LA POESIA

 
 
 
 
 
 

Essere… o non essere. È il problema.

Se sia meglio per l’anima soffrire

oltraggi di fortuna, sassi e dardi,

o prender l’armi contro questi guai

e opporvisi e distruggerli. Morire,

dormire… nulla più. E dirsi così

con un sonno che noi mettiamo fine

al crepacuore ed alle mille ingiurie

naturali, retaggio della carne!

Questa è la consunzione da invocare

devotamente. Morire, dormire;

dormire, sognar forse…  Forse; e qui

è l’incaglio: che sogni sopravvengano

dopo che ci si strappa dal tumulto

della vita mortale, ecco il riguardo

che ci arresta e che induce la sciagura

a durar tanto anch’essa. E chi vorrebbe

sopportare i malanni e le frustate

dei tempi, l’oppressione dei tiranni,

le contumelie dell’orgoglio, e pungoli

d’amor sprezzato e rèmore di leggi,

arroganza dall’alto e derisione

degli indegni sul merito paziente,

chi lo potrebbe mai se uno può darsi

quietanza col filo di un pugnale?

Chi vorrebbe sudare e bestemmiare

spossato, sotto il peso della vita,

se non fosse l’angoscia del paese

dopo la morte, da cui mai nessuno

è tornato, a confonderci il volere

ed a farci indurire ai mali d’oggi

piuttosto che volare a mali ignoti?

La coscienza, così, fa tutti vili,

così il colore della decisione

al riflesso del dubbio si corrompe

e le imprese più alte e che più contano

si disviano, perdono anche il nome

dell’azione.


William Shakespeare, Amleto, III. I –  (1602)

Traduzione di Eugenio Montale

 

ESSERE… O NON ESSERE

di William Shakespeare

William Shakespeare, sabato 9 gennaio 2010

 
 
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