DOPO LUNGA E PENOSA MALATTIA, di Andrea Vitali

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Questo libro di Vitali mi ha un po’ deluso. La trama è insipida e porta a un finale forzato e poco credibile. Un medico, Carlo Lonati, constata la morte dell’amico notaio Luciano Galimberti, suo coetaneo, per infarto. Il medico è un po’ spaventato. Anch’egli soffre di angina pectoris, e teme che quella sarà la sua fine, magari a breve.

Chiamato d’urgenza durante la notte, tuttavia alcune cose in quella morte non lo convincono. Il notaio è morto nel corso di una pacifica serata familiare oppure la morte è avvenuta al seguito di una serata di bagordi? I familiari giurano che egli ha passato la serata in casa. Come si concilia questo con alcuni segni che il medico nota e che indicherebbero che Luciano avrebbe passato la serata fuori casa? Inoltre, anche la pillole di trinitrina che avrebbe dovuto prendere in caso di dolore, si sono dimostrate non essere affatto trinitrina.

Il sospetto che la moglie del notaio gli abbia mentito e sia coinvolta nella morte del marito si fa sempre più forte.

Il medico allora decide di indagare. Scopre che l’annuncio di morte contiene falsità, ma non riesce a sapere chi ha dettato il testo; riceve telefonate strane senza che alcuno si qualifichi o parli; cerca di interrogare la figlia del notaio, Laura, e scopre che la morte è stata preceduta da una serata in dolce compagnia in una trattoria di Dongo, un paese all’altro lato del lago. Insomma tutto lascia credere che il notaio avesse un amante, con la quale ha trascorso l‘ultima sera, e che la moglie si sia vendicata. Quando Luciano è rientrato a casa in preda a una crisi di angina, la moglie, sostituendo le pillole di angina con pillole innocue, ne ha provocato la morte.

Questa è la tesi sulla quale il medico lavora. Ma non è ciò che è realmente accaduto. Nelle ultime pagine del breve romanzo, si affacciano i colpi di scena che porteranno alla soluzione finale.

La trama mi è sembrata molto debole. Gli indizi che hanno destato l’attenzione del medico e sui quali Carlo lavora sono molto vaghi. La scoperta della cena fatta a Dongo è casuale e non si capisce perché la figlia glielo faccia sapere, mentre la moglie mente. Perché la moglie abbia volto la morte del marito, anche questo non è chiarissimo. Che significato abbia l’annuncio di morte col testo sbagliato viene spiegato in modo insufficiente.

Il finale forse dà qualche risposta, ma per concludere chiama in causa due personaggi, che sì, sono presenti nel corso del libro, ma che alla fine assumono un ruolo che la vicenda di per sé non giustifica pienamente. Cioè non ci sono elementi di collegamento, neppure sospetti, fra la loro presenza nel romanzo e il ruolo che assumono alla conclusione. Io lo definirei un finale forzato.

Fatte queste critiche, mi sembra giusto invece sottolineare la scrittura leggera, simpatica, intrisa di lieve ironia di Vitali. Il personaggio del medico è den delineato. La descrizione delle sue crisi anginose, che il medico vede come un ragno incistato al centro del cuore che estende le sue zampe per il torace fino alle braccia, è molto bella. Molto umano è il comportamento della moglie del medico, personaggio certo di riempimento, ma realistico con i suoi dubbi sui comportamenti del marito che si guarda bene dallo spiegarle. Bella è anche la descrizione ambientale, di questi paesetti in riva al braccio settentrionale del lago di Como (Bellano, Dongo) in un autunno piovoso e malinconico.

Insomma, pur con tutte le riserve sulla trama abbastanza incredibile, e soprattutto su un finale forzato e che non risolve nulla, almeno in senso logico, come richiederebbero i gialli, la lettura è stata piacevole, e ha impiegato meno di due giorni.

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