UMBERTO SABA

 
 
 
 
 

Neri Marcorè, sabato 14 aprile 2018

 

    IL FIGLIO DEL VENTO



Trieste


Ho attraversato tutta la città.

Poi ho salito un’erta,

popolosa in principio, in là deserta,

chiusa da un muricciolo:

un cantuccio in cui solo

siedo; e mi pare che dove esso termina

termini la città.

Trieste ha una scontrosa

grazia. Se piace,

è come un ragazzaccio aspro e vorace,

con gli occhi azzurri e mani troppo grandi

per regalare un fiore;

come un amore

con gelosia.

Da quest’erta ogni chiesa, ogni sua via

scopro, se mena all’ingombrata spiaggia,

o alla collina cui, sulla sassosa

cima, una casa, l’ultima, s’aggrappa.

Intorno

circola ad ogni cosa

un’aria strana, un’aria tormentosa,

l’aria natia.

La mia città che in ogni parte è viva,

ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita

pensosa e schiva.


(1910-12, Canzoniere - Trieste e una donna,)


Mio padre è stato per me “l’assassino”


Mio padre è stato per me “l’assassino”,

fino ai vent’anni che l’ho conosciuto.

Allora ho visto ch’egli era un bambino,

e che il dono ch’io ho da lui l’ho avuto.

Aveva in volto il mio sguardo azzurrino,

un sorriso, in miseria, dolce e astuto.

Andò sempre pel mondo pellegrino;

più d’una donna l’ha amato e pasciuto.

Egli era gaio e leggero; mia madre

tutti sentiva della vita i pesi.

Di mano ei gli sfuggì come un pallone.

«Non somigliare – ammoniva – a tuo padre».

Ed io più tardi in me stesso lo intesi:

eran due razze in antica tenzone.


(1923, Canzoniere - Autobiografia, da Primo tempo)


Ulisse

Nella mia giovinezza ho navigato

lungo le coste dalmate. Isolotti

a fior d’onda emergevano, ove raro

un uccello sostava intento a prede,

coperti d’alghe, scivolosi, al sole

belli come smeraldi. Quando l’alta

marea e la notte li annullava, vele

sottovento sbandavano più al largo,

per fuggirne l’insidia. Oggi il mio regno

è quella terra di nessuno. Il porto

accende ad altri i suoi lumi; me al largo

sospinge ancora il non domato spirito,

e della vita il doloroso amore.


(1933-34, Canzoniere - Parole)


Il Poeta

Il poeta ha le sue giornate

contate,

come tutti gli uomini; ma quanto,

quanto variate!

L’ore del giorno e le quattro stagioni,

un po’ meno di sole o più di vento,

sono lo svago e l’accompagnamento

sempre diverso per le sue passioni,

sempre le stesse; ed il tempo che fa

quando si leva, è il grande avvenimento

del giorno, la sua gioia appena desto.

Sovra ogni aspetto lo rallegra questo

d’avverse luci, le belle giornate

movimentate

come la folla in una lunga istoria,

dove azzurro e tempesta poco dura

e si alternano messi di sventura

e di vittoria.

Con un rosso di sera fa ritorno

e con le nubi cangia di colore

la sua felicità,

se non cangia il suo cuore.

Il poeta ha le sue giornate

contate,

come tutti gli uomini; ma quanto,

quanto beate!


(1910-12, Canzoniere – Trieste e una donna)


Quasi una moralità


Più non mi temono i passeri. Vanno

vengono alla finestra indifferenti

al mio tranquillo muovermi nella stanza.

Trovano il miglio e la scagliuola: dono

spanto da un prodigo affine, accresciuto

dalla mia mano. Ed io li guardo muto

(per tema non si pentano) e mi pare

(vero o illusione non importa) leggere

nei neri occhietti, se coi miei s’incontrano,

quasi una gratitudine.

Fanciullo,

od altro sii tu che mi ascolti, in pena

viva o in letizia (e più se in pena) apprendi

da chi ha molto sofferto, molto errato,

che ancora esiste la Grazia, e che il mondo

TUTTO IL MONDO – ha bisogno d’amicizia.


(1951, Canzoniere - Quasi un racconto)

 

Saba

 
 
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