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Filetto

Montechiarugolo

Di castelli belli, bellissimi in Italia ce n’è dappertutto. Questo che vorrei visitaste, e lo potete fare in ore tradizionali di visita, ha una parte unica, per incanto: la loggia che si affaccia sul fiume Enza, spartente la provincia di Parma da quella di Reggio Emilia. Anche di belle logge i castelli, da fortezze nel tardo Medioevo via via sempre più trasformatisi nel Rinascimento in ricche dimore, ne posseggono fin che volete. Ma entrate nella nostra, aerea, come sospesa a non meno di 25 metri dal suolo, ritmata da colonnine snelle come tronchi di piante giovani attraverso le quali l’aria spirante delle acque che scorrono sotto, gioca di continuo. Se soffrite di ve
rtigini non temete, va molto peggio con le terrazze dei condomini. Qui voi potete affacciarvi e girare l’occhio, sentendovi in pace. Non importa se nel paesaggio di pianura che lievita verso la collina la nostra epoca ha innalzato silos e fa muovere, maestose, le macchine popcolorate della nuova agricoltura: l’aria è sempre quella della Val d’Enza.

Che affascinava, a un tiro di schioppo da qui, sull’altra riva (un secolo prima che la loggia fiorisse dai muri turriti quasi organicamente, come fanno i rampicanti), Francesco Petrarca, canonico del Duomo di Parma, circa la metà del Trecento. Il luogo preciso dove il poeta si recava a scrivere l’ “Africa” si chiama Selvapiana; si racconta che i contadini storpiassero deliziosamente il nome Petrarca in Patriarca. Le autorità ecclesiastiche, per questo troppo zelo letterario del loro uomo, stilarono la mirabile nota di servizio: “Quasi sempre assente e del tutto inutile”. Era un po’ come lavorare in Rai e starsene a scrivere poesie a Villa Sciarra.

Montechiarugolo ha inoltre orrende carceri con graffiti di antichi reclusi, pozzi, camminamenti merlati e altre bardature tipiche delle rocche feudali. Ma, in più, stupendi saloni con pareti affrescate dal tardo Gotico al Manierismo e oltre. Nel centro, un cortile che negli anni del melodramma lo scenografo Girolamo Magnani, fra i prediletti di Verdi, ha decorato un po’ come fosse una scena d’opera. L’illusione, se tace la notte placida, perfetta. A 15 km. circa da Parma.

 

“L’Espresso”, 29 agosto 1982