CAINO, di José Saramago

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A distanza di 18 anni, Saramago ritorna sui sacri testi. Nel 1991 col Vangelo secondo Gesù Cristo si è cimentato col Nuovo Testamento. Nel 2009, col suo ultimo libro, Caino, appunto, si è cimentato con l’Antico Testamento. Il romanzo comincia con la creazione di Adamo ed Eva, il paradiso terrestre, il peccato originale, la punizione, la cacciata. Questo potrebbe essere definito una specie di prologo, nel quale intravvediamo la figura di colui che sarà il protagonista occulto del romanzo: Dio. E lo conosciamo non solo come il creatore di tutte le cose, ma anche come un personaggio interessato soprattutto a se stesso, alla perfezione delle proprie opere come metro della propria perfezione. Ma già nella creazione di Adamo ed Eva commette degli errori: si dimentica di dar loro la parola, poi si accorge che manca l’ombelico, e in entrambi i casi corre ai ripari.

Tuttavia trascura i sentimenti delle due creature, che, pur vivendo in un ambiente molto confortevole, col passar degli anni cadono in profonda noia. Si generano le condizioni per cadere nel peccato originale. Questa imperfezione non può essere corretta, e così Dio caccia i due esseri dall’Eden, costringendoli a una vita di miseria. Solo la pietà e la benevolenza di un cherubino, che di nascosto disobbedisce agli ordini impartitigli, li aiuta.

Adamo inizia la sua avventura terrestre: fa fare ad Eva due figli, dei quali il primogenito, Caino, è un ragazzo robusto, vitale, con la vocazione alla coltivazione della terra; l’altro il secondogenito, Abele, è più mingherlino, pallido e con vocazione alla pastorizia. I due fratelli fanno offerte a Dio. Dio accetta con benevolenza quelle di Abele, e rifiuta con sufficienza quelle di Caino. Caino, ingelosito, uccide il fratello. Dio lo punisce: lo costringe a vagare per la terra, ma nessuno potrà nuocergli, e per questo gli imprime sulla fronte un segno indelebile (Genesi, IV, 1-16)

Caino comincia la sua avventura terrena. Si può dire che il romanzo cominci qui. Le migrazioni di Caino lo portano a percorrere nello spazio e nel tempo i principali episodi della Genesi e di altri libri della Bibbia, nei quali il comportamento di Dio si dimostra essere in realtà disumano. Caino dapprima si sofferma nella terra di Nod, trova moglie e da lei ottiene un figlio, chiamato Enoch (Genesi, IV,16-17). Qui Saramago non entra nella questione che ha fatto discutere molti studiosi e uomini di religione, su chi fosse la moglie: se fosse una discendente di Adamo e d Eva (come lo stesso Caino, d’altronde) o se fosse una donna discesa da una stirpe diversa che popolava già la Terra indipendentemente dai due biblici precursori. Caino (come già anche Adamo, nei primi capitoli del libro) viene a contatto con molte altre persone, sulla cui origine però Saramago tace lasciando al lettore libera immaginazione.

Caino è un essere irrequieto. Non può fermarsi a lungo in un unico posto. Dio gli ha imposto una punizione: “Ramingo e fuggiasco sarai sulla terra”. E così sarà. Caino, per una trasmigrazione misteriosa procede non solo nello spazio, ma anche nel tempo. Viene così ad essere testimone del sacrificio che Dio impone ad Abramo, che dovrà sacrificare l’amato figlio Isacco (Genesi, XXII, 1-18). Isacco sarà, sì, salvato, ma non da un angelo come recita la Bibbia, ma dallo stesso Caino, poiché l’Angelo arriverà in ritardo, quindi a sacrificio eventualmente avvenuto. E qui Caino comincia a scoprire che questo Dio, che l’ha punito per un fratricidio, azione vergognosa, della quale il giovane continua a sentire il rimorso, di fatto non solo non è migliore di lui, ma addirittura più cinico. Ha costretto il padre a uccidere il figlio, non importa se, intenzionalmente, solo in modo figurativo (l’affetto di Abramo è stato comunque toccato nel profondo); e poi l’invio dell’angelo per impedire il sacrificio non è stato fatta con quell’attenzione e quella preparazione che una situazione del genere avrebbe richiesto. Lo scandalizzato Caino si addormenta e si sveglia in un luogo chiamato Babele. Gli uomini vi stanno costruendo una torre. Caino si accorge che i lavori sono disorganizzati, che le persone non riescono a comunicare fra loro, che sembra di essere capitato in un paese di pazzi; e la costruzione della torre non procede. Caino chiede informazioni e gli viene spiegato che gli uomini, in passato parlavano un linguaggio melodioso e unico, erano fieri delle loro capacità e avevano deciso di costruire un torre alta fino al cielo per darne dimostrazione. Ma Dio, anziché essere fiero delle capacità degli esseri da lui creati, si è rivelato geloso, e per bloccare la costruzione della torre, ha confuso le lingue. (Genesi, XI, 1-9). Il racconto dell’antico testamento procede per salti temporali. Così vi è il nuovo incontro con Abramo, padre di Ismaele avuto dalla sua schiava Agar, quando alla sua vecchia moglie Sarai tre persone (Dio stesso) preannunciano, nonostante l’età non più fertile, la nascita di un figlio, Isacco (Genesi, XVIII, 1-15). E subito dopo Caino assiste alla distruzione delle città di Sodoma e Gomorra (Genesi, XVIII, 16-33 e XIX, 1-29). Nelle due città si commettevano peccati contro natura: gli uomini fornicavano con gli uomini. Dio decise una punizione esemplare, ma lo fece senza alcuna discriminazione coinvolgendo donne e bambini innocenti, venendo meno alla sua rassicurazione che gli innocenti sarebbero stati risparmiati. Dio quindi si rivela inutilmente crudele e menzognero.

In un nuovo salto temporale Caino incontra l’episodio in cui Mosè, salito sul monte Sinai, riceve da Dio le tavole della legge, mentre nella valle, il popolo ebraico, in attesa, decide di costruire un vitello d’oro e di adorarlo (Esodo, XXXII, 1-35). Al ritorno di Mosè dal monte, la punizione sarà terribile: oltre alla distruzione del vitello, con l’aiuto della tribù di Levi rimastagli fedele, saranno sgozzati tremila ribelli per ottenere il perdono di Dio. Ma anche di altri massacri Caino è testimone: uno di questi è quello dei madianiti (Numeri, XXXI, 1-54). Non solo vengono massacrati tutti gli uomini guerrieri, ma, su espresso ordine di Mosé anche donne e bambini, mentre il bottino viene diviso fra gli israeliti, soldati e civili, e una parte viene riservata a Dio, con un preciso computo del numero delle pecore e degli altri oggetti. Viene poi narrato l’episodio delle mura di Gerico, dell’arresto del sole per permettere alle armate di Giosuè di entrare i città e giustificare in questo modo, con la potenza di Dio, il solito massacro (Giosuè, VI, 1-27). Gli ultimi due episodi biblici narrati nel libro sono quello di Giobbe (Giobbe) nel quale Dio, per una scommessa con Satana, fa patire sofferenze inaudite al suo servo fedele, e il diluvio universale, l’arca di Noè (Genesi, VI, 5-22), con la distruzione dell’umanità che ne è conseguita.

La conclusione del libro è molto amara: tutti gli episodi di cui Caino è stato testimone ci hanno rivelato un Dio con all’ennesima potenza tutti i difetti peggiori degli uomini: la gelosia, la crudeltà, l’avidità, la ferocia, il cinismo. Caino alla fine si chiede: io mi sento un vero colpevole per avere assassinato mio fratello. Come può il Dio, dei cui misfatti sono stato testimone, condannarmi?

L’ironia, il tono sarcastico, la ricerca per trovare qualche cosa di solido che stia dietro le mitologie che hanno orientato le definizione dei valori della convivenza, sono proprie del grande scrittore. Chi è il dio che le scritture, i credo religiosi, le organizzazioni cosiddette profetiche, il potere spirituale ci indicano come l’alfa e l’omega, il creatore, l’essere perfettissimo, il padre assoluto? È forse l’essere responsabile di stragi di innocenti, di atrocità di ogni genere? L’essere che non solo approva la guerra, ma che pretende, nella spartizione del bottino, anche qualche cosa per sé? L’essere che per provare la fedeltà, la soggezione, il “timor di Dio”, non esita a comandare al padre di uccidere il figlio; che non esista a fare scommesse con Satana sulla pelle di un uomo della cui fedeltà è certo? E se è così, allora chi è Caino, l’assassino del fratello, il colpevole assoluto? 
Tutti temi propri a Saramago. Ma a differenza di altre occasioni in cui questi temi emergono da storie meravigliose, complesse, coinvolgenti, qui la sua scrittura mi si è rivelata piuttosto stanca, le voce dell’ironia un po’ troppo artificiale, il coinvolgimento nella storia esiguo. L’interesse del tema è indiscutibile. Tuttavia, proprio per quanto, nelle suo opere che ho letto in passato, io abbia apprezzato, amato e stimato Saramago, in questa occasione non posso non esprimere un certo senso di delusione.

 

Leggi la lezione al ritiro del Premio Nobel per la letteratura nel 1998

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