Ninfa

Fu Gregorovius, storico, e innamorato, di Roma nel medioevo, che visitava Ninfa nel 1873 (vi era giunto a dorso d’asino, lui fortunato: ma allora non si poteva arrivarci in altro modo) ebbe a scriverne: “…la città, mezzosepolta negli acquitrini, con le sue mura, le sue chiese, i suoi chiostri, è più bella di Pompei… ogni edificio, ogni pietra sono ricoperti di rampicanti… sui ruderi sventolano gli stendardi purpurei del dio di primavera…”. Abbandonata sul finire del Trecento, dopo che due rami dei Caetani, feudatari della zona, vi si erano fie
ramente scontrati con danni alle persone e alle cose, da un Caetani, Gelasio, venne nel 1920 ricuperata, bonificata e riportata alla vita.

La città, con le sue absidi (di sette chiese) e torri e abitazioni smozzicate e sbruciacchiate, divenne nella sua condizione di pittoresca rovina, giardino, mentre il Palazzo Comunale, restaurato e necessariamente un po’ rifatto, casa di campagna della famiglia. Ninfa è ricca d’acque scorrenti, preziose per le piante, i muschi, i praticelli, i roseti che coprono, e scoprono, mai soffocano, la pietra e il mattone. Nelle acque scivolano trote di razza anche più antica dei Caetani, coetanee, pare, delle murene del Lago d’Averno.

È giusto qui ricordare, per la cura intelligente che posero nel mantenere Ninfa quale la natura e la storia, nei loro disegni e capricci vollero che fosse, Roffredo Caetani, musicista di buona scuola, e la moglie Marguerite, americana d’origine.

Ninfa, adagiata in una pianura che fu malarica ed è salubre e fertile, viene protetta da due ordini di mura, quelle vere e proprie che la cingono e stringono da vicino, le metaforiche, formate dai Monti Lepini su cui sorgono Norma e Norba, che fu avversaria di Roma, e più in là Sermoneta con il suo castello, naturalmente Caetani. 60-70 km circa da Roma, o per l’Appia o per la Pontina. Visitabile tutti i primi sabati, e domeniche, da aprile a ottobre, ritirato un permesso al Wwf, Roma, via Mercadante 6, o a Palazzo Caetani, Roma, via Botteghe Oscure, 32.


“L’Espresso”, 9 gennaio 1983

 
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