DER ROSENKAVALIER, diretta ARTE da Salisburgo

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Il 6 agosto arte ha trasmesso in diretta il Rosenkavlier dal festival di 
Salisburgo. Si trattava della prima, e il direttore Semyon Bytchkov si 
è rivolto al pubblico per dedicare la rappresentazione a Carlos 
Kleiber. Un omaggio molto significativo, visto che proprio il maestro 
scomparso ci ha lasciato le registrazioni più belle di questa opera.

Robert Carsen nella messa in scena non ha seguito il canovaccio abituale 
(e indicato da Hofmannsthal e Strauss) che colloca la vicenda al tempo 
dell’imperatrice Maria Teresa. Ha preferito ambientare l’azione sempre a 
Vienna, ma nella prima decade del Novecento. Questa ambientazione, che 
mi pare, leggendo alcune recensioni, sia stata molto criticata, a me 
personalmente non è affatto sembrata una violenza all’opera. Da quello 
che ho capito, Carsen ha pensato di trasferire l’opulenza dell’opera 
dalla grande scenografia settecentesca (della quale la regia di Otto 
Schenk è forse l’esempio più bello) alla solennità un po’ vuota e 
anche un po’ patetica, e pertanto ironicamente espressa, della decadenza 
dell’Impero. In sostanza mi pare che Carsen si sia ispirato a Musil e 
alla Kakania dell’Uomo senza qualità. Questa trasposizione mi è 
sembrata interessante, e non contraddetta dalla musica, visto che i 
valzer più che al periodo di Maria Teresa appartengono alla fine 
dell’Ottocento, mentre ritualità, gerarchie sociali, intrighi sono 
abbastanza comuni ai due periodi, pur essendo uno collocato nella fascia 
ascendente dell’Impero, l’altro nella fase discendente.

Le scene: nel primo atto il palcoscenico è diviso in cinque parti: una 
camera centrale, con un grande letto e pochissimi altri arredi (qualche 
sedia, un piccolo tavolino); e quattro cameretta laterali, due per 
parte, arredate solo da sedie e piccoli divani a parete. Tutti i mobili 
mi sono sembrati in stile Luigi Filippo. Il colore degli ambienti è 
rosso intenso: il letto, il pavimento, le pareti laterali (incomplete 
per lasciar vedere gli spazi laterali), sedie, divani, insomma tutto. 
Nel secondo atto, il palazzo di Faninal, la scena è unica, occupata da 
un tavolo lunghissimo che la attraversa tutto il palcoscenico 
lateralmente. Il colore è qui scuro e la parte posteriore del tavolo è 
molto in ombra (almeno nelle immagini TV) lascia indovinare, più che 
vedere la presenza di persone. 
La scena del terzo atto è un postribolo, del quale, durante la parte 
introduttiva sinfonica, si vede una lunga antimera con le porte che 
danno all’interno, mentre durante la parte scenica, grazie a un 
siparietto che si innalza, si vedono diverse camere, delle quali quella 
centrale, si trasformerà nel salotto della cena di Ochs e Mariandel, 
con tavolino, sedie, divani e una grande letto centrale che ad un certo 
punto scenderà dalla parete di fondo. Anche in questa scena, come nella 
prima, il colore dominante e il rosso intenso. Questa credo che sia una 
delle scene che hanno più scandalizzato. A me è sembrato scandalo 
inappropriato. Nell’opera (e nel libretto) la scena si svolge in 
un’osteria malfamata, che dà asilo ad avventure galanti. Nei primi del 
Novecento, il bordello di lusso, frequentato da ufficiali e 
gentiluomini, può rappresentare benissimo il luogo indicato. 
Carsen ama le scene piuttosto povere di arredi, e conta molto sulla 
presenza di comparse per dare significato alle scene. Questo avviene 
anche in questa occasione, dove schiere di lacchè, soldati in divisa, 
cameriere, in gran numero, con la loro immobilità schierata, fungono a 
volte da vere e proprie quinte, o con il loro movimento dei veri e 
propri “arredi”.

I costumi sono della stessa epoca. Gli uomini vestono nella maggior 
parte la divisa militare austriaca: ufficiali, soldati, ordinanze. 
Altri, i grandi borghesi, come Faninal, o i lacchè della varie casate, 
appaiono con vestiti neri di varia foggia, ma sempre ispirati all’epoca. 
Delle due donne, la marescialla indossa vestiti della moda anni venti, 
Sophie un vestito da sposa dalla gonna ampia e con le spalle nude.

Le scene di massa sono sempre molto affollate. Durante la toilette della 
marescialla, ad esempio, al mattino, c’è un andirivieni di varie 
figure: venditore di animali con molti cani di razza pregiata al 
guinzaglio, modista accompagnata da modelle che sfilano in abiti più o 
meno succinti, funzionari on meglio definiti, militari, ufficiali, 
lacchè, il tutto in una atmosfera di grande movimento, sia nella camera 
centrale che in quelle laterali. Il tenore, vestito di bianco, col 
cappello (che ovviamente davanti alla marescialla si toglie), ha il 
tipico aspetto del tenore italiano di quegli anni (potrebbe essere, che 
so, un Caruso) che si evidenzia anche nel suo modo di cantare. Non ha 
certo l’aspetto di un cortigiano, ma di un artista chiamato per 
l’occasione, etc. 
Le scene riservate ai protagonisti, Octavian, la marescialla e il barone 
Ochs, non presentano nulla di particolarmente trasgressivo. Il barone 
(Franz Hawlata), diversamente dalla sua rappresentazione tradizionale, 
non ha l’aspetto di un vecchio, ma di un ufficiale di mezza età, rozzo 
come di prammatica, e alquanto caricaturale nel canto e nelle movenze. 
La marescialla (Adrianne Pieczonka), visto l’ambiente della Kakania, 
sotto un certo aspetto, sia come fisico (sontuoso la sua parte), sia 
come vestiti e come movenze mi ha ricordato Diotima, la signora che 
nell’Uomo senza qualità organizza l’”azione patriottica”. Octavian 
(Angelica Kirchschlager), è, come di prammatica, travestito da 
cameriera in modo forzatamente caricaturale, e alla fine vestito da 
ufficiale dell’esercito austriaco.

Analogamente al primo atto, le scene di massa del secondo atto (che 
occupano quasi tutto l’atto, a parte il duetto iniziale e quello 
centrale), sono di grande movimento con una folla di soldati, ufficiali, 
gentiluomini che si muovono avanti e indietro, di lacchè che 
ordinatamente sfilano lungo il tavolo portando bevande e altre cose, 
apparecchiando o sparecchiando, di cameriere che fanno un gran 
confusione, etc. 
La scenda della consegna della rosa vede l’ingresso di Octavian a 
cavallo (ingresso ridicolmente sontuoso: ma che cosa nei riti vuoti e 
sontuosi della Kakania non è ridicolo?). La figura di Faninal (Franz 
Grundheber) è quella di un ricco borghese, molto ossequioso con la 
nobiltà e sprezzante con i sottoposti, come di prammatica. Valzacchi 
(Jeffrey Francio) e Annina (Elena Batoukova) sono i due noto strani 
tipi, soprattutto Annina, che vestita in modo molto eccentrico e buffo, 
si lancia in una danza sul lungo tavolo ormai nudo, alla fine dell’atto.

Nel terzo atto, quello ambientato nel bordello, le scene di massa 
comprendono ufficiali, prostitute seminude, scene di accoppiamenti – 
più o meno espliciti – nelle camerette laterali, sempre in grande 
movimento e non poca confusione. Ochs entra in divisa, ma nel corso 
dell’atto rimarrà in maniche di camicia e calvo, mentre 
Mariandel-Octavian si presenta vestita, in modo decisamente ridicolo, da 
prostituta, con tanto di corpetto, guepiere, etc. 
Il proprietario del locale è un travestito che canta con voce 
baritonale. I poliziotti entrano nella scena con belle divise e in capo 
il tipico elmetto austriaco con lo svettante chiodo. 
Il piccolo negretto Mohammed, in questa messa in scena, è stato 
sostituito da un giovane (evidentemente arabo) vestito in marsina, che 
all’inizio porta la colazione alla marescialla seguito da una turba di 
lacchè, e alla fine non raccoglie il famoso fazzoletto, ma si scola un 
fiasco di vino e cade addormentato su un sofà.

L’opera comincia con l’immagine del grande letto dell’amore fra la 
marescialla e Octavian (nell’immagine TV una macchia rossa che va 
ingrandendosi fino a occupare lo schermo e rivelandosi il letto), e 
finisce con un letto intensamente rosso (lo stesso?) sul quale sono 
abbracciati Octavian  e Sophie, che, sempre nell’immagine TV, si 
allontana e si riduce ad una macchia rossa che scompare lentamente. Il 
ciclo così si completa anche dal punto di vista visivo.

La ripresa TV, nonostante il regista fosse Brian Large, ha sofferto 
molto per gli intensi colori, soprattutto i rossi della prima e 
dell’ultima scena. I colori intensi sparano sulle schermo e l’immagine 
non riesce nitidissima. 
Il suono mi è sembrato piuttosto compresso, e i piani sonori non 
perfettamente apprezzabili.

Forse sono stati questi difetti di ripresa, a dare l’impressione di una 
direzione alquanto opaca, appiattita, non brillante, come diversamente 
ci hanno abituato le registrazioni del Rosenkavalier diretto da Kleiber. 
con la regia di Schenk. 
Così come l’orchestra, anche il canto ne ha risentito. Le voci a volte 
venivano abbastanza coperte dall’orchestra, a volte emergevano tuttavia 
senza raggiungere la necessaria nitidezza. Questi difetti erano, secondo 
me, molto evidenti soprattutto nelle scene d’insieme, dove l’impasto 
sonoro lo avvertivo piuttosto confuso. 
Comunque devo anche dire che, dal punto di vista del canto i quattro 
interpreti principali hanno saputo rendere bene i loro personaggi. 
Incantevoli, comunque è stata la straordinaria musica del primo duetto 
fra la marescialla e Octavian, dell’aria finale della marescialla nel 
primo atto, dello stupendo duetto iniziale Octavian Sophie del secondo 
atto, del terzetto e del duetto finale del terzo atto..

Per finire, quello che mi è apparso è che la trasmissione TV diretta 
abbia sofferto molto da questo tipo di messa in scena, e che 
probabilmente a teatro lo spettacolo avrebbe avuto un rilievo e una 
definizione ben diversi.

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