IL SOGNO PIÙ DOLCE, di Doris Lessing

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Il libro si potrebbe dividere in due parti, che potremmo definire “il sogno” e “ la realtà”. Naturalmente queste sono definizioni semplicistiche che non rendono la complessità del romanzo e la profondità con la quale la Lessing scava nelle tendenze della società degli anni che vanno dal Sessanta all’Ottanta, e direi ancora più ampiamente, dell’umanità.

Nella prima parte, se dovessi individuare un protagonista, indicherei più una casa che una persona. La casa di Hampstead. Una grande casa che ospita una folla eterogenea, quella che dà vita al romanzo: innanzitutto Frances, la moglie del “compagno Johnny”, attrice di non grande successo e giornalista free lance, madre di Andrew e Colin; Julia, di origine tedesca, la madre del compagno Johnny, vedova dell’eroe di guerra Philip, la padrona di casa ufficiale; e poi ragazzi e ragazze, amici o meno di Colin e Andrews: Sophie, Rose, Jill, Lucy, Geoffrey, Daniel, e poi James, Franklin. Siamo alla fine degli anni Sessanta. Tutti questi protagonisti hanno alle spalle una loro storia che in un modo o nell’altro li ha portati a confluire nella casa, che diventa così una specie di microcosmo, simbolo del macrocosmo Inghilterra in quegli anni: il desiderio e la ricerca della libertà, soprattutto della libertà di pensiero e di espressione, il superamento delle rigide regole della borghesia e del sistema gerarchico vigente, il fascino dell’autodeterminazione, la conquista delle opportunità, l’aria nuova e pura di una crescente consapevolezza di sé in quanto parte dell’umanità, e con questo anche la liberazione dal colonialismo dei popoli del terzo mondo; tutte speranze che hanno accompagnato la gioventù irrequieta degli anni Sessanta, anche nelle contraddizioni, nelle difficoltà, nelle incapacità, nei contrasti; insomma, il dolce sogno, che pur nella differenza delle idee, dei caratteri e dei comportamenti dei singoli, li accomuna.

Il compagno Johnny è una specie di mito: iscritto e attivista del partito comunista, vede tutto in funzione di questa sua appartenenza; tiene conferenze in affollate sale, parla con i giovani affascinandoli e in diverse occasioni aggregandoli al partito, viene invitato in diversi paesi più o meno comunisti. È un borghese che per combattere la borghesia si affida al dogma. Il fascino che esercita sui giovani non è condiviso dalla sua famiglia, neppure dalla madre Julia che, proprio per il suo comportamento dogmatico, lo giudica un imbecille e non vuole avere a che fare con lui.
La moglie Frances, è refrattaria alle sue idee e alla sua attività. Il loro rapporto si affievolisce. Il compagno Johnny trova altre donne che sembrano essere brave compagne, va via di casa, poi ritorna, e di nuovo, finché Frances lo estromette del tutto. Frances è una donna fragile e forte nello stesso tempo. Gestisce la casa, rinuncia alla propria libertà, accudisce con convinzione ai ragazzi, che mangiano tutti attorno al suo grande tavolo, dormono nelle diverse stanze delle grande casa, sui letti, nei sacchi a pelo, sui vecchi divani. Ognuno fa la sua vita, ha il suo modo di pensare; amicizie che vanno e vengono, nascono e terminano amori e relazioni. Ciò che domina è la consapevolezza che il mondo va cambiato, che occorre conquistare la libertà di ognuno, combattere contro una borghesia conservatrice; alcuni di loro arrivano fino a rubare nei negozi e nei grandi magazzini, vantandosene come atti di ribellione.
Al piano superiore vive Julia, la padrona di casa, donna avanti negli anni, dedita a una vita ordinata, a un modo di comportarsi ultratradizionale, in contrasto con gli atteggiamenti liberistici degli altri ospiti della casa, ma tutto sommato tollerante. La sua storia risente di due guerre che il suo paese d’origine, la Germania, ha combattuto contro l’Inghilterra. Qualcuno per disprezzo in qualche occasione l’ha definita filonazista, gettandola nel peggiore degli sconforti. Di lei si ammira il modo di vestire sempre ricercato e correttissimo, anche se, magari, fuori moda.

Il romanzo, nella prima parte è un po’ la storia di questa specie di comunità: ognuno dei protagonisti ha il proprio carattere, manifesta un proprio comportamento, ha una propria vita: la scuola, la strada, le relazioni amorose. Fra loro c’è Rose, ragazza ribelle, astiosa, in permanente contrasto con tutti, decisa a battersi per i propri diritti anche se questi diritti rivendicati non esistono affatto; o Jill, timida e sottomessa, amica-nemica di Rose, che un bel giorno si presenta in stato di gravidanza e decide di accettare l’aborto. Sophie, di origine ebraica, è bellissima, e di lei sono innamorati in molti; ha un rapporto con Colin, dal quale avrà anche un figlio, ma nella realtà ha un irresistibile rapporto di dipendenza con Roland, del quale non può fare a meno. Colin, timido, apprensivo perché teme di non essere amato in famiglia, è geloso di tutti coloro che convivono nella casa; per scaricare le proprie tensioni si avventura in viaggi per il mondo; alla fine trova la sua strada come scrittore. Andrew, il figlio equilibrato, sa essere presente nelle situazioni critiche e risolverle con la calma di chi capisce se stesso e gli altri, dominando le proprie angosce. E poi James, che si aggrega timidamente alla compagnia, ma ne assorbe subito la mentalità e vuole parlare, manifestare le proprie idee, essere della partita. E Franklin, il nero che il compagno Johnny ha affascinato, e che scopre un mondo nuovo, quello dei bianchi, che in Africa non è neanche immaginabile, e scopre che ne può far parte anche lui, e che, tornato in Africa, parteciperà alla lotta di liberazione.
Al gruppo dei giovani contestatori, si aggiunge la piccola Tilly, figlia dell’ultima moglie del compagno Johnny, sconvolta e sprofondata in una reazione quasi psicotica per un rapporto profondamente negativo con la madre. Ricuperare la possibilità di un rapporto con la bambina sembra un compito impossibile. Vi riusciranno Julia e Andrew. Julia riuscirà a stabilire un rapporto come dovrebbe essere quello fra madre e figlia: d’amore ma anche di autorità e di rispetto, e sostituirà il diminutivo Tilly, alla bambina odioso, con il suo vero nome, Sylvia. Andrew riuscirà facendo ricorso alla sua pazienza e alla sua capacità di essere dolce e affettuoso.

Sylvia è la protagonista della seconda parte del romanzo. Ricuperata ai rapporti umani, studia, si laurea in medicina e si trasferisce in Africa, in una paese immaginario, la Zimlia, di recente liberato dal colonialismo bianco, e retto da un sistema sedicente comunista guidato dal compagno Matthews. In realtà è anche troppo facile identificare questo paese con lo Zimbabwe e il suo capo con il dittatore Mugabe.Il questa parte del libro il dolce sogno protagonista della prima parte negli anni Sessanta-Settanta, crolla in una realtà da incubo negli anni Ottanta. Le speranze che la caduta del colonialismo possano portare a una liberazione dei popoli dell’Africa si rivelano infondate. I nuovi governi che prendono il potere, prima detenuto dai bianchi, si dimostrano ancor più dei bianchi, rapinatori del proprio popolo.
Sylvia lavora come medico in una missione, e, nel seno di una missione cattolica, crea un piccolo ospedale che, con tutte le difficoltà e le carenze di strumentazione, di medicinali, di personale riesce a venire incontro alle esigenze di una popolazione sempre più in preda a malattie: malattie tropicali, malnutrizione, ferite di varia natura (anche di guerra) e soprattutto AIDS, che in quel periodo in Africa si sta diffondendo in modo dilagante.
Ma i suoi sforzi, oltre che dalla povertà di mezzi, vengono frustrati dall’avidità dei governanti, e da un’ideologia bacata, che vede ancora nei bianchi il nemico da combattere, da sfruttare per sfruttare ancora meglio la povera popolazione nera, e possibilmente da sterminare. Così Sylvia va in contro a difficoltà sempre crescenti, come accade a quei pochi coloni che hanno saputo costruire una fattoria efficiente, che sfidano la stupidità del governo, che rimangono, e che si vedono quotidianamente rapinare da funzionari governativi corrotti. La Lessing è ferocissima nel descrivere la corruzione di questo mondo, che invece di liberare l’Africa dal colonialismo, lo ha sostituito con una oppressione maggiore esercitata dai cosiddetti liberatori. I bianchi hanno sfruttato, ma hanno anche saputo anche costruire qualche cosa che avrebbe potuto durare e giovare alla popolazione, una volta superato il principio razzista dell’Apartheid. Nella realtà, i dominatori neri, nella loro cupidigia, non solo hanno distrutto anche le cose giuste fatte dai bianchi, ma hanno fatto incetta di ogni tipo di aiuto che le organizzazioni non governative umanitarie hanno organizzato per aiutare l’uscita dal colonialismo. La Lessing ci mostra, ad esempio, ospedali iniziati da stati europei e mai finiti perché i fondi sono stati incamerati dalla classe dirigente, strumenti nuovi di ogni tipo inscatolati e abbandonati a marcire, scuole senza libri, senza direttori, con sedi fatiscenti, etc. Le poche cose che funzionano ancora sono quelle fatte dai bianchi e rimaste, come il vecchio ospedale che serve tutta la popolazione del Paese, ma che prive di manutenzione sono destinato a un degrado sempre maggiore.
Sylvia è coinvolta in questo sfacelo, e lotta con tutte le sue forze per proteggere la popolazione del suo villaggio. Ma gli eventi sono più forti di lei.

In questa seconda parte la Lessing ci mostra un mondo infinitamente più lontano del mondo che ci aveva mostrato negli anni Sessanta. Ora, i protagonisti di allora sono cresciuti, hanno abbandonato gli idealismi, e hanno tutti cercato e trovato una soluzione individuale. Andrew, Geoffrey e Daniel hanno trovato una sistemazione importante in grassi organismi finanziari internazionali che dovrebbero aiutare il terzo mondo ma che nella realtà sono solo preda dei corrotti e avidi governanti subentrati ai colonialisti; e accettano la situazione senza tentare un minimo di ribellione, anzi, godendo del loro status. Colin ha trovato la sua via di scrittore, si sposa con Sophie che gli dà un figlio, ma anche l’amarezza di un amore folle destinato a un’altra persona colla quale ella va a vivere periodicamente. Frances ha trovato l’uomo della sua vita e si è sposata, ma non è più la mamma che accudisce ad una comunità di grandi idealismi. Julia è morta. Rose è diventata una giornalista di giornali scandalistici e basa la sua fama nell’inventare calunnie contro i vecchi amici, soprattutto Sylvia. Il compagno Johnny ha perso il suo fascino degli anni Sessanta: ora il comunismo è scomparso, e le sue idee si disgregano in patetici tentativi di sopravvivere. Sylvia torna in Inghilterra, dopo avere subito assurde accuse in terra africana: è sfinita, psicologicamente e fisicamente. Vi sarà ancora un’ultima serata davanti al vecchio tavolo che negli anni sessanta aveva riunito giovani che nutrivano in sé il sogno più bello, e che ora raduna i superstiti protagonisti dell’amara realtà.

Il libro è molto bello. La inconfondibile, piana, scorrevole scrittura della Lessing fa vivere i personaggi in modo tale che sembra di averli sempre conosciuti: quasi dei vecchi amici. Sono personaggi che effettivamente hanno una loro vita autonoma, e sembra che la scrittrice abbia solo il compito di seguirne spostamenti, comportamenti, convinzioni, conflitti e tutto ciò che appartiene a un personaggio vivente, ed essere solo il tramite per cui noi arriviamo a fare la loro conoscenza. Il rimando a descrizioni è minimo. Tutto il mondo nel quale la Lessing ci immerge è affidato ai dialoghi e alle azioni. Questo libro è del 2001, la lucidità e la freschezza della scrittrice mi ricordano romanzi come il Diario di James Sonders, Il taccuino d’oro, il quinto figlio, L’erba canta, etc. Quello che mi sembra molto strano è che ci siano voluti tanti anni prima che l’Accademia Svedese le abbia assegnato il premio Nobel per la letteratura.Leggi la prolusione di Doris Lessing alla consegna del premio Nobel nel dicembre 2007

1 Commento a “IL SOGNO PIÙ DOLCE, di Doris Lessing”

  1. berlin scrive:

    Gut!

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