LA GUERRA DEI MONDI

Avevo visti in gioventù l’originale di Haskin Byron, del 1953. Un film del genere, allora, era in grado di accendere la fantasia. Rivisto oggi, fa sentire tutti gli anni trascorsi da allora. Gli invasori sono marziani, come dal racconto di Wells cui il film si ispira. L’invasione è terrificante:macchine volanti a forma di disco sormontate da un braccio mobile che sparano raggi altamente distruttivi; effetti speciali per quel tempo notevolissimi, con distruzione di intere città e di edifici enormi, incendi a destra e a manca, raggi che fanno scomparire il bersaglio (uomini, automezzi, carri armati, etc.), Il film ha vinto l’oscar nel 1954 proprio per questi effetti.

L’impianto narrativo è quello classico hollywoodiano: nel bel mezzo di una comunità di persone semplici e paciose, come si conviene ai tipici americani medi, atterrano degli ordigni che ben presto si rivelano essere macchine volanti pronte per l’invasione della Terra. Viene mobilitato l’esercito e si apre così una guerra vera e propria, con artiglieria, carri armati, cacciabombardieri, etc. che inevitabilmente vede la sconfitta degli umani davanti alla debordante potenza dei marziani. In aiuto all’esercito c’è uno scienziato, che cerca di capire, senza riuscirci dov’è il punto debole del nemico. Assieme allo scienziato c’è l’immancabile fanciulla di bell’aspetto che con lo scienziato condivide le crudeli avventure, che non mancano, come ad esempio un pericolosissimo incontro ravvicinato con gli alieni all’interno di una fattoria distrutta, l’evacuazione in massa dalle città con episodi di violenza, assalto ai pochi mezzi di trasporto, separazione di famiglie, di amici e anche dei nostri due eroi.
Il film sembra incanalato verso la distruzione della civiltà e della stessa umanità quando l’ultima speranza rimasta, l’uso della bomba atomica, si rivela inefficace.
Ma proprio mentre le macchine volanti, con il loro bracci che sembrano occhi, sparano i micidiali raggi che distruggono tutto ciò che c’è davanti, improvvisamente, avviene il miracolo. I bracci si piegano inerti, le macchine volanti cadono al suolo. I marziani non sono in grado di resistere ai microrganismi che popolano l’atmosfera terrestre, ai quali invece gli umani sono da milioni di anni diventati immuni.

Ora, 2005, Spielger ci propone un remake. Era naturale la mia curiosità per vedere:
1) se la storia sulla quale costruire la guerra dei mondi era un po’ più elaborata e interessante del solito amore che sboccia fra i due protagonisti, dopo le diverse avventure percorse assieme.
2) se gli effetti speciali fornissero qualche cosa di più elaborato che non la distruzione di palazzi da parte dei raggi marziani.
Il risultato è stato molto deludente. La traccia della guerra è la stessa del film del ’53 (ma gli alieni non sono più marziani, ma abitanti di un pianeta ignoto presenta in qualche lontana galassia dello spazio profondo). Essi arrivano trasportati da quella che si manifesta come una violentissima tempesta elettrica alla quale assistono sbigottiti gli abitanti del villaggio. Fra essi c’è una famiglia separata con due figli (un ragazzo già adolescente e una bambina di una decina di anni) colta proprio nel momento in cui i figli, in custodia alla madre, vengono temporaneamente affidati al padre.
La tempesta magnetica crea subito una situazione di pericolo, con il padre che ha il compito di proteggere i figli e i figli che cercano di imporre al padre il loro punto di vista.
L’arrivo degli alieni avviene su enormi macchine che si muovono su tre lunghissime gambe (i tripodi, come vengono chiamati) e sparano raggi mortiferi che fanno il vuoto attorno. Qui gli effetti speciali non sembrano differire molto da quelli del film predecessore, anche se fatti in modo un po’ più sofisticato. Anche qui c’è la battaglia con l’esercito (ma a differenza del film del ’53 che era un po’ il filo conduttore, qui la vediamo solo in modo episodico); anche qui ci sono le scene di massa con violenze, tragedie collettive e individuali: la macchina con cui i nostri eroi cercano di scappare è circondata dalla folla che vi vuol salire; l’attraversamento dello Hudson su un traghetto vede una folla ammassarsi dove sembra che non ci sia più posto, finché il traghetto parte con persone aggrappate alle murate, ma avrà poca fortuna, perchè tripodi alieni lo affonderanno in men che non si dica.
Quello che differisce nettamente è la storia: nel film di Spielberg l’elemento portante è la disperata lotta che Tom Cruise fa per salvare i figli e riportarli alla madre. Tom Cruise invade tutti gli spazi del film. Deborda, dilaga, è insopportabile. I due ragazzi tirano gli schiaffi. Il maschietto è saccente e vuole andare a combattere gli alieni e accusa il padre di vigliaccheria. La bambina è uno strillo unico dall’inizio alla fine, e da brava bambina abituata all’american way of life dove è possibile ottenere tutto, si incavola col padre per i disagi che questa fuga attraverso gli stati americani, inseguiti dal malvagi tripodi, comporta. Una scena molto simile a quella dell’incontro ravvicinato dei due protagonisti nella fattoria del film del ’53, c’è anche in questa edizione di Spielberg. Qui l’incontro avvicinato avviene nel cuore di un rifugio semisotterraneo, dove c’è un tipo matto che agisce contro ogni logica e che costringe Tom Cruise ad ucciderlo, per evitare di essere ucciso a sua volta con la bambina. Un’altra somiglianza la troviamo nelle strutture difensive della macchine aliene, che risultano invulnerabili a causa di uno schermo difensivo. Tuttavia Tom Cruise riesce a farne fuori una in un modo un po’ rocambolesco: nel corso del film si viene a scoprire che gli alieni si nutrono del sangue degli umani. Li catturano tramite della specie di sonde, li trascinano dentro la macchina, li tengono in una specie di gabbia, dalla quale vengono poi risucchiati per il pasto vero e proprio. Tom Cruise cosa fa? Si fa rapire, si fa infilare nella gabbie, si fa risucchiare per il pasto, ma in mano ha 4 o 5 bombe a mano. Quando l’alieno cerca di risucchiarlo riesce a piazzare all’interno le bombe a mano dopo aver tolto al sicura. In questo modo la macchina è distrutta, e i prigionieri sono slavi.
Il finale è identico a quello dl ’53: dopo alcuni giorni di invasione vittoriosa, i tripodi cominciano a crollare: gli alieni non sono in grado di resistere ai microrganismi dell’atmosfera terrestre e muoiono. Padre e figli si ricongiungono alla madre nel frattempo trovata, e tutto torna come prima, forse addirittura con la riconciliazione dei coniugi.

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