SALÒ O LE 120 GIORNATE DI SODOMA, di PierPaolo Pasolini, 1975.

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Si tratta dell’ultimo film di PierPaolo. Con esso si chiude il ciclo della mia rivisitazione dei film di Pasolini aperto nel marzo del 2013 con il film Accattone. Confesso che ho fatto molta fatica a decidermi di riguardare quest’ultimo film. Ricordo il sentimento di disgusto che ho provato quando l’ho visto la prima volta, sentimento reiterato in modo ancora più intenso quando ho voluto rivederlo, or sono parecchi anni. Il disgusto si è rinnovato anche nel corso di questa ultima visione.

Il film è violento: violento nelle immagini, violento nel racconto, violento nel mostrare eventi di stridente e gratuita crudeltà, violento soprattutto nel colpire la sensibilità dello spettatore. Non vi è alcuno spazio per un minimo di speranza. I quattro individui che gestiscono la vicenda esprimono il loro piacere sul dolore che sanno provocare in giovani persone innocenti: dolore fisico, ma anche, e direi soprattutto, dolore interiore.
Non a caso i titoli degli episodi richiamano la cantica dell’Inferno della Divina Commedia. Antinferno – Girone delle manie – Girone della merda – Girone del Sangue.
Trilogia della morte in contrapposizione con la Trilogia della vita. In quest’ultima il sesso è fonte di gioia, di libertà, di piacere reciproco. Nella trilogia della morte il sesso è fonte di sopraffazione, dominio, sofferenza, e infine di morte. Salò o le 120 giornate di Sodoma è il primo episodio di queste seconda programmata trilogia. La morte del regista impedì che al primo seguissero gli altri due. Come secondo episodio, viene generalmente fatta menzione del titolo: Porno-Teo-Kolossal, film tutta via mai girato.
Il film in oggetto inizia presentandoci quattro persone davanti a un tavolo che firmano un documento, un regolamento, ci viene detto, dopo essersi accordati sul suo contenuto: siamo nell’Italia della Repubblica di Salò, 1944. Le quattro persone sono un Duca, un Presidente, un Monsignore, e un’Eccellenza. Si tratta della personificazione di quattro poteri: il potere dell’aristocrazia, quello della finanza, quello ecclesiastico, e quello giudiziario.
I quattro personaggi hanno un disegno: dare sfogo alla loro libidine sopra fanciulli innocenti. Ovvero, interpretando il simbolismo, l’esercizio dei quattro poteri sulla gente comune che non ha strumenti per potersi difendere. E questo si potrebbe definire l’aspetto allegorico del film.

L’antinferno.
Squadre di SS e di militi fascisti armati percorrono le campagne su autocarri alla ricerca di giovani vittime. Sono per lo più ragazzi e ragazze individuati fra famiglie sovversive che rifiutano in modo aperto o anche solo simbolico il dominio nazifascista.
I ragazzi di entrambi i sessi hanno un’età che va dai 15 ai 20 anni; vengono radunati e presentati ai quattro signori che li esaminano e li giudicano: devono essere di bell’aspetto, privi di difetti corporei. Già nell’esame delle giovani vittime non viene risparmiata loro alcuna umiliazione. Alla fine vengono scelti 9 ragazzi e 9 ragazze, che verranno condotti in una villa isolata, sorvegliati in continuazione da militi armati.
Le vittime ora sono in completa balia dei loro torturatori. Viene letto un regolamento. Nessuno al mondo sa della loro condizione. Per il mondo essi sono già morti. Dovranno riunirsi in quella che viene chiamata la sala delle orge alla mercé dei quattro personaggi che potranno accoppiarsi con loro a seconda della loro fantasia erotica, accesa e stimolata da racconti eccitanti che di volta in volta le signore presenti racconteranno alla presenza di tutti, mentre una quarta signora, al pianoforte accompagna racconti e scene con musica.

Girone delle manie.
Incominciano i giochi erotici. Una delle signore, la Vaccari entra nella sala delle orge dove sono tutti riuniti, i quattro principali personaggi, i ragazzini e ragazzine, e i militi di sorveglianza. La signora racconta le sue esperienze sessuali da bambina con varie persone, mentre i quattro personaggi via via si infiammano e si prodigano in palpamenti nelle diverse parti intime dei ragazzi, strattonandoli, spogliandoli. Lezioni di masturbazione a qualche ragazza. Atti di libidine come per esempio quello di farsi guardare e a sua volta guardare mentre si piscia. Sempre nel corso di questo girone si arriva a organizzare una cerimonia nuziale fra un ragazzo e una ragazza, attorniati da tutta la comunità dei giovani completamente nudi, aggrediti da baci e soliti palpamenti. La cerimonia, ovviamente si conclude non con il dovuto rapporto fra gli pseudosposi, ma con i soliti atti di libidine eseguiti sui due giovani dai quattro Signori.
Alla fine l’episodio del girone delle manie si conclude con le giovani vittime costrette a recitare la parte di cani. Nudi, a quattro zampe, tenuti al guinzaglio vengono nutriti con bocconi elargiti all’uopo, in qualche caso addirittura riempiti di chiodi che feriscono la bocca di chi li addenta.

Girone della merda.
Ancora nella sala della orge, la signora Maggi farà racconti erotici questa volta imperniati sulla coprofagia, e per introdurre l’argomento le viene richiesto di mostrare la parte più bella di sé: il culo. In questo girone c’è già un colpo di scena: la Maggi, nel raccontare le proprie storie, confessa di avere dovuto uccidere la madre per ottenere la libertà anelata, e di aver provato per questo un grande piacere. Il racconto provoca entusiasmo nel Duca, ma anche profondo dolore in una delle fanciulle che ha visto morire la madre nel tentativo di proteggerla. Il Duca ne approfitta: defeca al centro della sala e costringe la fanciulla a mangiare il prodotto della defecazione.
Tutto questo girare attorno alla merda crea una situazione di particolare eccitazione. Viene fatta la proposta che tutti, ragazzi e ragazzi, defechino in un grande pentolone. Alla fine, come festeggiamento del matrimonio fra l’Eccellenza e un ragazzo vestito da sposa, in una tavola imbandita dove sono tutti presenti, il pentolone pieno di merda verrà portato e servito nei piatti affinché tutti se ne cibino.
L’ultimo episodio del girone è un concorso per decidere quale è il culo più bello. Ragazzi e ragazze in un ambiente in ombra mostrano il culo ai libidinosi. Il monsignore propone la morte come premio per il culo più bello. Naturalmente la morte sarà fasulla, ma il terrore del giovane “vincitore” sarà vero.

Girone del sangue.
Quest’ultimo è il girone più angosciante. Inizia con un’altra cerimonia nuziale nella quale tre dei signori (l’Eccellenza, il Conte e il Presidente) si vestono da donna ed entrano in una sala addobbata con una specie di altare dietro il quale l’Eminenza, con indosso paramenti strani farà da celebrante. Conclusa la cerimonia, durante la notte l’Eminenza fa un giro per le camere dove dormono le giovani vittime. Il terrore si diffonde e fra di loro alcuni, sperando di salvarsi, fanno la spia rivelando il nome di compagni che violano i regolamenti. L’Eminenza, assieme agli altri libidinosi, corre a verificare le violazioni del regolamento, e il giro si conclude con un primo assassinio. Un giovane che stava scopando l’inserviente nera, viene ucciso a colpi di rivoltella assieme alla donna. Poi si aprirà il capitolo delle punizioni, preceduto dai racconti dell’ultima donna, la signora Castelli. L’oggetto del piacere qui è la tortura. E così il girone si concluderà col piacere che a turno ciascuno dei libertini proverà a guardare gli altri tre che sfogano la loro libidine, torturando assieme ai militi le giovani vittime, giudicate di avere commesso violazioni, o insubordinazioni nel corso della giornate. Le torture sono terribili e brutali e non vale certo la pena di descriverle. Una delle donne, quella che durante tutto il periodo esegue musica al piano, osservandole è presa da un tale disgusto che si getta dalla finestra, uccidendosi.
Il film termina con una scena definita “epilogo”. Due giovani militi, in una stanza della villa, ascoltano alla radio musica leggera. Iniziano a ballare fra loro, e uno dei due chiede all’altro quale sia il nome della sua ragazza. “Margherita”, risponde l’interpellato.

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