Aida alla Scala

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Rappresentazione del 14 dicembre

Questa rappresentazione dell’Aida alla Scala ha richiamato in modo alquanto prepotente, ma forse anche un po’ per caso, l’attenzione su personaggio di Radames. La discussa prestazione di Alagna alla prima; il suo abbandono della parte alla seconda rappresentazione, a seguito delle contestazioni al termine della romanza del primo atto; il subentro immediato e un po’ rocambolesco del tenore del secondo cast, Antonello Palombi; le polemiche, i battibecchi, eccetera e infine la definitiva sostituzione di Alagna con Walter Fraccaro, sono tutti episodi che mi hanno stimolato a riflettere sul carattere del protagonista maschile dell’opera. In sostanza chi è Radames? Un eroe? Un ambizioso? Un debole? Un innamorato che ha perso la testa? Uno stupido che non sa esattamente quello che vuole? Leggendo il libretto appare evidente la contraddittorietà che guida le sue azioni. Spera nel comando dell’esercito egiziano, lo ottiene e ne trae onore e gloria, ma poi non esita a passare al nemico quando l’amata Aida glielo chiede; quando viene scoperto fa marcia indietro, si sente disonorato e si consegna ai sacerdoti che lo dovranno giudicare; infine in uno strano sussulto di orgoglio rifiuta di discolparsi affermando nel contempo di non avere alcuna colpa, e di avere la coscienza a posto.

Mi è difficile immaginare un interprete che riesca a rendere credibile il personaggio. La musica lo disegna prevalentemente come personaggio eroico, a partire dalla celebre romanza “Se quel guerrier io fossi”, ma gli attribuisce anche momenti di tragicità come nel duetto con Amneris nel quarto atto o di lirismo spinto, come nel duetto finale nella tomba.
Walter Fraccaro, giovedì scorso ha cercato di coprire tutti questi aspetti, e la sua prestazione mi è sembrata coerente con la contraddittorietà del personaggio.

Per il resto, mi sono lascito trasportare dalla grandiosità della messa in scena. Scenari costituiti da gigantesche colonne, statue altrettanto gigantesche, spesso copie di statue realmente esistenti, grandi scale, grandi balconate, il tutto in colori vivaci con prevalenza dell’oro; decine e decine di comparse, tutte attive e in grande movimento attorno ai cantanti veri e propri; costumi sfarzosi di foggia egiziana antica; un balletto esotico-erotico, ricco di figure, dominato da un Bolle con corpo e forma smaglianti, e che ha suscitato l’entusiasmo del pubblico (soprattutto femminile). Insomma un’ambientazione che ricorda da vicino i colossal hollwoodiani. Se dovessi fare un appello alla ragione, mi verrebbe da usare un termine abusato: tutto suonava terribilmente kitsch, compresi gli angeli (?) volanti che comparivano nelle scene del tempio di Vulcano. Il pensiero è andato a una Aida con pretese simili, di cui esiste il DVD, rappresentata al MET nel 1989 sotto la direzione di Levine e la regia di Sonja Frisell: la grandiosità dell’Egitto antico, portata sulla scena.

Ma al di là della ragione, ovviamente critica, ci sono anche momenti di coinvolgimento emotivo. La musica dell’Aida si presta a questo tipo di sceneggiatura. Il richiamo all’esotismo della sponda sud del mediterraneo è forte non solo nella trama (inventata dal famoso egittologo Mariette alla corte del Kedivé – che non è certo né Shakespeare, né Schiller), ma anche nella musica, che esprime in modo molto convincente la grandiosità dell’ambientazione. Zeffirelli, in questa occasione, si è dimostrato più affidabile come scenografo che come regista. Sullo sfondo di monumentali scene, di una musica emotivamente coinvolgente, soprattutto nelle grandi scene d’assieme, o anche nei cori dei riti religiosi, i personaggi si muovono in modo anonimo, scontato, senza quella vivacità che una regia attenta agli aspetti psicologici, alla definizione dei caratteri potrebbe realizzare. Ma, francamente, si può parlare di una vera interiorità nei personaggi di questa storia? Ciò non sottrae nulla all’emozione che la musica dell’Aida è capace di trasmettere, sia disegnando momenti di grande ardore guerriero, sia momenti di raffinata intimità, sia di tragedia incombente, sia di doloroso rimpianto.

Chailly, è stato l’elemento che ho apprezzato di più. La sua direzione è stata molto chiara. L’orchestra, senza mai coprire le voci, tuttavia si è dimostrata elemento essenziale nel sollevare l’emozione, formando il tessuto ricchissimo di colori sul quale le voci dei cantanti e del coro intessevano le loro presenze.
Dei cantanti, Violeta Urmana è stata un Aida molto buona. Nella trasmissione radiofonica avevo apprezzato anche l’Amneris di Ilico Komlosi. Dal vivo, invece, mi è sembrata meno convincente. La voce perde energia nelle note basse e questo ha ridotto anche l’aspetto aggressivo del suo carattere. Del tenore, Walter Fraccaro ho già detto. Di Guelfi è meglio non parlare. Molto buoni mi sono parsi i comprimari, in particolare Ramfis di Giorgio Giuseppini e il Re di Marco Spotti.

In sostanza mi sembra di poter dire che questa edizione dell’Aida è stata piacevole, gratificante; ma, tutto sommato, un’edizione che non dice nulla di più, né di nuovo rispetto alle innumeri rappresentazioni di quest’opera nei vari teatri, comprese le rappresentazioni scaligere degli anni passati. Si farà il DVD come programmato da parte della Decca? Se i capricci di Alagna hanno fatto naufragare il progetto, non credo che ciò rappresenterà una gravissima perdita.

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