SIMON BOCCANEGRA, a Ferrara (diretta radiofonica)

Anche se chi l’ha visto non ha ancora postato nulla, mi sento di dire qualche cosa io. Per me è stata un’esperienza del tutto nuova. Questa opera, chissà perché, è sempre rimasta nel limbo dei miei ascolti. Questa edizione mi ha finalmente fatto rompere gli indugi, e mi ha permesso di ascoltarla con grande interesse.

Devo dire che l’ho trovata un’opera straordinaria. Un grandissimo Verdi.

Anzitutto mi ha colpito la drammaturgia. L’ho trovata una drammaturgia intensa, compatta, con uno sviluppo denso, dal momento del prologo, fino al climax che va dalla fine del primo atto a tutto il secondo, e la conclusione.

Mi ha ricordato molto il Don Carlo.

In entrambe le opere la presenza di un prologo per chiarire l’antefatto (prologo che nel Don Carlo in quattro atti viene eliminato, ma che, da quel che so, Verdi non apprezzava, considerando l’opera completa sono in presenza del primo atto).

In entrambe le opere l’elemento drammatico è dato dal rapporto fra funzione pubblica e affetti, dal loro contrasto, e dalla loro soluzione in veste tragica sì, ma nobile e aperta alla speranza.

In entrambe le opere il filo conduttore è dato dalla nobiltà d’animo, dal senso di giustizia. Ed è talmente forte, questa nobiltà, questo senso di giustizia, che non si può non pensare a Verdi, come l’uomo che impersona queste virtù. Non credo che sia un caso che le due opere appartengano ad un periodo molto vicino (se pensiamo al Boccanegra dell’81, che credo che sia quello rappresentato a Ferrara).

La musica è bellissima. l’orchestra svolge un ruolo fondamentale, non solo perché dà la famosa “tinta” al dramma, ma perché forma un continuum che accompagna tensioni, sofferenze, speranze, gioie, dandone una sensazione palpabile e permettendo ai personaggi così di esprimersi al meglio.

Ci sono momenti di grande emozione, ad esempio quando Amelia e Simone si riconoscono come padre o figlia; oppure il terzetto quasi alla fine del secondo atto: sono cose che mi sono rimaste fortemente impresse. Ma anche altri momenti, come quando Gabriele riconosce in Simone il padre di Amelia, o momenti di assieme come il terribile momento della maledizione alla fine del primo atto. Qui dopo l’esplosione del coro “Sia maledetto” c’è una pausa di silenzio di enorme efficacia drammatica, proseguita poi dalla ripetizione della frase cantata in pianissimo, come solo le emozioni intense possono chiedere. O anche il commovente finale, con la morte del Doge, in aura di grandissima nobiltà.

È comunque evidente che tutte queste cose possono essere capite e meglio sviscerata in successivi riascolti.

Sull’esecuzione non posso dire altro che mi ha reso appassionante l’opera dall’inizio alla fine, con una chiarezza di linguaggio e di espressione veramente straordinari.

Devo poi anche esprimere un grande apprezzamento per il pubblico di Ferrara che non ha mai interrotto il flusso dell’opera con applausi a scena aperta, evitando così di sporcare con rumori estranei le stupende pause che a volte seguivano le arie o le scene d’insieme. Solo un pirla, dopo la ballata di Amelia all’inizio del primo atto ha voluto, essere solitario, applaudire rompendo un po’ la magia con la quale la ballata terminava per dare la parola alla voce dell’esterno. Ma è stato solo un episodio, che Abbado ha trascurato facendo riprendere subito orchestra e canto.

Saluti a tutti, e mi auguro che chi ha visto l’opera possa parlare più e meglio di me su quanto a visto.

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