TITO MANLIO, all’Opera Festival di Barga

Un paio di settimane fa la RAI ha trasmesso il differita l’opera rappresentata a Barga quest’estate. Naturalmente l’ho ascoltata e registrata. Purtroppo non l’ho vista, e neppure ho letto resoconti su IAMC da parte di chi l’ha vista. Probabilmente mi sono sfuggiti. Qualche osservazione mi sento di farla. Naturalmente si tratta di un’opera barocca, di quelle che alternano arie a recitativi, e questa rimane per me una difficoltà all’apprezzamento.

La drammaturgia del libretto è debole, ma una certa costruzione la si osserva. Il punto chiave è rappresentato dal contrasto fra un ordine ricevuto dall’autorità costituita e il giudizio dell’esecutore dell’ordine nel momento e nelle circostanze della sua attuazione, e in contemporanea il contrasto fra responsabilità pubblica e affetti familiari. Manlio, il figlio del console Tito viene inviato presso il campo dei latini in rivolta contro Roma per esaminare la situazione, con l’ordine tuttavia di evitare di essere coinvolto in un combattimento. Manlio tuttavia non regge ad una provocazione, e in duello uccide il capo dei latini. Questo basta perché al suo rientro a Roma venga accusato di disobbedienza dal console padre e condannato a morte.

Su questo filone centrale si innestano complicati giochi di rapporti amorosi incrociati, che finiscono per diluirlo e appiattirlo. La complessità della trama è un’altra caratteristica dell’opera barocca. E, data la divisione dei compiti fra arie (manifestazioni di sentimenti) e recitativo (azione), tanto più la trama è complessa tanto più i recitativi rischiano di dilatarsi.

E questo avviene appunto nel Tito Manlio, dove la durata dei recitativi secchi varia da 1-2 minuti, fino a più di 7 (come nel terzo atto). Per me questa dilatazione è decisamente noiosa. Nonostante che la linea vocale dovrebbe dare una inflessione “recitata” e quindi espressiva, di fatto le inflessioni sono abbastanza standardizzate e personalmente non ne sono affatto coinvolto. Potrei definirle delle pessime recitazioni.

Questa predominanza dei recitativi finisce per appiattire quello che invece, secondo me, è una della cose belle dell’opera: le arie.

È vero, anche qui le arie predominano sui brani d’assieme: vi sono solo due duetti e un coro finale. Ma nel caso del Tito Manlio la vivacità, delle arie, la loro variegatura timbrica, è davvero notevole. Vi sono arie con corni obbligati, con trombe, con flautino, con uno struggentissimo oboe, con violoncello, con tutti orchestrale dominato dai legni acuti. Mi è difficile dire quali fra questa arie mi sono piaciute di più. Certamente il suono cristallino della tromba barocca oltre che nell’orecchio penetra all’interno per suscitare un vero e proprio godimento; la vivacità e la petulanza del flautino, che Sardelli suona divinamente e con grande espressione, la struggente dolcezza dell’oboe, la spinta guerriera dei corni nelle note ribattute, tutto questo è stata una piacevole sorpresa, dopo la delusione delle timbricamente monotone arie dell’Orlando furioso.

C’è da osservare un problema relativo alla trasmissione radiofonica dell’opera. Certamente, vi è stata una preparazione del nastro per la trasmissione, che è consistita, penso, soprattutto nell’accorciamento degli applausi, che, dopo alcune arie, devono essere stati particolarmente lunghi, e probabilmente in un mix delle tre esecuzioni che vi sono state.

Purtroppo nel rimontaggio del tutto, secondo me è stato commesso un errore che chi ha registrato l’opera potrà facilmente rilevare. Nel primo atto, sul libretto, a seguito della breve aria di sortita di Geminio, c’è un recitativo dialogato fra Lindo e Geminio della durata di c.a 2 minuti e venti secondi, che termina con l’uscita di Geminio e l’aria di Lindo “L’intendo e non l’intendo”. Questo recitativo nella trasmissione RAI sembra essere stato tagliato e l’aria di Lindo segue immediatamente quella di Geminio.

Ma non è così. Il recitativo è stato eseguito, ma nel rimontaggio RAI, è stato inserito in un posto sbagliato: ovvero proprio alla fine dell’atto, fra l’ultimo recitativo di Manlio e la sua aria finale. È evidente che, a parte le indicazioni del libretto, anche dal punto di vista musicale questo recitativo, è completamente fuori posto.

Ho scritto alla RAI di verificare questa cosa, e mi è stato risposto che queste sono state le istruzioni del maestro Sardelli. Non è difficile verificare che questo non può essere vero: la trasposizione erronea è troppo evidente. Nasce il sospetto che in RAI non abbiano verificato un bel niente, e si siano limitati ad una risposta burocratica.

Altro problema della trasmissione è la presenza all’inizio del terzo atto di una bellissima e struggente aria che manca nel libretto. L’atto si apre con la scena della prigione in cui è sepolto Manlio in attesa della condanna a morte. Altri atti in altre opere si apriranno con questa lugubre scena: basti pensare al secondo atto del Fidelio e al secondo atto de I due Foscari. Quest’aria, probabilmente cantata dallo stesso Manlio, musicalmente sta benissimo ed è poi seguita dal recitativo di Servilia che entra nella prigione, come da libretto. Mi interesserebbe sapere di quale aria si tratti, e perché manca nel libretto pubblicato sul programma di scena.

 

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