SETTIMO: RUBA UN PO’ MENO di Dario Fo (1964)

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Il tema del lavoro è quello di portare alla luce gli imbrogli del potere nella gestione della cosa pubblica, e di denunciare il fatto che, anche se questi imbrogli dovessero emergere in qualche modo, l’orientamento politico è quello di tenerli nascosti il più possibile, con la scusa che la loro conoscenza potrebbe creare gravi situazioni, paragonabile allo scoppio di bombe in luoghi pubblici, e nel contempo nel poter continuare a trarne vantaggio. Il destino di coloro che conoscono questi “segreti” è quello di finire in manicomio come matti, oppure quella di essere sottoposti ad un accurato e profondo lavaggio del cervello che li rende succubi e obbedienti al potere e ai suoi soprusi.

La commedia parte da lontano. Siamo nel cimitero di una grande città (Milano?). Fra i becchini circola una notizia incredibile. Si dice che sia stato deciso il trasferimento del cimitero fuori città, a 18 km di distanza, e addirittura che si intenda costruire una specie di tunnel da utilizzarsi per il trasferimento delle salme (il cadaverodotto). Fra i becchini ve n’è uno di sesso femminile, Enea (Franca Rame), che si vanta di saper parlare con i morti. In realtà si tratta di scherzi che i colleghi le fanno, con simpatici trucchi.
Al camposanto si presenta uno strano tipo, un signore affetto da feretrofobia (Dario Fo): è spaventato, dice, perché è spesso assalito dall’incubo di trovarsi chiuso in una bara. E qui la commedia sviluppa una gag nella quale il feretrofobo e la moglie si cimentano in inganni reciproci che alla fine si concludono con la morte ufficialmente decretata del signore feretrofobo, di nome Arnaldo Nascimbene, il cui cadavere viene trovato nel rogo dell’automobile, sulla quale si trovava con la moglie, distrutta in un incidente stradale. Ma Arnaldo invece è vivo e vegeto, è scampato al rogo e torna al cimitero, dove svolgerà una funzione determinante nella parte successiva della commedia.
Intanto nel magazzino delle bare, Enea ricupera da una battona di passaggio bei vestiti con i quali si veste e spera di diventare battona a sua volta. La trasformazione, a parte qualche incertezza deambulatoria a causa dei tacchi, è di grande effetto; così una becchina, in precedenza priva totalmente di sex-appeal, si trasforma in un’appetitosa gnocca.
Arriva arrabbiatissimo il direttore del cimitero, al corrente della voce sul trasferimento del cimitero. Il direttore smentisce e vuole sapere da dove viene la notizia. La notizia, fingono di confessare i becchini, viene dal fatto che Enea è in contatto con i morti, e sono stati loro a comunicarla. Come dimostrazione viene fatta una seduta medianica. Effettivamente, fra la meraviglia e il terrore di tutti, questa volta sembra che i morti rispondano realmente. Non si tratta del solito scherzo. I morti confermano la decisione del trasferimento, e ne spiegano i motivi. Alcuni speculatori hanno acquistato a poco prezzo tutti gli edifici circostanti il cimitero, la cui vista è ciò che ne diminuisce il valore. Ma se il cimitero viene trasferito e sull’area viene fatto un parco, ecco che il valore degli edifici cresce esponenzialmente. Il direttore del cimitero è coinvolto nelle speculazione. I morti pertanto minacciano di inviare un messo a punirlo se non deciderà di rivelare tutto e di impedire la truffa. Poco dopo il messo arriva: ed è proprio il feretrofobo Arnaldo Nascimbene, quello ufficialmente definito morto. Ovviamente il tutto poi viene spigato. Il tutto era stato montato per incastrare il direttore, il quale nel frattempo esce di senno, e pertanto viene portato via dal commissario di polizia, che, nel frattempo, con grande gioia di Enea, la dichiara battona e la scheda.
Nascimbene ed Enea fanno un patto: Nascimbene ha in serbo documenti terribili, in grado di sconvolgere tutto l’apparato dirigente del governo italiano, a causa delle truffe, furti, corruzioni varie di cui si è reso responsabile. Enea dovrà recarsi nel suo ex ufficio, dove c’è una cassaforte: nella cassaforte vi sono soldi, che Enea si potrà tenere, e documenti che dovrà invece portare a Nascimbene. Questi documenti verranno usati per divulgare la verità sulla corruzione che vige a tutti i livelli. Il suo ex ufficio si trova in uno stabile dove c’è un convento di suore che fa assistenza ai matti. Enea quindi dovrà travestirsi da suora. Potrà così entrare, adempiere al suo compito senza che nessuno si insospettisca.

Nel secondo atto siamo nell’ufficio di Nascimbene. Enea, vestita da suora entra e si trova di fronte un tizio che sta rovistando i cassetti. Si tratta di un ladro che cerca il denaro. Enea dapprima decide di aiutarlo; ben istruita da Nascimbene, apre la cassaforte e tira fuori soldi e documenti. I soldi li divide con il ladro, i documenti li tiene per sé. Ma al momento della divisione fra i due scoppia una lite. Il ladro spara un colpo di rivoltella, ed Enea cade svenuta. Arriva gente. Il ladro nasconde soldi e documenti e si nasconde a sua volta nella cassaforte che si trova dentro una stufa. Fra i sopraggiunti c’è il guardiano del condominio e le due suore del convento, che erano in attesa della madre superiora nuova, venuta dall’India, in sostituzione della vecchia. Enea capisce la situazione e sta al gioco. Viene rianimata con una buona dose di cognac e si presta a recitare il ruolo. Le due suore, che vedono la madre superiora nuova per la prima volta, le fanno un resoconto dei problemi dell’ospedale psichiatrico: quello più urgente è che l’edificio ha bisogno di restauro; per la qual cosa occorrono molti soldi. Con uno strattagemma le Enea riesce a sapere dal ladro dove è nascosto il malloppo e così, ricuperati i soldi, le suorine escono, mentre il ladro tossisce affumicato dal mozzicone di sigaro che il guardiano ha gettato nella stufa.

La scena cambia. Siamo nell’ospedale psichiatrico. I matti sono indaffarati. Il professore spiega alle suore alcune delle manie dei matti, come quello che chiama il ribaltamento metafisico della realtà. Mentre spiega queste situazioni, entra vestito da matto Armando Nascimbene, che vuole prendere contatto con Enea. Questa, sempre nelle vesti della madre superiora, viene edotta sulla situazione e le viene spiegato che il cosiddetto professore non è altro che un matto che si è autonominato medico e che ogni tanto di diverte a fare agli altri malati una piccola trapanazione del cranio, togliendo loro ogni autonomia. I matti vogliono giocare. Il loro gioco preferito è il gioco delle nazioni. Ogni matto si maschera da una nazione e porta sulle spalle le bandiere di quella nazione. Così essi si rincorrono, litigano, fanno cagnara. Si tratta di una gag nella quale Fo ricostruisce in chiave comica alcune delle situazioni internazionali del momento. Nascimbene si traveste da Italia e in questa foggia riesce ad avere un colloquio con Enea.
Dove sono i soldi e i documenti? Il soldi li hanno le suore. I documenti Enea li ha usati per ricattare un Grande Ufficiale che è riuscita a contattare e che risulta essere una dei famosi corrotti ricattabili. Nascimbene è d’accordo, ma vuole prendere contatto lui con il Grand’Ufficiale, quindi si traveste da madre superiora, in modo che la sua persona continua a non essere indiziata.

A questo punto la vicenda si complica in modo comico: arriva al convento la nuova vera madre superiora, che cerca di dare ordini, ma che tuttavia non viene riconosciuta dalle sorelle; esse continuano a credere che la vera madre sia sempre Enea. Ma a complicare ulteriormente le cose arriva il commissario di polizia, che ha arrestato il direttore del cimitero, e lo porta, in quanto riconosciuto malato di mente, all’ospedale psichiatrico per essere ricoverato. Nella confusione che si crea, arriva il Grande Ufficiale che confessa tutte le malefatte contenute nei documenti; arriva anche Nascimbene, si cerca di capire che cosa in realtà contengano i documenti, che capitano nelle mani del commissario. Alla fine, per uscire dal marasma si decide di chiamare il magistrato: nei documenti ci sono effettivamente enormi scandali che potrebbero sconvolgere tutta la classe dirigente del paese. Il magistrato arriva, conferma gli scandali e decide di aprire l’inchiesta, con l’appoggio del commissario di polizia, del direttore dell’ospedale, e soprattutto di Nascimbene, che, dismesso il travestimento da madre superiore, torna ad indossare la tunica di malato di mente con la quale è arrivato all’ospedale. Prima di aprire il procedimento, comunque, è necessario informare il ministro, Sua Eccellenza, come vuole essere chiamato. Sua Eccellenza si precipita anch’egli al manicomio, vede Enea che ha smesso il travestimento da suora e indossa gli abiti della battona, e le fa la corte. Poi guarda i documenti e li butta bel fuoco, chiama il “professore” fa portare giudice, commissario, direttore dell’ospedale e Nascimbene in camera operatoria dove verrà fatto la trapanazione del cranio, che li renderà dei docili tirapiedi. Perché tutto questo? Semplice, ci dice Sua Eccellenza. Se per strada trovassimo un terrorista armato di una bomba che intende usare per far saltare tutto, che cosa si dovrebbe fare? Si cercherà di catturarlo e si disinnescherà la bomba. I documenti che gli hanno mostrato hanno l’effetto deflagrante di una bomba, quindi chi li vuole usare non è altro che uno che fa le funzioni di terrorista. Quindi egli ha fatto quello che doveva. Ha disinnescato la bomba bruciando i documenti, e resi innocui i terroristi facendoli sottoporre alla trapanazione del cranio. Poi cerca di avere un rapporto con Enea, vestita com’è in modo seducente. Ma Enea non ci sta. Indossa nuovamente i panni della becchina e, disgustata, se ne va per riprendere il suo vecchio lavoro. L’Eccellenza la insegue e le chiede se potrà rivederla. Enae gli risponde: “Certo, eccellenza, volentieri… L’aspetto…”.

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