LOURDES, di Jessica Hausner, 2009

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Christine è una giovane donna affetta da sclerosi a placche. Si tratta di una malattia del sistema nervoso centrale che colpisce in modo casuale, ma sempre più esteso, collegamenti nervosi fra i vari centri. Il risultato è la perdita graduale di funzioni corporee. Gli effetti delle sclerosi a placche hanno la caratteristica di poter temporaneamente regredire, per poi successivamente riprendere. In Christine la perdita ha coinvolto la funzionalità degli arti. Può parlare, mangiare, ma ha gli arti completamente paralizzati: non può camminare né muovere le braccia. Ha bisogno in permanenza di una persona che la assista, che le spinga la carrozzella, che la imbocchi, etc.

Lourdes, per i fedeli è luogo dell’apparizione della madonna, ma è soprattutto, nella comune credenza, il luogo dove avvengono miracoli di guarigione da malattie, anche le più gravi. Ci sono organizzazioni che raccolgono i pellegrini e periodicamente organizzano viaggi a Lourdes dove, nel corso della settimana di soggiorno, si fa la visita alla Basilica, si va alla grotta dell’apparizione, si viene immersi nella fonte miracolosa, si ascoltano messe, si partecipa alle benedizioni. Tutto questo avviene in uno spirito di preghiera, ma anche di attesa, con l’assistenza di un’organizzazione studiata appositamente, che provvede l’alloggio alberghiero, i pasti un ristorante attrezzato, e gli spostamenti per le vie della cittadina, facilitato dalla presenza di vigili che hanno il compito di indirizzare per i giusti itinerari i cortei dei pellegrini.
Christine fa parte di uno di questi gruppi. Il film ci fa entrare nella vita che questi pellegrini trascorrono dal giorno del loro arrivo, per tutta la durata della settimana: il ristorante, le camere dell’hotel, i cortei attraverso la cittadina, la visita ai principali luoghi. E soprattutto veniamo a contatto con rapporti reciproci, la nascita di provvisorie amicizie, la descrizione delle loro sofferenze, le loro malattie, le loro speranze e, quelli che già in passato avevano fatto l’esperienza, i loro ricordi. Il gruppo è assistito da diverse fanciulle dell’Ordine di Malta tutte rigorosamente in divisa comandate da una superiora, Cécile, e da un gruppo di vigilanti, anch’essi dell’Ordine di Malta, che si occupano di eliminare eventuali ostacoli al fluire ordinario della visita. Christine, immobilizzata ha un’assistente, Maria, tutta dedicata alle sue esigenze: le spinge la carrozzella, la imbocca, la mette a letto nella camera dell’hotel. L’impotenza di Christine è totale. Per esempio, alla visita della grotta, tutti accarezzano la roccia in segno di fede, e molti anche la baciano. Christine non può farlo spontaneamente, e l’accompagnatrice le guida lei la mano.
Nel corso del film sorgono piccole vicende che ci fanno vivere l’esperienza di una piccola collettività: le assistenti guardano con interesse i vigilanti, giovani ragazzi di allegro carattere, e alcune, come l’accompagnatrice di Christine, non fanno mistero di essere attratte da qualcuno di loro. Maria è attratta da Kuno, e accade abbastanza spesso che ella abbandoni Christine per inseguire l’uomo. A lei spesso, nell’assistenza a Christine, si sostituisce l’anziana signorina Hartl che spera sempre di imbattersi in un miracolo, e che ha trovato in Christine la persona che potrebbe esserle d’aiuto. Fra i pellegrini del gruppo ci sono diverse signore, e una, in particolare, madre di una ragazza in carrozzella priva di qualsiasi capacità di comunicazione, da tempo viene ogni anno a Lourdes nella speranza, fino a quel momento vana, di ottenere il miracolo della guarigione della propria figlia. Altre, in grado di gestirsi, si ritrovano nel corso delle cerimonie, e discutono fra loro. L’argomento, ovviamente, è la possibilità del miracolo, e alcune ricordano miracoli avvenuti davanti a testimoni, e in alcuni casi poi, a causa di ricadute nella malattia, rifiutati poi come tali dalla chiesa ufficiale. La proiezione di un filmato in cui un miracolato ufficialmente riconosciuto racconta la sua esperienza, lascia molte perplessità in alcuni. Nel filmato, notano, il miracolato non si alza mai dalla poltrona in cui è seduto.
Vi sarà un miracolo anche fra i partecipanti di questo gruppo? Dalle discussioni pare evidente che la devozione, la frequente ripetizione dei simboli religiosi ad ogni occasione, come il segno della croce, più che manifestazioni di fede, sono evidenti espressioni di una messianica attesa del miracolo: il fatto che si verifichi, il perché si verifichi, a chi si verifichi, e se le guarigioni cui a volte si assiste siano veramente dei miracoli.
Christine partecipa anch’essa di questa atmosfera generale. Forse in lei si nota più che in altri la speranza di un miracolo: riprendere la motilità degli arti, e ritrovare un futuro che in queste condizioni di cui soffre le viene negato. In una confessione davanti al prete si lascia andare a una manifestazione di rabbia. Perché proprio a me doveva capitare una malattia così invalidante? A me, che sono giovane, che ho ancora tutta la vita davanti, ma che non posso viverla. Il prete ovviamente le risponde che la volontà di Dio è misteriosa, ma che comunque dobbiamo accettarla, perché Dio, nel suo amore, ha a cuore il destino di ognuno.
Tutti i discorsi sui possibili miracoli finiscono per fare emergere la domanda chiave, che poi è l’inverso della rabbiosa domanda di Christine: perché il miracolo si verifica in alcuni, e non in tutti gli altri? Una risposta che viene data riguarda proprio Dio: Dio è infinitamente buono oppure Dio è infinitamente potente, ma non può essere entrambe le cose, altrimenti guarirebbe tutti.
Nel corso della settimana, il miracolo di cui tutti parlano e che tutti aspettano sembra, questa volta, verificarsi. E proprio in Christine. La fanciulla comincia a muovere le mani, poi le braccia, in fine, anche le gambe riprendono a obbedirgli e Christine si può alzare. La cosa genera stupore. Tutti vogliono sapere, da una parte sentono la meraviglia del fatto giudicato soprannaturale, dall’altra si chiedono perché proprio lei e non per esempio, altri del loro gruppo considerati in condizioni peggiori. Sarà un miracolo vero? Non succederà che nel giro di poche ore o qualche giorno si ripristini la paralisi? È andata farsi vedere all’infermeria, dove solo può essere definita la guarigione come un fatto miracoloso? Si sa che la sclerosi a placche può avere temporanee remissioni.
La visita viene fatta, il medico è del parere che si tratti di un miracolo, ma rimanda il giudizio definivo, come di norma, a una commissione medica. Christine ritorna nel gruppo dove riceve tiepidi applausi. La felicità che può creare la constatazione di una guarigione miracolosa è soffocata da un senso di invidia e di frustrazione che invade tutte le altre. A questo si aggiunge che Christine, più che un atteggiamento di devozione, di meraviglia, di aumento della fede, di sincero ringraziamento, assume l’atteggiamento di chi, finalmente, può riprendere una vita normale, può riappropriarsi del futuro, e non esita ad accompagnare il gruppo dei pellegrini più sani in una lunga e difficile escursione in montagna. Non solo ma la sua gioia la avvicina a Kuno, col quale non esita a intraprendere una relazione, portandolo via quindi a Maria, che da quel momento si apparta, evidentemente odiandola.
La festa finale, prima della partenza, è fatta di allegria. Si balla si beve, si mangia, si ride. Anche Christine vuole ballare, e lo fa naturalmente con Kuno. Ma proprio mentre balla, le forze le cedono e Christine casca per terra. La gente le accorre attorno, sembra preoccupata, ma un sottile stato d’animo, quasi di soddisfazione, serpeggia fra i pellegrini: allora questa guarigione non è propriamente un miracolo!
Il film termina lasciando in sospeso un interrogativo la cui risposta, tutto sommato, non è sembrato avere a che fare col sentimento di fede che la presenza, attuale o passata della Madre di Dio, dovrebbe suscitare in un fedele.

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