FUOCHI FIAMMANTI a un’hora di notte, di Ermanno Rea

ermanno-rea.jpg

Ermanno Rea è uno scrittore raffinato. Il suo linguaggio è elegante, preciso; le parole sono scelte con cura; le immagini sono vivide; gli eventi sono descritti accuratamente ma anche con il gusto dell’indeterminatezza: le cose accadono, ma forse…
Il libro narra la ricerca da parte di Martino della madre scomparsa in modo misterioso, ma forse neanche tanto misterioso. Martino la cerca, è determinato a trovarla, ma poi, ancora, mica tanto.

Per trovarla Martino si reca nella Piccola Isola, luogo abbandonato da Dio e dagli uomini; o forse luogo immaginario. Ma nella quale egli assieme a una natura ostile, ma anche attraente, fra rocce laviche, terrazzamenti ad anfiteatro, mare luminoso, cielo ricco di stelle, incontra un’umanità reale, radicata in una storia unica quale può svilupparsi in una mondo isolato, lontano dai contatti, orgogliosa della propria solitudine.
Martino nella Piccola Isola cerca la madre, e incontra personaggi di varia natura che forse potrebbero aiutarlo nelle ricerche, ma poi alla fine non lo fanno o non lo possono fare. Ma quello che conta è che Martino si immerge in una realtà fatta di tradizioni, di rapporti antichi, di quotidianità povera ma orgogliosa. Tutto questo mondo si rivela da una parte come un mondo misterioso, ma dall’altra come qualche cosa di attraente, che invita alle scoperte, alle ricerche, alla condivisione.

Fra questi personaggi incontriamo Cilla-Bellezza, donna ancora molto bella nonostante l’età già avanzata e madre di diversi figli, innamorata di un giovane, Champagne, il ragazzo venuto dal nord, che tuttavia è innamorato (forse) del Vulcanologo che a sua volta ne è innamorato. Scapperanno assieme? Incontriamo ancora Francesco, una specie di guardiano dell’Isola, che ha una tenera storia d’amore con Albarossa. E’ una storia d’amore tuttavia tormentata, per il fatto che Francesco è a sua volta sposato, e lo è anche Albarossa, che oltrettutto ha una figlia. Ii due si incontrano per ogni dove, e fanno all’amore con la protezione dei fichi d’India. Essi vorrebbero scappare assieme, magari a Parigi, dove Martino ha garantito loro un alloggio, ma fra un rinvio e l’altro, per la presenza della figlia, e soprattutto per l’opposizione del padre, Arcangelo Pantaluccio, detto il Fiocco, personaggio da tutti rispettato e una specie di autorità sull’isola, la fuga non si realizzerà. Anzi, il Fiocco sul letto di morte farà giurare alla figlia che ella non lascerà mai l’Isola. Altro personaggio che si incontra è il Principe (che principe non è) Corrado Costa Zahami, medico, isolano solo per metà, e che vorrebbe psicanalizzare tutta la comunità dell’isola. Fra tutti spicca un personaggio misterioso, Frau Rosemarie, che ha fondato nella parte più alta dell’isola un villaggio, che ospita una popolazione solamente femminile, e nel quale si svolgono strane feste. Anzi, proprio questo personaggio sembrerebbe legato alla scomparsa della madre, e Martino fa ogni sforzo per riuscire a capire la natura e gli scopi di questo villaggio. Per ottenere questo fa appostamenti notturni, guarda col binocolo, fa irruzioni negli ambienti e scopre cose che gli destano il sospetto di una organizzazione segreta per la diffusione globale del femminismo… Ma ancora una volta le tracce della madre si perdono, e ogni avvistamento si rivela alla fine una delusione, finché Martino si rende conto che questa ricerca non lo porta da nessuna parte e desiste.
L’isola alla fine si spopola dei personaggi più significativi e ci si chiede se quest’isola sia mai esistita, se Martino ha fatto realmente questo viaggio.

Il senso del racconto mi pare possa trovarsi in una grande metafora, dove la ricerca della madre non è altro che la ricerca di se stesso, della natura delle proprie indecisioni, del significato del proprio passato come premessa per il proprio futuro. E la Piccola Isola è la certezza, che, appunto, non è mai certa, ma sempre ambigua, frastagliata, nei suoi aspetti continuamente cangianti, che vista dal basso è cupa e minacciosa, che ti costringe a salire in modo da poter guardarla dall’alto: e allora appare sorridente e luminosa.

La Piccola Isola ha una storia di lotte contro i pirati saraceni, dei quali il più feroce è stato Khair ad-Din, detto Barbarossa, che ha compiuto una strage nell’Arcipelago. Ciò ha convinto gli abitanti a istituire nella Piccola Isola una stazione di osservazione, con il compito di segnalare l’arrivo dei pirati mediante fuochi sulla cima del monte. Francesco, nella fantasia di Martino (e di Rea), potrebbe essere un discendente di questi osservatori. Questo particolare è la motivazione del titolo del libro: Fuochi fiammanti a un’hora di notte.
Come osservazione, mi pare di capire che il modello sul quale la Piccola Isola viene descritta sia l’Isola di Alicudi nell’Arcipelago delle Eolie.

Un’altra osservazione relativa alla struttura del romanzo è la variabilità degli io narranti: a volte è lo stesso Martino che racconta, a volte è un amico che descrive, a volte il racconto è in terza persona, a volte il racconto proviene dalla lettura di lettere, oppure dalle memorie di qualcuno degli abitanti dell’isola, etc. Ciò dà un notevole movimento.
Pur tuttavia quello che mi è mancato è un interesse diretto. Gli eventi si susseguono. Rea è bravo nel cercare di suscitare nel lettore curiosità e interesse: ma fino a un certo punto ci riesce. Il racconto, almeno per me, ha momenti di stanca, sostituiti da riflessioni o da descrizioni. In sostanza mi riesce difficile dargli un giudizio incondizionato di “bello” come invece ho fatto per Napoli Ferrovia.

Il romanzo ha vinto il premio Campiello nel 1999.

Scrivi un commento