SULA, di Toni Morrison

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Medallion è una piccola città dell’Ohio. La parte abitata dai bianchi, linda e ordinata, è nella valle. Sulle colline c’è il quartiere abitato dai neri, fatto di baracche, caotico quanto basta. È chiamato il Fondo, anche se si trova in alto. Il nome deriva da una storiella: un buon agricoltore bianco promette la libertà e un pezzo di terra fertile a fondo valle a un suo schiavo negro, in cambio di un lavoro che questi avrebbe dovuto fargli. Il lavoro viene fatto, la libertà accordata. Il problema è il pezzo di terra. L’agricoltore non vuole privarsi di una terra fertile, e dà al negro liberato un pezzo di terra sulle colline. Il negro obietta che gli era stata promessa della terra in fondo alla valle. L’agricoltore replica che per Dio che dal cielo guarda verso il basso, quella terra sulle colline era giù in fondo: in pratica, conclude il buon agricoltore «è il fondo del Paradiso. La terra migliore che ci sia».

 Il libro è un po’ la storia della vita della comunità che vive in questo Fondo nel periodo che va dal 1920 al 1965, quando le baracche del Fondo vengono a poco a poco smantellate per costruire nuove strutture per i bianchi (campi da golf e altro) e i neri emigrano altrove, magari nei luoghi prima abitati dai bianchi. È la vita di una comunità che soffre di una pesante discriminazione razziale, nella quale bianchi e neri rimangono rigorosamente separati in ogni aspetto della vita: abitazioni, scuole, mezzi di trasporto pubblici, ospedali, ospizi, perfino cimiteri, etc. Ma è anche la storia di un’amicizia femminile che insorge fra due giovani fanciulle dall’ideologia profondamente diversa, ma sotto certi aspetti, complementare.

Il libro non ha una vera e propria trama. È soprattutto un susseguirsi di episodi che se da una parte danno una visione d’assieme dell’amicizia fra le due ragazze, dall’altra danno un quadro vivo di una società che risente ancora in modo profondo la sua origine dalla schiavismo, e che è immersa in una discriminazione avvertibile anche negli atti più normali della vita.

Il libro è suddiviso in capitoli che si riferiscono ai determinati anni in cui gli episodi si verificano. L’inizio, dagli ani 1920-1923 è dedicato alla descrizione della famiglie dalle quali provengono le due ragazze. Nel proviene da una famiglia che, pur accettando la discriminazione come un fatto ineluttabile, cerca di uscirne puntando a realizzare un modello di vita che si ispira al modello di “normalità” della società dei bianchi: una famiglia ben definita, rapporti di amicizia selezionati, controllo degli appetiti sessuali, etc.  Helene, la madre di Nel, esercita il controllo sulla figlia, cerca il rispetto dell’ambiente che la circonda, e supplisce con la sua alla scarsa autorità del marito, che per la sua attività lavorativa non è quasi mai presente. Il rispetto, conquistato nell’ambito della società nera, tuttavia viene umiliato nel contatto con la società bianca, e l’umiliazione viene accettata come inevitabile. Nel da una parte avverte l’umiliazione, dall’altra si aggrappa all’orgoglio e lo porta in dote all’amicizia con Sula.

Sula proviene al contrario da una famiglia con alle spalle una storia difficile, i cui componenti cercano risposte individuali alle traversie della vita. La capostipite Eva, abbandonata dal marito priva di mezzi di sussistenza, per allevare i tre figli, si fa tagliare una gamba e intasca il premio dell’assicurazione. Questo le permette di acquistare una enorme casa nella quale si insedia la famiglia allargata. Ognuno porta avanti la sua vita: dei tre figli di Eva, il maschio torna dalla guerra in Europa infelice e drogato; Hannah, la figlia maggiore, che è anche la mamma di Sula, perde il marito, che muore dopo pochi anni di matrimonio; cercherà consolazione nell’amore che offrirà e accetterà da tutti gli uomini, scapoli e sposati, della comunità del Fondo. L’altra figlia se ne va a sposarsi nel Michigan. Nella casa arrivano tre scugnizzi, ai quali il capriccio di Eva darà lo stesso nome, e che finiranno per immedesimarsi in una stessa persona, dando luogo a situazioni molto strane. E arrivano anche altre persone, in affitto, fra cui tipi strani come Tar Baby. Sula cresce in questo ambiente disordinato, dove amore e sesso non trovano una vera e propria discrimine («Sula imparò che il sesso era un’attività piacevole e frequente, ma per altro verso di poco conto»), e dove la stessa morte sembra non rappresentare una tragedia, ma un modo di valorizzare la sopravvivenza.

In questo ambito vanno visti, ad esempio la morte di Chicken Little, il bambino, lasciato cadere per gioco da Sula nel fiume, dove il bambino annega senza che nessuno faccia alcunché per salvarlo; oppure la morte di Plum, il figlio drogato di Eva, che la madre uccide per amore, per toglierlo dalla sofferenza della schiavitù della droga, per poterne cullare il ricordo così come Plum amava farsi cullare nella vita; oppure la morte di Hannah, uccisa dal fuoco che sta appiccando in cortile, mentre Sula da lontano guarda la scena senza far nulla, indifferente anche al salto dalla finestra di Eva nell’estremo tentativo di spegnere un fuoco che non si spegnerà.

 

Nel e Sula realizzano un’amicizia femminile di quelle che resistono alle traversie, che si alimentano delle differenti ideologie di provenienza, che si fondono nell’ammirazione che i ragazzi manifestano per il loro corpo (“carne fresca”, qualcuno le definirà), che si concretizzano nella reciproca difesa dalle possibile offese, come nell’episodio in cui giovani ragazzi di origine irlandese si prendono gioco di Nel, o anche nella complicità in eventi luttuosi come la morte di Chicken. «Da tempo si erano rese conto di non essere bianche e di non essere nemmeno dei maschi, e avevano capito che libertà e successo sarebbero stati irraggiungibili per loro. Perciò si erano risolte a essere qualcos’altro.»

Il culmine della loro amicizia si realizzerà col matrimonio di Nel con un ragazzo molto ambito e ricercato dalle fanciulle del quartiere, Jude Greene. Il matrimonio, da una parte è il culmine dell’ideologia di Nel e della sua famiglia; dall’altra è il modo di Sula di partecipare a una gioia che, proprio perché è dell’amica, diventa anche la sua. Il sontuoso matrimonio nel 1927, in una chiesa con banchetto nuziale, vera rarità nel quartiere del Fondo, chiude anche la prima parte del libro.

La seconda parte si apre dieci anni dopo, nel 1937. Sula è stata lontano, ha studiato (sembra) ha convissuto con uomini (pare), è stata a Nashville, Detroit, New Orleans, New York, Philadelphia, Macon e San Diego. Ma si è annoiata.

«Tutte quelle città piene delle stesse persone che muovevano le stesse bocche, sudavano lo stesso sudore. Gli uomini che l’avevano portata in quei posti si erano fusi in un’unica grande personalità: lo stesso linguaggio d’amore, gli stessi giochi d’amore, lo stesso raffreddamento dell’amore».

Sula torna soprattutto per Nel, perché è proprio in Nel che vede l’altra se stessa. Sula ha bisogno di questo. Non vuole mettersi in competizione, la cosa che le interessa è aiutare gli altri a trovare se stessi.

Nel corso della lunga assenza (circa 10 anni) non è cambiata, e non capisce che invece il mondo cambia, anche il mondo al quale era assuefatta. Così il suo ritorno a Medallion, che poteva essere un evento felice, finisce per essere una piccola catastrofe. L’animo sensibile della gente nera del Fondo se ne rende subito conto. Sula arriva assieme all’invasione di pettirossi: migliaia e migliaia, che cagano dappertutto, muoiono, ingombrano le strade. Gli abitanti del Fondo considerano l’invasione una disgrazia, ma come sempre l’accettano, sia pure con riluttanza, come inevitabile.

«Nessuno sapeva perché o da dove fossero venuti. Sapevano solo che non ci si poteva muovere senza calpestarne gli escrementi perlacei, e che era un problema stendere la biancheria, strappare le erbacce o anche solo sedersi sulla veranda mentre pettirossi volavano e morivano tutt’intorno.

Moltissimi ricordavano quella volta in cui per due ore il cielo era stato annerito da nuvole e nuvole di piccioni; erano abituati agli eccessi della natura – troppo caldo, troppo freddo, troppa siccità, pioggia a catinelle – eppure temevano che un fenomeno relativamente insignificante potesse prendere il sopravvento, dominarli e sottomettere la loro mente al suo potere».

A dispetto della paura, reagirono a quella stranezza opprimente, o a quelli che chiamarono “giorni maledetti”, con una rassegnazione che rasentò il benvenuto. Intuivano che un simile maleficio dovesse essere stornato: c’erano delle precauzioni da prendere per proteggersene. Comunque lasciarono che facesse il suo corso, che si compisse, e non cercarono di mutarlo o di interromperlo, né di evitare che si verificasse nuovamente. Si comportavano così anche con le persone.

E questo atteggiamento, che gli estranei scambiavano per negligenza, trascuratezza o anche generosità, di fatto significava piena legittimazione delle forze diverse da quelle del bene. Non credevano che i dottori potessero guarire – secondo loro nessuno lo aveva mai fatto. Non credevano che la morte potesse essere accidentale – la vita, se mai, poteva esserlo, ma la morte era premeditata. Non credevano che la Natura fosse avversa – solo importuna. Piaghe e siccità erano “naturali” come la primavera. Se il latte poteva cagliare, Dio sa se potevano calare stormi di pettirossi. L’obiettivo del male era di sopravvivergli e così decisero (senza mai esserne consapevoli) di sopravvivere alle inondazioni, ai bianchi, alla tubercolosi, alla carestia, all’ignoranza. Conoscevano la rabbia, ma non la disperazione, e non lapidavano i peccatori per la stessa ragione per cui non si suicidavano: era indegno di loro».

Sula, nonostante le sue peregrinazioni, nonostante il lungo tempo passato, non è cambiata; non ha vinto le sue insicurezze, non riesce a rapportarsi con gli altri. Nell’amica cerca di ricuperare il vecchio rapporto, quello dell’identità reciproca, quello in cui nell’altra si scoprivano i lati nascosti di se stessa. Ma non è più così. Le cose sono cambiate. Anche se è vero che Nel è felicissima di rivedere l’amica, e si protende per ricuperare il vecchio rapporto, è anche vero che è profondamente cambiata. Ora ha una famiglia, un marito, dei figli, i suoi rapporti con la gente che la circonda sono rapporti “normali”. Non c’è spazio per rapporti privilegiati con l’amica di un tempo. Il rapporto fra le due si allenta, fino a rompersi quando Sula seduce Jude, che finisce per lasciare la moglie.

Quello di Sula, tuttavia non è un vero tradimento. Sula non contrarrà un rapporto con Jude. Sula ha sedotto Jude solo perché le andava di farlo, perché «c’era un vuoto da riempiere» come dirà in un’altra circostanza all’amica, esattamente come facevano dieci anni prima, lei e l’amica Nel, senza ricorrere a motivazioni diverse da quelle di soddisfare la loro volontà. Ma Nel rimane ferita nel profondo dal gesto dell’amica, che vede come offensivo, irriguardoso del sentimento di amicizia: questo segna che la distanza fra le due è diventata irreversibile, e che, strano a dirsi, sarà ricuperato decine di anni dopo, solo dopo la morte di Sula.

Sula si rinchiude in una solitudine che la allontana dalla società in cui vive. Si comporta in modo da sollevare antipatia e ostilità in chi la circonda. Ricovera a forza la vecchia nonna Eva, ancora lucida, in un orribile ospizio dove non esiste assistenza né medica né di altra natura. Seduce uomini, liberi o sposati non importa, come faceva sua madre. Ma a differenza di lei, nei rapporti non cerca amore o anche solo affetto, ma solo se stessa e il proprio lato oscuro. Le mogli tradite pur temendo Hannah, la apprezzavano come prova vivente che il loro uomo, quello che loro avevano scelto, e quello che aveva scelto loro, era un uomo che valeva la pena. Sula no. Sula è odiata dalle mogli tradite perché con gli uomini ha un rapporto effimero, oggi diremmo “usa e getta”, e quindi manifesta una forma di spregio che dall’uomo si riverbera sulle mogli.

«Lei era stata emarginata e lo sapeva. Sapeva che la disprezzavano e credeva che esprimessero il loro odio nel disgusto per la facilità con cui andava a letto con gli uomini. Il che era vero. Lei andava a letto con gli uomini tutte le volte che poteva. Era l’unico luogo dove riusciva a trovare quello che stava cercando: l’infelicità e la capacità di provare una profonda pena. Non era mai stata consapevole del fatto che era la tristezza quello che desiderava con tanta intensità. Dapprima fare l’amore le era sembrato il modo per procurarsi una gioia speciale. Era convinta di amare ‘oscurità del sesso, il suo rituale; rideva moltissimo durante i rauchi preliminari, e rifiutava gli amanti che consideravano il sesso un’attività sana e piacevole. L’estetica sessuale l’annoiava. Non che considerasse il sesso disgustoso (anche la bruttezza era noiosa), però le piaceva pensare che fosse immorale. Quando le sue esperienze si moltiplicarono, comprese non soltanto che non era immorale, ma che non doveva nemmeno elaborare l’idea dell’immoralità per parteciparvi pienamente».

L’antipatia crescente, e l’ostilità trovano alimento con le voci che circolavano: Sula ha un potere malefico, e si citano episodi in cui la sua presenza della giovane sembrava legata a disavventure di vario tipo. E per finire, viene accusata del delitto più grande per una donna nera: quella di avere rapporti carnali con un bianco.

Le vicende della vita, tuttavia non sono mai a senso unico, e si complicano ulteriormente. Un giovane, che ai tempi dell’adolescenza aveva attirato l’attenzione sua e della sua amica Nel con frasi indecenti lasciate sfuggire durante fugaci incontri, e che scandalizzavano ma le provocavano anche intimo piacere alle due ragazze, Ajax, ricompare nella sua vita. Questa volta l’eccitazione si ripresenta prepotente, il rapporto amoroso si sviluppa con una intensità erotica sconosciuta. «Sula cominciò a scoprire il possesso» scrive la Morrison. Ma imboccare questa strada si manifesta ben presto come un errore. Ajax sente i rischi dell’intensità del rapporto e dopo una breve relazione la lascia. Sula non lo può trattenere. E non può neppure ricostruire nella memoria quel rapporto così intenso. Ora che se n’è andato, Ajax non ha lasciato dietro di sé nulla, se non la sensazione della sua assenza.

Sula è destinata a una vita breve. Una grave e dolorosa malattia finirà per escluderla del tutto dal mondo. Solo Nel, la sua amica, vincendo la riluttanza, facendo appello al sentimento, va a trovarla per aiutarla. Ma non troverà più l’amica di un tempo. Non la troverà non solo perché Sula ha elaborato la sua dolorosa vita chiudendosi sempre di più in se stessa, ma soprattutto perché è cambiata lei, Nel. Il suo sentimento d’amicizia non è più esclusivo di un riconoscimento di reciproca identità, ma si configura come la classica amicizia messa in moto e sviluppata dall’affetto, che ha senso solo se è reciproco. Ma, si vede subito che reciproco non è. L’amicizia fra le due si è sviluppata solo come ricerca di identità, come uno specchio nel quale l’una guarda l’altre vedendo se stessa. Ora Nel la ripropone come un’istanza di affetto; ma questa amicizia non interessa Sula che in prossimità della morte naviga nel suo mondo, dove amore, affetto sono espressioni vuote. All’osservazione che nessuno la può più amare, dà una risposta profetica che non a caso è forse il brano più celebre del libro:

«Oh, mi ameranno lo stesso. Ci vorrà tempo, ma mi ameranno.» il suono della sua voce era sommesso e distante come il suo sguardo. «Quando tutte le vecchie saranno andate a letto con gli adolescenti; quando tutte le ragazze avranno dormito con i loro vecchi zii ubriachi; quando tutti gli uomini neri avranno fottuto quelli bianchi; quando tutte le donne bianche avranno baciato quelle nere; quando le guardie avranno stuprato i galeotti e le puttane avranno fatto l’amore con le loro nonne; quando gli omosessuali saranno diventati come le loro madri; quando Lindbergh avrà dormito con Bessie Smith e Norma Shearer l’avrà fatto con Stepin Fetchit; quando i cani avranno scopato tutti i gatti e le banderuole sui granai saranno volate via dai etti per montare i maiali… allora ci sarà un poco di amore per me. E lo so bene come sarà».

Sula dopo questo ultimo incontro con Nel, muore. Nessuno la compiange. La comunità nera si sente sollevata. Da ora le cose andranno meglio. Ma non è vero. Sula era una specie di parafulmine, sul quale si scatenavano tensioni della vita quotidiana, che ora tornano ad agitare le coscienze e le sensibilità: i bambini che fanno i capricci sono meno tollerati, le vecchie nonne che devono essere accudite diventano un peso che può diventare insopportabile, etc. L’inverno che arriva all’improvviso ed è più freddo del previsto contribuisce a deprimere la comunità: il lavoro viene a mancare, le case sono fredde, la fine del mese è lontana, le malattie incalzano, tutto sembra precipitare quando il ritorno del sole rimette tutto in moto. Il 3 gennaio del 1941 Shadrack, un giovane tornato pazzo dalla guerra, decide per l’ultima vota di percorrere le strade col campanaccio per celebrare la giornata del suicidio da lui promulgata. Il suo richiamo non va perso. Il sole attira la gente, che esce dalle case e si mette in fila dietro di lui. Si forma così un allegro corteo che cammina danzando e cantando lungo la strada che conduce al fiume, corteo che mi ha ricordato un vago sapore felliniano. Alla fine della strada, sulla riva del fiume, ci sono i lavori abbandonati per la costruzione di un tunnel, la speranza delusa di un’occupazione per i neri del Fondo. Il corteo li invade fra allegria e rabbia, e decide di distruggere tutto, creando così le condizioni di un crollo che coinvolge e porta a morte la maggioranza dei partecipanti al corteo. Quasi un verificarsi della profezia di Sula.

Il romanzo si conclude con un epilogo e un salto di 24 anni. Le condizioni del Fondo sono molto cambiate, e così i suoi abitanti. I neri che abitavano sulle colline, ormai tendono a spostarsi e ad avvicinarsi al centro una volta occupato dai bianchi, si stanno imborghesendo; mentre i bianchi tendono a costruire ville sulle colline, dove vengono costruiti anche campi dal golf e altre infrastrutture tipiche del mondo privilegiato.

Anche i rapporti sociali cambiano: gli ospizi diventano più belli, ma più numerosi, non perché la gente viva più a lungo, ma perché gli anziani vengono sempre più frequentemente scartati dalla vita familiare. Fra i bianchi ancora più spesso che fra i neri. Nel, ormai invecchiata, va a trovare Eva, la nonna che Sula aveva messo, per liberarsene, prematuramente in un ospizio: la vecchia nonna che aveva ucciso il figlio Plum tossicomane, che si era gettata dalla finestra per salvare, senza riuscirci, la figlia Hannah invasa dal fuoco, che aveva preso in casa i tre Dewey. Ed Eva parla con Nel come se fosse Sula: per Eva le due ex ragazze sono una persona sola, e alla disperata Nel chiede perché ha ucciso, facendolo affogare, il piccolo Chicen Little. Nel, che ha sempre calmato la propria coscienza, con la consapevolezza che fosse stata Sula a lanciare il giovane Chicken nel fiume, si rende conto, finalmente che in realtà, se l’atto nella sua sostanza è stato fatto da Sula, nella sua conseguenza sulle responsabilità è stato fatto entrambe, e che, pure a distanza di anni, pure dopo un percorso di contrasti, pure dopo la morte di una di loro, il rapporto è ancora vivo, e il libro termina con una straziante invocazione di Nel: «Oh Signore, Sula! Ragazza mia, ragazza mia, ragazzaragazzaragazza mia!»

Il libro è complesso. I due piani di lettura, quello dell’amicizia femminile e della vita in un quartiere nero negli Stati Uniti, nel periodo che va fra le due guerre mondiali, si sovrappongono in modo da offrire una visione delle vicende il più possibile ampia e obiettiva. Non si apprezzano toni enfatici, senso di pena, retorica della discriminazione o espressioni scandalistiche. Nulla di tutto ciò, solo descrizione fedele, efficace, colorata dal punto di vista visuale, e proprio per queste doti narrative, più capace di penetrare l’animo del lettore e di coinvolgerlo, di guidarlo nelle assurdità di un mondo che sembra lontano, che che è terribilmente reale.

Leggi la lezione al Premio Nobel di Toni Morrison nel 1993. 

 

 

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