A MIDSUMMER NIGHT’S DREAM, alla Scala

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Strepitosa serata ieri sera alla Scala, alla rappresentazione di A Midsummer Night’s Dream di Benjamin Britten, dall’omonima commedia di William Shakespeare. Bellissima l’opera, splendida la messa in scena, ottima l’esecuzione.

Britten, d’altra parte come Verdi, affascinato dal teatro di Shakespeare, ha composta un’opera sulla commedia che, per sua stessa confessione, più amava. Ne ha tratto un libretto assieme a Pears, non modificando in nessuna parte il testo del grande drammaturgo inglese, limitandosi a ridurne la lunghezza, portando i cinque atti a tre, correggendo alcuni errori drammaturgici (questi ben noti alla critica shakespeariana) di successione delle scene, e alleggerendo alcuni personaggi e descrizioni. Lo spirito, comunque, oltre che la lettera della commedia di Shakespeare è rimasto pressoché intatto.

La trama: È semplice e complessa nello stesso tempo. Vi agiscono tre gruppi di personaggi: i personaggi fiabeschi (Oberon, il re degli Elfi, Titania, la regina della fate, le fate, Puck folletto bizzarro); i cosiddetti «rustici», un gruppo di sei artigiani che nel tempo libero si dà al teatro e si sta ingegnando di interpretare la storia di Piramo e Tisbe; gli “umani”, due coppie di amanti, della quali una felice e l’altra in grande disaccordo, e poi Teseo e la promessa sposa Ippolita.

Le vicende di questi tre gruppi di personaggi si intrecciano dando luogo a una deliziosa commedia con aspetti fiabeschi ma anche con aspetti addirittura di opera buffa.

L’ambiente della commedia è il bosco. Oberon è geloso di Titania, e per punirla esercita su di lei un malefizio che la costringerà, svegliandosi dal sonno, ad innamorarsi del primo essere vivente che vedrà. E il primo essere vivente che vedrà sarà un asino, o meglio, uno dei rustici trasformato in asino da Puck. Le coppie di amanti, coinvolte nel sortilegio fatto ai danni di Titania, entreranno in un gioco di specchi e di liti reciproche, con scambi e controscambi. I sei rustici si impegnano a preparare il loro lavoro teatrale, e lo rappresenteranno alla corte di Teseo per festeggiare le sue imminenti nozze con Ippolita. La loro prestazione sarà così goffa da muovere al riso tutta la comunità. Shakespeare costruisce una commedia nella commedia; Britten, rispettandone lo spirito, farà rappresentare un’opera nell’opera. Alla fine ogni cosa si aggiusterà, come doveroso.

La musica: Britten, usando timbri e combinazioni armoniche, crea un ambiente musicale diverso per ciascuno dei gruppi di personaggi: i personaggi fiabeschi sono caratterizzati da timbri strumentali “insoliti”: arpe, celesta, glockenspiel, clavicembalo, timpani, tamburi, e altri. L’armonia cerca vie non battute, creando un sentimento arcano, come, ad esempio, nel preludio e negli interludi del primo atto, dove il bosco, il crepuscolo, vengono riprodotti da accordi misteriosi espressi da glissandi sugli archi nel grave. Oberon, ad esempio, è molto spesso associato al suono della celesta, Puck al suono della tromba e del tamburo che accompagnano le sue piroette. Il coro delle fate è un coro di voci bianche che canta su melodie semplici e deliziose; i duetti di Oberon e Titania sono interpretati da due voci abbastanza insolite in opere moderne: un controtenore e un soprano di coloratura; a Puck invece è affidato uno sprechgesang.

L’ambiente sonoro si modifica radicalmente quando entrano in scena i rustici. Qui la musica tende al buffo; protagonisti sono gli ottoni, soprattutto tromboni e corni. I personaggi hanno tutti dei timbri tendenzialmente gravi (bassi  e baritoni), il canto è prevalentemente un declamato. La musica tende a esprimersi con salti e contro salti a seconda delle bestialità che escono dalle loro bocche.

Infine l’ambiente degli umani. Le coppie hanno voci incrociate: il baritono è accoppiato al soprano, il tenore al mezzosoprano. L’orchestra è qui usata in modo più tradizionale, alla ricerca di espressione dei sentimenti, ora contrastanti, ora amorosi. Le liti sono segnate da ostinati orchestrali, i declamati sono accompagnati da melodie degli archi che si ripetono, e le armonie sono riferite a tonalità con frequenti modulazioni, se non addirittura vere e proprie ambiguità armoniche.

Quello che ne risulta nel complesso è una musica straordinariamente legata alle vicende della commedia, ricca di situazioni che rispecchiano la variabilità delle scene, sempre attenta a richiamare l’attenzione dello spettatore. Io, sotto questo aspetto, mi sento di giudicare l’opera un vero capolavoro.

La messa in scena alla scala. Si tratta di una messa in scena storica di Robert Carsen, che risale al 1991, ma che ancora oggi è fresca e godibile, e soprattutto interpreta in modo magistrale il senso della commedia e della musica che la fa vivere.

Nel primo atto, quello che dovrebbe essere un bosco è un grande letto che copre tutto il palcoscenico. Grandi cuscini bianchi, coperta verde spiegazzata, quasi una specie di prato. Certamente il letto ha un riferimento diretto al titolo dell’opera: il sogno; ma, secondo me ha anche un riferimento erotico, che si appaleserà nel corso della commedia, nel rapporto fra gli amanti e soprattutto fra Titania e l’asino. Letti di dimensioni normali, in numero di sette, appoggiati sulla coperta verde che rimane dal primo atto, e a loro volta con cuscini bianchi e coperte verdi, ci sono anche nel secondo atto. Nel terzo atto i letti sono solo tre, sospesi in aria, e Oberon, con i gesti magici che gli sono propri li farà scendere. I letti del secondo atto sono più numerosi, perché le liti fra e dentro le coppie terranno separati gli amanti che giaceranno ognuno per proprio conto. Nel terzo atto, risolte le liti, gli amanti si troveranno nuovamente a letto insieme: le due coppie di umani e, mirabile visu, Titania con l’asino, almeno fino al momento in cui i sortilegi di Oberon non la libereranno dall’incantesimo.

Oberon è un grande personaggio vestito con una specie di pigiama verde e con capelli dello stesso colore; Titania, similmente è invece tutta colorata di azzurro e stringe al seno il bambino frutto della contesa con Oberon. Le fate indossano una giacca verde su calzoni azzurri, guanti rossi, e, cantando, si muovono a schiera, quasi reparto di un esercito fiabesco. Puck è vestito un po’ come uno straccione, e indossa un impermeabile che apre imitando i gesti degli esibizionisti. Si scatena sul palcoscenico con corse, salti, capriole e piroette, da vero folletto.

I rustici vestono abiti tipici degli artigiani. Un certo travestimento vi sarà nel terzo atto quando rappresentano la commedia davanti a Teseo e gli altri.

Gli umani, all’inizio della commedia hanno eleganti vestiti bianchi; ma nel corso della vicenda, a causa dei loro continui fughe e inseguimenti attraverso il bosco, gli abiti si lacerano e si macchiano di verde, finché alla fine rimangono solo stracci sporchi.

L’esecuzione. Magnifica da un punto di vista musicale e teatrale (ciò che, tutto sommato dovrebbe essere lo stesso). Orchestra e voci si amalgamano perfettamente per creare quei diversi climi legati ai tre gruppi di personaggi. Già fin dai primissimi minuti l’orchestra, sotto la guida di Andrew Davis, ci sorprende con la sua aria di atmosfera arcana. I glissandi vengono trattati quasi come dei punti interrogativi, come dire: che cosa nasconde il bosco? Chi apparirà nel crepuscolo che ci farà tenere il fiato sospeso? da che parte tirerà il vento della notte? Le paure infantili risuonano in quei glissandi, dai quali escono le fate a spiegarci perché Oberon e Titania sono in lite, e le diavolerie di Puck, il folletto maligno.

Tutto si svolge con eleganza, discrezione (se si eccettuano le diavolerie del folletto): è il mondo fiabesco che ci affascina. Ma subito il fascino è interrotto dal chiacchiericcio degli umani: qui c’è concitazione, espressione dei sentimenti, voglia di soddisfare i propri desideri. La magia del bosco lascia il posto all’impertinenza dell’uomo che non rispetta (e soprattutto non ama) la natura. E Puck si diverte a provocare. L’impertinenza diventerà goffaggine fra i rustici, per i quali il muro, la luna il leone non sono altro che uomini che dicono di essere di volta in volta muro, luna, leone (in questo modo di recitare, mi sembra che ci sia veramente tutto Shakespeare).

Fra gli interpreti mi sembra giusto citare come primi David Daniels, nella parte di Oberon, e Rosemary Joshua, una bella, virtuosa coloratura, nella parte di Titania. Ottimi anche i quattro interpreti delle coppie di amanti: Gordon Giez (Lisandro), David Adam Moore (Demetrio) Meek Deanne (Ermia) e Erin Wall (Elena). Straordinario Emil Wolk nel ruolo di Puck. Fra i rustici, tutti bravissimi, una menzione mi pare meriti Bottom, quello trasformato in asino, interpretato da Matthew Rose. Da quello che ne so, mi pare che questa sia una compagnia molto affiatata che ha rappresentato questa opera in diversi teatri e in diverse circostanze.

Molto bravo è stato il coro di voci bianche del Teatro alla Sala e del Conservatorio di Milano. Il direttore è Alfonso Caiani.

Alla fine dell’opera gli applausi sono stati entusiasti, con frequenti grida di “Bravo” nei confronti degli interpeti. Personalmente mi sono associato, considerando la serata di giovedì una delle più belle trascorse alla Scala.

 Leggi l’analisi musicale di Jean-François Boukobza su ASO 

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