UNA STORIA ROMANTICA, di Antonio Scurati

antonio-scurati.jpg

L’attributo dato a questo ampiamente discusso libro da lettori e critici è quello di romanzo storico. L’evento storico che fa da sfondo alla vicenda sono le Cinque Giornate di Milano e la cosiddetta Prima Guerra d’Indipendenza.

L’autore afferma di aver voluto far emergere gli aspetti romantici che nella letteratura moderna sembrano essere piuttosto trascurati: l’eroismo sulle barricate di una rivoluzione popolare e l’amore come sentimento totalizzante. L’ispirazione proviene principalmente dai romanzi storici ottocenteschi, dai quali viene mutuato anche il linguaggio. Anzi, l’autore ci informa, in una importante postfazione al libro, che il romanzo è costruito in modo da utilizzare estensivamente citazioni da opere di vari scrittori, a volte in senso letterale, a volte in senso contraffatto, in modo che più che di un romanzo si debba parlare di una metaromanzo. L’elenco degli scrittori da cui vengono prese le citazioni, o dalle cui opere vengono tratti molti eventi, è molto lungo: basti citare, fra gli italiani il Foscolo (ad es. Le ultime lettere di Jacopo Ortis), fra i francesi Hugo (per es. I miserabili), Stendhal, Balzac, Flaubert, Zola, Baudelaire, etc., fra gli americani Fitzgerald e Hemingway, fra gli inglesi Milton, Shakespeare e Byron, fra i russi Dostojevskij, Turgenev e Tolstoj, e fra i tedeschi addirittura il Wagner del Tristan und Isolde. Ma non mancano addirittura citazioni dal film, come Casablanca, Il paradiso può attendere, e altri.

Il risultato è quello di un’operazione complessa, con un grande sfoggio di cultura e un ardimento intellettuale di non poco conto.
Tuttavia a me il romanzo non è piaciuto, sia per quanto concerne la struttura, sia per quanto concerne il linguaggio.

Per quanto concerne la struttura, mi pare che le vicende dei personaggi protagonisti siano soffocate, anziché esaltate, dal racconto delle Cinque Giornate. Protagonista è un triangolo amoroso: due uomini, grandi amici, il conte Jacopo Izzo Dominioni e il conte Italo Morosini sono innamorati della stessa donna, Aspasia. Aspasia riama Jacopo, ma è stata promessa a Italo. Tutta la vicenda amorosa si articola su questo contrasto, che vede finalmente prevalere il rimorso nei due amanti che, proprio per questo, rinunceranno ad una vita in comune alla quale il loro amore li chiamava.

Il romanzo inizia nel 1885, circa quarant’anni dopo l’evento delle cinque giornate. A Italo, ormai invecchiato e diventato senatore del Regno, perviene un dattiloscritto che contiene la materia fondamentale del romanzo: narra (e a Italo, ignaro, rivela) fatti avventi nel 1848, subito prima e durante la Prima Guerra d’Indipendenza.

La vicenda riferita ai protagonisti, in sé è abbastanza semplice. Nel gennaio 1848, nel corso del famoso sciopero per il fumo che i milanesi hanno attuato per danneggiare le finanze dell’Impero, gli agenti austriaci tentano con ogni mezzo, anche con la violenza, di costringere la gente a fumare. In questa ottica un soldato aggredisce Aspasia, strappandole il corsetto e denudandole il seno. Jacopo vede la scena e senza esitazione colpisce il soldato, uccidendolo. La vista della fanciulla e del suo seno scoperto provoca nel giovane un turbamento.
La sostanza del romanzo si basa sul sorgere impetuoso dell’amore fra i due nel corso delle famose e fatidiche cinque giornate, dal 18 al 22 marzo, mentre i milanesi, erette barricate un po’ per ogni dove, combattono senza tregua contro l’esercito austriaco, fino a cacciarlo del tutto dalla città.
Ma l’amore, anche se condiviso, in un primo tempo si manifesta come un rimorso. Jacopo non può tradire Italo. Col progredire dell’insurrezione, tuttavia, i due sentono prevalere l’attrazione, e sulla torre campanaria della chiesa di San Damiano, il quinto giorno, mentre gli insorti daranno l’ultima spallata a porta Tosa e scacceranno dalla città gli austriaci, hanno il primo (e forse anche l’ultimo?) rapporto carnale.
La storia e la prima guerra d’indipendenza continuano: Jacopo è arruolato nei reggimenti lombardi da dove scrive lettere d’amore ad Aspasia, mentre Carlo Alberto, re di Sardegna, varca il Ticino e si dirige su Milano per prenderne possesso.
Le vicende belliche ruotano attorno alle battaglie di Curtatone e Montanara, Pastrengo, Goito e alla fine Custoza. Gli austriaci hanno ragione della strategia incerta dei piemontesi, e finiscono di trovarsi nuovamente davanti a Milano, questa volta con l’atteggiamento dei vincitori.
Jacopo è stato fatto prigioniero dagli austriaci. Aspasia è terrorizzata al pensiero della sua sorte. Decide così di andare a salvarlo. E per far questo, si concede per una notte ad un nobile ufficiale austriaco. L’operazione ha successo, e Jacopo, apparentemente all’oscuro del prezzo pagato da Aspasia, può tornare a Milano. Assieme a lui viene liberato anche Italo, a suo tempo fatto prigioniero.
La vittoria austriaca costringe Carlo Alberto ad abbandonare la città, e la speranza di ricostruire le barricate e di chiamare il popolo alla resistenza è rapidamente vanificata. Anzi, ora la città è in mano a bande di assassini e briganti. Molti milanesi durante l’ultima notte di indipendenza la abbandonano in massa.
Anche Jacopo, decide di fuggire assieme ad Aspasia, ma alla fine il rimorso per il tradimento fatto all’amico prevale, e abbandona la donna che si unisce a Italo. Jacopo andrà da solo ad opporsi all’avanzata dei soldati austriaci. Il suo cadavere orrendamente mutilato sarà trovato la mattina successiva.

Il manoscritto qui si conclude. Il senatore Italo Morosini si rende conto così che la moglie Aspasia, non solo l’aveva tradito col suo migliore amico, ma che non l’aveva mai amato. Il senatore oggi è un uomo avanti negli anni, integrato in un mondo politico corrotto. L’unità nazionale è avvenuta, ma gli eroi che l’hanno resa possibile, quelli che hanno combattuto nelle cinque giornate, o sono stati dimenticati o, come Italo, sono entrati in una logica di corruzione che ha degradato l’epopea della nascita della nazione.
Italo, alla fine del romanzo incontra di nuovo Jacopo, che non è affatto morto. È diventato un anarchico e è entrato in questa internazionale del terrore. Jacopo, in preda alla paura di avere sbagliato tutto vorrebbe essere ucciso da Aspasia. Verrà invece ucciso dalle guardie, mentre Aspasia, ancora innamorata di lui, legge la sua ultima lettera che è una confessione di eterno amore.

Questo per quanto riguarda la struttura e la trama. L’ho trovata molto, troppo complessa, e con alcuni eventi piuttosto grotteschi, come gli eventi che portano alla liberazione di Jacopo e Italo dalle prigioni austriache, o anche il finale, un po’ troppo pirotecnico per i miei gusti. I personaggi non mi sono sembrati ben caratterizzati dal punto di vista psicologico, e soprattutto li ho trovati soffocati dalle descrizioni storiche. Come si dice, in un romanzo che funziona i personaggi agiscono secondo una propria logica e si svincolano dalla volontà dello scrittore. Lo scrittore deve solo seguirli e descrivere le loro azioni. Qui non mi sembra che questo principio sia rispettato. I personaggi mi sembrano molto costruiti e le loro azioni molto “guidate”.

Il linguaggio. L’ho trovato ampolloso e ricercato. Scurati afferma di scrivere per ricreare nel lettore il sentimento eterno dell’amore, e in questo si avvale del linguaggio romantico. Ed è vero. Ma un linguaggio del genere, prolungato per tutto il romanzo, ha contribuito a stancarmi e a togliermi l’interesse per una vicenda che il linguaggio voleva presentare come eroica ed erotica.
Le descrizioni sono soverchianti, e così l’aggettivazione. Vi è un piacere del virtuosismo verbale. Mancano o sono pochissimi i dialoghi, soprattutto quelli fra i protagonisti. Proprio i dialoghi, nei romanzi che più mi sono piaciuti, sono quelli che caratterizzano la psicologia dei personaggi e la loro autonomia. Le caratteristiche psicologiche, in questo romanzo, al contrario sono delegate alle descrizioni, annacquando in tal modo l’azione.
Anche l’aspetto erotico, che Scurati nell’intervista afferma essere un suo prominente interesse, mi sembra molto lontano dalla capacità di sollevare una tensione nel lettore. Aspasia ama il proprio corpo, lo guarda e lo ammira allo specchio, e sa che il proprio corpo è l’oggetto degli sguardi degli uomini, e prima di tutto di Jacopo. E questa dovrebbe essere la chiave di lettura dell’erotismo come punto di arrivo dell’amore, l’amore fisico.
Uno degli aspetti che dovrebbero essere culminanti nella rappresentazione dell’erotismo che si sposa con l’amore, è la descrizione del momento in cui i due amanti si possiedono per la prima volta: «Poi i due amanti si persero. I loro nomi furono cancellati dal libro della Creazione, le loro tracce cancellate dalla faccia della terra. Affondarono senza più fine, senza risveglio, senza paura. Fecero naufragio in un flutto d’estinzione al cui confronto la morte era il più puerile degli inganni.»
Qui il linguaggio è talmente evanescente che l’erotismo che dovrebbe suscitare nel lettore si dilegua e lascia una sensazione di vuoto, se non addirittura un punto interrogativo.

In conclusione il libro mi ha deluso.

Ascolta l’intervista a Antonio Scurati su Radio3 Fahrenheit

Scrivi un commento