PROGETTO POLLINI alla Scala. Primo concerto, 27 ottobre 2013

IMG

Di ritorno dall’avere assistito alla Scala al primo concerto del Progetto Pollini, le “Sonate di Beethoven e la musica del nostro tempo”.
Il programma:
La prima parte prevedeva 3 sonate di Beethoven, quella in do magg. Op. 53 (Waldestein), quella in fa magg. op. 54 e quella in fa min. op. 57 (Appassionata) suonate da Pollini. Nella seconda parte, relativa alla musica del nostro tempo, il programma prevedeva una composizione di Pierre Boulez, “sur Incises” per tre pianoforti, tre arpe e tre complessi di strumenti a percussione. L’esecuzione era affidata all’Ensemble Interconteporain, diretta da Matthias Pintscher, direttore musicale dell’Ensemble. Secondo il programmi avrebbe dovuto dirigere lo stesso Pierre Boulez, che tuttavia, per ragioni di salute ha dovuto fare forfait.
La sala del teatro era affollata, e tale è rimasta anche nella seconda parte, quella della musica contemporanea.


Una cosa che mi particolarmente interessato è stata questa contrapposizione fra una parte del concerto che si rivolgeva alla memoria, che sollecitava il piacere di sentirsi ripercorre la mente da musiche note, melodie, armonie che ci hanno accompagnato nel corso della vita, insomma, un modo di ripercorrere sentieri la cui percorrenza nel passato ha contribuito a creare il nostro modo di essere; e un’altra parte del concerto che invece cercava di dare una risposta alla nostra curiosità, alla necessità di conoscere cose nuove, mai sentite, insomma di arricchire con un passo nell’ignoto il nostro essere uomini. Per sintetizzare si potrebbe dire che ho assistito a un incontro fra il passato e il futuro, e che proprio in questo incontro ho vissuto il presente.

Sulle sonate di Beethoven credo che ci sia poco da dire: due di esse sono certamente fra le più note: sollecitano nell’ascoltatore una risposta emotiva forte, una dramma dei sentimenti, e occorre dire che Pollini da par suo ha saputo rendere esplicita questa loro vocazione. La sonata op. 54 mi era sconosciuta. Il clima molto diverso dalle altre due sembrava voler rappresentare una tregua nell’intervallo fra le più intense emozioni. Applausi entusiastici, ma nessun bis.

Sur Incises: qui il panorama sonoro cambia in modo drammatico. La musica non richiama melodie o armonie che già nella nostra mente hanno una strada aperta e la percorrono sollecitando in noi sensazioni di piacere. Qui la musica è affidata solo al colore dei timbri che si susseguono in un universo continuamente cangiante. Nella mia fantasia questi suoni, questi timbri scaturiti da strumenti percussivi, come i pianoforti, le marimba, i vibrafoni, le stesse arpe coi loro pizzicati, hanno creato un panorama, non visivo ma interiore. Quasi un essere sulla riva del mare mentre nubi temporalesche si addensano, tuoni si fanno sentire più o meno vicini, masse oscure si alternano a schiarite nel cielo, le onde della risacca si alternano a calma piatta, insomma è tutto un mondo espresso da una natura inquieta che non ti lascia mai posare sul definitivo per rilanciarti nel provvisorio. È il miracolo del timbro del suono che sempre muta attraverso una percussione continua. Quella che ho provato è una sensazione strana, nuova, che mi riesce difficile descrivere, ma che nella mia mente ha lasciato una traccia profonda. Ecco, il senso della musica contemporanea: aprire vie nel nostro cervello, che poi, col tempo finiranno di trasformarsi in memoria, cioè nel completare o arricchire la nostra personalità.

Scrivi un commento