonino nell’orecchio versi di quello stupendo diario di un’estate marina, che è l’ “Alcyone” di D’Annunzio. Scegliere una giornata che libeccio, risalendo la costa, renda impossibili gli arenili, portarsi a Marina di Pietrasanta, all’ingresso della villona di gusto fiorentino detta La Versiliana, entrare e addentrarsi nel “pineto”, per dirla col divino Gabriele: ben 85 ettari di bosco che gli eredi della nobile famiglia Digerini-Nuti hanno saviamente venduto al Co
mune di Pietrasanta.

E tuttavia stregate per chi, ripeto, memore dei versi scritti qui nei primi anni di questo secolo, stando ore e ore in piedi e vergando su sfrangiata carta fabriano posta su un leggìo, naturalmente falso antico, potrà ritrovare Ermione, cervi e centauri, immaginari si capisce, gocce di pioggia magari reali, ma così deliziose nella lirica più nota del libro, non indegna delle liquide melodie di Debussy, o se volete, Magister Claudius, giusta il soprannome datogli dal nostro Poeta.

E perché non potrebbe incontrare, il visitatore, avventurandosi nel folto verso il fiumetto lutulento, il Poeta stesso e la sua Donna, più che immaginari, fantasmici e, orrore, del tutto ignudi? Precorrendo i tempi i due si permettevano tali licenze pare anche sulla spiaggia schiarita dal plenilunio.

Che poi la contessa proprietaria, riavuta La Versiliana dall’illustre affittuario, venuta a sapere del fatto dalle pie donne del luogo, abbia chiamato il parroco perché benedicesse la villa, sarà da verificare. Ma insaporisce la visita, il candido esorcismo patrizio…

Ricordo che Carlo Emilio Gadda soggiornante, per la difficoltà di alloggiarsi in piena estate al Forte, lui così grande della persona, in una sorta di “cesso” (sono parole sue), trasformato in stanza da letto, essendo stato condotto dinanzi alla Versiliana, reagì così. Con calcolo fulmineo stabilì quanti metri quadrati toccarono al Vate, quanti ora ne occupava lui. Fu amaro, ma con il rispetto professionale che egli doveva avere per lo strepitoso artefice della parola tanto più di lui fortunato nell’alloggio in Versilia.

 

“L’Espresso”, 4 luglio 1982