LA COLLINA DEL VENTO, di Carmine Abate

 primop4.jpg

La protagonista del romanzo è proprio una collina, il Rossarco, un’altura prospiciente Punta Alice, in Calabria. Su quelle coste, sei o sette secoli prima di Cristo, esuli greci approdarono per fondare nuove città. Molte di esse con trascorrere dei secoli scomparvero sotterrate lasciando solo deboli tracce della loro vita. Anche nei pressi di Punta Alice vi fu uno sbarco e venne fondata una città, Krimisa. Così almeno raccontano le leggende. Ma una qualche verità doveva pur esserci se, poco lontano dalla punta, quasi in riva al mare gli scavi misero alla luce i resti di un tempio, il tempio di Apollo Aleo. Dove fosse ubicata la leggendaria città però non fu mai chiarito, nonostante gli scavi effettuati dagli archeologi. Uno di queste possibili ubicazioni era la collina del Rossarco, e proprio su questa collina si svolge la vita e la storia di una generazione di contadini calabresi, gli Arcuri, narrata nel romanzo.

La loro storia comincia quando Alberto, che lavora in una miniera di zolfo, sorprende due manigoldi nel tentativo di stuprarne la moglie, Sofia. Imbracciato il fucile spara uccidendoli entrambi. Nessuno era presente e nessuno sa cosa fosse successo quella mattina sulla collina del Rossarco. Neppure i tre loro figli, Michele, Arturo e Angelo, che pure hanno sentito gli spari, ma che non hanno visto nulla.  Solo Arturo, il più coraggioso e anche il più determinato, sfuggendo al controllo, riesce a vedere due cadaveri stesi sul fianco della collina. Ma – gli impone la madre – non dovrà parlare con nessuno, nemmeno con i fratelli. Un giorno forse saprà chi sono e da chi e perché sono stati uccisi.  Col passar del tempo l’episodio cade nel dimenticatoio, o almeno, non se ne parla più; ma l’episodio rappresenta, un po’ come la collina, un segnale di identità della famiglia, e la sua conoscenza verrà trasferita da padre in figlio.

Alberto, stanco di lavorare in miniera, con la pazienza e con il duro lavoro del contadino, riesce gradatamente ad acquistare per poco prezzo la terra della collina: una terra incolta che i diversi proprietari vendono per raccimolare qualche soldo ed emigrare in America. Alberto vi lavora con grande intensità; i figli crescendo lo aiutano, e tutti assieme fanno diventare la collina un’oasi ben coltivata, ricca di piante, di ulivi, di vitigni, di frumento, di fichi d’India, e soprattutto di fiori di sulla che la danno un vivace color rosso nei mesi estivi e che le donano un inebriante profumo. Proprio sulla collina di Rossarco Alberto incontra per la prima volta Paolo Orsi, un archeologo che sta studiando gli insediamenti della Magna Grecia che risalgono al VII° secolo aC, e fra questi proprio le tracce di Krimisa.

Siamo ai primi decenni del secolo. L’Italia sta per entrare in guerra. I tre figli di Alberto partiranno per il fronte. Michele e Angelo moriranno, mentre riuscirà a salvarsi Arturo. La vita riprenderà. Arturo si sposerà, farà una nuova famiglia; dalla moglie Lina avrà due figli, un maschio, che verrà chiamato Michelangelo e una femmina, Ninabella.

Presa del potere da parte dei fascisti in difesa dei grandi agrari. Arturo non esita a schierarsi dalla parte dei contadini, e simpatizza col partito comunista. La collina di Rossarco, ben coltivata, fa gola a un ricco latifondista della zona, Don Lico. Gli Arcuri resistono alle minacce e ai sabotaggi, e Arturo viene accusato di sovversione e inviato al confino all’isola di Ventotene per cinque anni. Lina riesce a mantenere la collina e a crescere i figli: Michelangelo va a scuola, Ninabella manifesta inaspettate doti di pittrice. Paolo Orsi, diventato un importante dirigente del servizio di archeologia, torna al Rossarco per riprendere gli scavi. In quell’occasione, oltre a una certa quantità di materiale di antica origine, vengono alla luce due scheletri di epoca molto più recente. Sono i cadaveri dei due malfattori uccisi da Alberto. Il mistero delle origini ritorna in primo piano, ma ben presto viene nuovamente sepolto.

Michelangelo si dimostra uno studente capace e quindi con sacrifici aggiuntivi, ma anche con l’aiuto del nonno che gli regale antiche monete da lui trovate, viene mandato alle scuole superiori a Catanzaro. E successivamente anche Ninabella viene ammessa, sia pure con minor successo agli studi superiori.

Dopo poco meno dei cinque anni previsti, Arturo torna dal confino. La famiglia si ricostituisce e si riprende il lavoro sulla collina.

Un brutto giorno del 1940 scoppia la seconda guerra mondiale. La zona è sorvolata da aerei inglesi. Un giorno uno di questi aerei viene abbattuto. Il pilota miracolosamente sopravvive, e viene aiutato dagli Arcuri, che lo ospitano nella loro casa e lo tengono nascosto. Il pilota si chiama William, è di bell’aspetto e ben presto fra lui e Ninabella nasce una simpatia che tuttavia rimane a livello totalmente platonico. Michelangelo compiuti gli anni necessari viene richiamato al fronte. Nel luglio del 1943 la caduta di Mussolini porta alla fine del fascismo. Le armate angloamericane, sbarcate in Sicilia, risalgono la penisola, e sembra quasi che William possa essere libero. Ma le cose non vanno così: una mattina le donne Arcuri, Lina, Sofia e Ninabella, salendo alla collina, trovano il corpo di William impiccato a un albero, mentre di Arturo non c’è più traccia.

Michelangelo, reduce dal fronte, sofferente per il lungo cammino viene a conoscenza della tragedia.  Vane sono le ricerche di Arturo, scomparso nel nulla. La vita riprende fra lavori agricoli, scavi archeologici e l’insegnamento elementare da parte di Michelangelo, col suo diploma da maestro. Sul fronte degli scavi, l’attività, dopo la morte di Paolo Orsi, viene ripresa da Umberto Zanotti-Bianco e dalla sua allieva Marisa Marengo, che divenne direttrice dei lavori. Il matrimonio fra lei e Michelangelo e il figlio che dovrà nascere fa progredire di un’altra generazione la saga della famiglia Arcuri, con la collina sempre al centro dell’attenzione e simbolo di identità. Anche Ninabella trova la sua strada. Lo sfortunato amore per William la porta a Londra, ospite della famiglia del pilota e, successivamente si sposa col fratello di William, David, dal quale dopo qualche anno si separa. La sua vita, lontana dalla collina, in paesi stranieri, si sviluppa piuttosto come artista pittrice; espone in diverse mostre e spesso riceve premi.

Negli anni postbellici, la riforma agraria alimenta le possibilità di sopravvivenza dei contadini che ricevano frammenti di terra sottratti ai latifondisti.  La collina del Rossarco intanto torna ad essere preda desiderata non più da latifondisti, ma da gruppi malavitosi: prima da un gruppo che vuole impiantare pale eoliche per l’energia alternativa; poi da un gruppo che vuole fare di punta Alice un villaggio turistico inglobando anche parte della collina. La tenacia degli Arcuri e del capofamiglia Michelangelo, impedisce i due tentativi di scempio.

L’ultima generazione, rappresentata dal figlio di Michelangelo e Marisa, Arturo Cesare, detto Rino, perde i contatti con la collina. Fin da bambino Rino vive al nord, a Torino, dove studia e cresce. Troverà un impiego in Trentino dove sposerà Simona, e le volte che si reca a Spillace, alla collina dove ormai solitario vive il padre, si rende conto della sua estraneità a quella terra. Rino si reca alla terra d’origine un’ultima volta, quando il padre lo chiama per telefono con urgenza: piogge torrenziali devastano la regione; la collina sta franando. Rino deve essere messo al corrente del segreto familiare, che il padre gli racconterà davanti alle crepe che minacciano la collina. È la storia sempre dimenticata, ma sempre ricordata, dell’uccisione dei due delinquenti che volevano stuprare la bisnonna Sofia. Alla fine del racconto, mentre Rino sta per tornare al nord, la frana si verifica in tutta la sua grandezza, e scopre, una volta per tutte, i resti tanto ricercati della città antica di Krimisia.

Si tratta di un romanzo molto lungo, come si conviene al racconto di una saga che si dipana per quattro generazioni. Vi sono eventi che attribuiscono al romanzo anche elementi di racconto: eventi amorosi; eventi culturali, come gli scavi e i reperti della Magna Grecia; eventi sociali, come le guerre, le partenze per il militare, il ritorno; eventi legati ai tentativi di estorsione malavitosa, prima da parte dei latifondisti, poi da parte della criminalità organizzata; infine il mistero che percorre un po’ tutto il racconto, e che nel romanzo viene svelato soltanto alla fine quando Michelangelo lo svela a Rino, ultimo rampollo della famiglia, prima della frana conclusiva: gli spari sentiti da Arturo quando era bambino, e i cadaveri da lui visti, e rivisti successivamente nel corso degli scavi, ormai ridotti a scheletri.

Il racconto è tutto in terza persona, ma, man mano che procede, vi si inseriscono, in modo sempre più frequente dei capitoli in prima persona raccontati dall’ultimo discendente, Rino, come una storia da lui ricordata a partire dall’infanzia fino alla frana finale che mette fine alla collina, alla saga, e alla famiglia.

Come giudizio finale non posso non rilevare una certa noia in una lettura piuttosto lenta, spesso ripetitiva, nella quale gli eventi si susseguono distanziati da lunghi intervalli nei quali prevalgono le descrizioni, a volte utili per capire il contesto, a volte esuberanti e scarsamente legate alle vicende narrate. Il premio Campiello, assegnato al libro nel 2012, mi sembra una valorizzazione eccessiva. Penso alla severità con cui viene assegnato il maggior premio letterario americano, il premio Pulitzer, tanto che nel 2012 non è stato assegnato in quanto i titoli concorrenti non ne furono giudicati all’altezza.

3 Commenti a “LA COLLINA DEL VENTO, di Carmine Abate”

  1. Gian Damn scrive:

    Ottimo

  2. Mimmus scrive:

    Non condivido: la lettura mi ha talmente emozionato che ho dovuto interromperla a tratti, per asciugare gli occhi umidi e stringere i pugni con rabbia, come se il racconto avesse toccato qualche corda particolare del mio intimo.

  3. Ernesto scura scrive:

    Consigli a Mimmus:
    1º per la lacrimazione evita accuratamente il vento (della collina) nonchè letture tanto coinvolgenti.È risaputo che i romanzi lacrimevoli (la cieca di sorrento,le due orfanelle,producono questo effetto).
    2ºPer evitare di stringere i pugni (sembrerebbe una inopportuna masturbazione a vuoto) coinvolgi altri nervi ed altri nmuscoli,vedrai che la tensione scenderà automaticamente fino a concentrarsi nello sfintere…anale.Molto
    probabilmente ci proverai gusto,con buona pace della rabbia.
    3º Con le corde vacci piano.Mai parlarne in casa dell’impiccato…il Rossarco ha dei precedenti pericolosi.

Scrivi un commento